lunedì 30 maggio 2016

Vegani - altri tre piatti di Silfin

Yogurt con semi di chia e noci e poi farro ed orzo al sugo con basilico e biete al vapore.



Cous cous alla curcuma e curry con verdure (cipolla melanzane carote peperone giallo peperone rosso ceci) e timo


Mi è avanzata della crema di zucca e.........mi toccherà mangiarla!!!
Dopo: farinata con pomodori e cipolla.
Buona cena!




venerdì 27 maggio 2016

Abbazia di Fruttuaria






L'abbazia di Fruttuaria fu fondata da Guglielmo da Volpiano: la posa della prima pietra dell'abbazia avvenne il 23 febbraio 1003 con la consacrazione del vescovo d'Ivrea, Ottobiano ed alla presenza di Arduino marchese d'Ivrea e re d'Italia e della moglie Berta.

L'abbazia, completata nel 1006-1007, seguiva la regola benedettina riformata di Cluny e solo nel 1027 verrà posta sotto il controllo diretto di Roma.
Il periodo di massimo splendore di Fruttuaria si colloca nei secoli XII e XIII: l'abbazia possiede 85 chiese in Italia ed altre in Francia ed Austria e nel monastero sono vivono fino a 1200 monaci. 

Il declino inizia nel XIV secolo e giunge al suo culmine nel 1477 quando i monaci perdono il privilegio di nominare l'abate che viene sostitutito da un Abate Commendatario (che non risiede nell'abbazia) di nomina papale: da quel momento Fruttuaria viene diretta da un Vicario.

 Nel 1585 Papa Sisto V decreta la soppressione del monastero sostituito da una Collegiata di preti secolari. Nel 1710 Vittorio Amedeo II, Duca di Savoia, occupa militarmente le "terre abbaziali", occupazione che termina nel 1741 con rinuncia papale al controllo su quelle terre.
Nel 1749 diviene abate Commedatario Carlo Vittorio Amedeo delle Lanze che nel 1770 fa abbattere ciò che rimane della chiesa e del monastero romanici per edificare una nuova chiesa, risparmiando esclusivamente il campanile.
La nuova costruzione (progettata dagli architetti Vittone e Quarini) è in uno stile a cavallo tra il barocco ed il neoclassico e ricorda nella struttura interna Basilica di San Pietro in Vaticano.

Nel 1979, durante i lavori di posa dell'impianto di riscaldamento, viene alla luce un pregevole mosaico risalente al 1066 raffigurante due grifoni; ulteriori scavi portano alla luce le fondazioni della chiesa romanica. Nel maggio 2004, conclusi i lavori di restauro, è stato aperto al pubblico il percorso di visita.


Veduta dell'Abbazia
Torre
Chiostro
 
Panorama
 Notizie e foto tratte da: Guida Turistica - Comune di San Benigno Canavese.



Link: San Benigno Canavese
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Anche a Ferrara, l' Abbazia possedeva la chiesa di San Romano:

La Chiesa di San Romano, già esistente nel 990,  venne amministrata dapprima dai Benedettini dell’abbazia di Fruttuaria, poi dai canonici regolari di Sant’Agostino. 

Link: Chiesa di San Romano a Ferrara





mercoledì 25 maggio 2016

Vegani - anteprima dei piatti vegani preparati da Silfin



Tisana depurativa con curcuma e limone, noci con yogurt ai semi di chia e chiodi di garofano, orzo e farro alla crema di piselli ed asparagi con asparagi.
........super depurativa!!!!
Buona colazione!!








I colori dell'arcobaleno.....nel piatto!!!!








Polpetta-ona di quinoa e melanzane su crema di peperoni gialli e crema di tegolini ed olive spolverata di semi di lino e sesamo......con ciuffetto di menta!!






  




La mia colazione di oggi:
Yogurt con semi di chia e noci e poi farro ed orzo al sugo con basilico e biete al vapore.








