mercoledì 23 maggio 2018

STEFANI ING. GIUSEPPE - FRAMMENTI DI STORIA





La lapide si trova a San Biagio d'Argenta, sulla s.s. 16, a qualche centinaio di metri dal ponte della Bastia (direzione Ravenna).
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Giuseppe Stefani, nacque a Ferrara, il 13 settembre 1895.

L'ingegnere Giuseppe Stefani era iscritto sin dalla data della sua costituzione al Partito Popolare Italiano, fondato da Luigi Sturzo. E ne aveva fatto suo il programma: ricostruzione economica della vita nazionale, rinnovamento morale in obbedienza ai principi cristiani , ristabilimento dell'ordine pubblico nella tutela del diritto e delle libertà.
Fu vice presidente per l' Italia nord-est della Fuci proprio nel momento in cui il fascismo si andava affermando. Nel 1923 divenne presidente del consiglio diocesano giovanile di Ferrara, organo che, unico, espresse la propria solidarietà all'avvocato Natale Gorini il cui studio era stato distrutto dai fascisti. Fu anche corrispondente per Ferrara del giornale Avvenire; negli anni 1936-1937 membro laico del consiglio arcidiocesiano di amministrazione e quindi di quello di presidenza dell'Associazione Cattolica Ferrarese. Prese parte all'incontro del 15 settembre 1943 tra il procuratore Pasquale Colagrande, gli avvocati Mario Zanatta, Ugo Teglio, Giuseppe Longhi e l'ing. Cesare Monti per la parte antifascista ed il nuovo federale Igino Ghsellini, il colonnello Mario Tizzani e Carlo Govoni: i primi quattro sarebbero stati uccisi due mesi più tardi nell'eccidio del castello Estense. Cesare Monti invece fu arrestato. Restava libero soltanto il democristiano Stefani. Nel 1943 fu nominato membro della commissione comunale di edilità vista la sua competenza in materia e l' intensa attività svolta nell' ambito della conservazione architettonica e del restauro.
La vicenda relativa alla sorte dell'ingegner Giuseppe Stefani, resta a tutt'oggi ancora avvolta nel mistero e si possono soltanto formulare delle ipotesi circa lo svolgimento dei fatti. E' certo che il 28 marzo 1944 due persone entrarono nel suo studio per uscire dopo poco con l'ingegnere. Disse alla segretaria Lucia Trombini che sarebbe andato a controllare un lavoro e sarebbe rimasto fuori per poco tempo. Di lui, invece, non si seppe più sino a quando il suo corpo venne ritrovato nelle acque del fiume Reno con quello del colonnello Giorgio Gelmetti, scomparso lo stesso giorno. Il Capo della provincia Enrico Vezzalini attribuì la cosa al movimento partigiano, mentre, quasi certamente, gli autori possono essere individuati in una sorta di gruppo autonomo della GNR, il battaglione M. Giorgi, comandato da Carlo Tortonesi, conosciuto come i 'Tupin' (acronimo per 'Tutti uniti per l'Italia nostra', oppure indicante più semplicemente dei piccoli ratti), alle dirette dipendenze proprio di Vezzalini e gruppo che lo seguì anche dopo il suo trasferimento a Novara.
Fu Corrado Mirandola, fascista ferrarese, che suggerì, in un interrogatorio del 15 giugno 1945, che sia Gelmetti sia Stefani potessero essere stati uccisi proprio dai 'Tupin, alcuni elementi del quale furono coinvolti nell'eccidio della Macchinina a Goro (FE) avvenuto il 28 marzo1944.


Notizie tratte da:
http://www.straginazifasciste.it/wp-content/uploads/schede/PROVINCIA%20DI%20FERRARA%202.pdf

Link:
CARLO TORTONESI

Le foto sono del Nonno Kucco.

FERRARA - DELIZIA ESTENSE DELLA DIAMANTINA

VIGARANO PIEVE - DELIZIA ESTENSE DELLA DIAMANTINA


























Nella campagna di Vigarano Pieve sorgono i vistosi edifici della “Diamantina”, dall’omonima località nell’antico Polesine di Casaglia che, nella sua parte più bassa, prese il nome da uno degli emblemi della Casa d’Este, il diamante, «quasi caduto ad ingemmare una boscaglia spopolata e grame terre», come scriveva Riccardo Bacchelli.


La tenuta, dopo essere stata proprietà collettiva della comunità di Settepolesini, nel 1506 fu venduta al duca Ercole I in cambio di un canone irrisorio.


Il popoloso borgo è ricordato dal 1590, come sede di una “castalderia” con case coloniche di epoca estense.


Il palazzo, completo di stalle, orto, una bella torre colombaia e di grandi granai, era il centro amministrativo della tenuta.


Nel 1827 la Diamantina passò al barone Camerini che la restaurò e vi costruì un oratorio; successivamente si avvicendarono diversi proprietari e grazie alla bonifica meccanica la zona è diventata salubre e ricca di coltivazioni.


Appartiene ora al Dott. Enzo Cavallari che ha raccolto in alcune sale del palazzo una ricca collezione di macchine, materiali ed oggetti legati al lavoro agricolo.
Link:

http://www.ferraradeltapo-unesco.it/delizie/diamantina/

http://www.ferraraterraeacqua.it/it/vigarano-mainarda/scopri-il-territorio/arte-e-cultura/ville-dimore-teatri-storici/delizia-estense-della-diamantina

 Dal "IL MULINO DEL PO"
di Riccardo Bacchelli

..........Un terreno, sempre stato in gran parte incolto, e già tenuta di caccia al porco selvatico dei marchesi e duchi d' Este, rinselvatichito di poi e più brullo e sterpigno di quanto non fosse stato mai, impaludato da stagni e scoli inerti, avanzi del Po morto che in anni annorum camminava per di lì verso la città; il terreno fra Volano e Po e la strada del Lagoscuro e il Panaro, ebbe nome dall'"impresa del diamante", antica e famosa di Casa d'Este: nome simile a uno di quelli che brillano nelle ottave del Boiardo e dell'Ariosto, quasi caduto da una di quelle a ingemmare una boscaglia spopolata e grame terre perniciose. "Diamantina" non era, come non è, il solo nome là a rendere l'idea di gentilezza, superstite a quella signoria ch' ebbe fortuna  quasi senz'uguali nei regni della fantasia. In Diamantina, povere pievi solitarie e casali sperduti e poderi miseri, polesini brulli e  lame acquitrinose e sodaglie deserte, si fregiavano di nomi arditi e fantasiosi, coll'aria d'una fiaba perduta:  Fioril d'Albero e Man di Ferro, casale di Castel Trivellino e la Leona e Ca' del Padreterno e Porpolana, Sette Polesini e la Grua, Salvatonica e  l'Aquila, Torre Senetica e il Malguardato. Era e rimase per un pezzo uno dei territori del ferrarese più poveri e giù di mano e pieni di malanni, a principiar dalle febbri; ma parevano nomi cercati, e serbati dai villani in tante vicende e travagli e trapassi di ricchezze perdute d'immutevole miseria, per fedele vaghezza, leggiadra e strana, di consolante poesia.
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