 

domenica 15 maggio 2016

Cibi in scatola e guerra 15/18



A pagina 76 del libro di Paolo Malaguti SUL GRAPPA DOPO LA VITTORIA si legge:

.........Il Grappa era stracolmo di qualsiasi tipo di materiale. Un mio coetaneo di Romano, Salvo si chiamava, aveva scoperto, completamente intatto, un deposito di cibo austriaco, presso il Fontanasecca , una delle cime conquistate con l'ultima offensiva. Casse, pile intere di carne in scatola, cioccolata, caffè, cognac. Trovò addirittura il settore con i viveri destinati agli ufficiali, con caviale e marmellata arance.  ........................

Pensavo che l'uso delle scatolette fosse più recente ed invece:


Il primo cibo inscatolato risale al 1812 in seguito agli studi di Nicolas Appert; presentava numerosi problemi, tra cui la mancanza di metodi autonomi di apertura. Solo nel 1855 fu inventato l'apriscatole, e nel 1866 le scatole furono dotate di chiave. Nel 1876 si ebbe la prima esportazione intercontinentale di carne in scatola, dall'Argentina alla Francia.

In Italia l'invenzione della carne in scatola e del minestrone per le truppe si deve al colonnello  Ettore Chiarizia, che brevettò nel 1929 la produzione di prodotti alimentari scatolati per le truppe, tra cui la carne in scatola, il minestrone e la minestra di pasta e lenticchie. Tali prodotti, pertanto, costituirono un notevole passo verso la soluzione dell'importante e delicato problema di vettovagliamento delle truppe in campagna e specialmente per il fatto che consentivano la distribuzione di un rancio caldo e sostanzialmente gradito dalle truppe che si trovavano in località particolarmente disagiate, dove non era possibile od agevole confezionare o far giungere in buone condizioni il rancio caldo normale.

«La grande guerra di latta» (edizioni Menin, 13 euro) è un libro che ci riporta al quotidiano della vita dei soldati italiani impegnati su 600 chilometri di fronte nel periodo 1915-18. Ci riporta alle loro sofferenze attraverso un’ottica insolita, non quella dell’eroe che si sacrifica per la Patria ma dell’uomo che affida la sua sopravvivenza a quelle coloratissime scatole di latta, contenenti pesce o carne. Ma anche burro o prosciutto, dadi per il brodo o mortadella. Lo hanno scritto a quattro mani Giovanni Dalle Fusine, giornalista e scrittore (nonchè dirigente del Museo della Grande guerra di Canove, sull’Altopiano di Asiago), e Gianluigi Demenego, cuoco ed escursionista. Per anni hanno raccolto reperti nelle zone di guerra, hanno fatto certosine ricerche d’archivio e poi con passione hanno ricomposto il mosaico. Il risultato non è solo una raccolta di cimeli, ma una rappresentazione insolita della guerra. Fa notare Patrizia Stano della Rizzoli Emanuelli Spa, azienda di Parma che ancora oggi produce le alici in salsa piccante che venivano distribuite ai soldati italiani (stessa ricetta, stessa scatola): «Nessuna foto d’epoca ci potrà mostrare i colori percepiti dagli eserciti durante la Grande Guerra, paradossalmente riesce nell’impresa un modesto barattolo strappato al campo di battaglia».

Ai soldati italiani nel corso del conflitto furono distribuite qualcosa come 200 milioni di scatolette. Contenevano 220 grammi di tonno o di carne ciascuna, ma potevano essere consumate soltanto dopo il nulla osta superiore, ovvero quando mancava il rancio caldo prodotto dalle cucine da campo. Le razioni alimentari dovevano assicurare al soldato circa 4.350 kcalorie, ma alla fine del 1916 la razione venne ridotta e il morale della truppa ne risentì. La disfatta di Caporetto era alle porte, preceduta dalle sanguinose battaglie sull’Isonzo. Sul fronte del Piave a rivitalizzare l’animo dei soldati contribuì anche l’aumento della quantità di cibo distribuita. Ancora oggi non è raro trovare nei luoghi dei combattimenti della scatolette arrugginite aperte dai soldati prima della battaglia. Alcune però (come documentato nel libro) hanno miracolosamente conservato i propri colori , mostrando la pregevole grafica dei marchi. Alcuni storici come la Cirio o la Bertolli. C’erano prodotti etichettati con nomi patriottici “Antipasto finissimo Trento e Trieste” o “Alici alla Garibaldi”, “Filetti Savoia”, “Antipasto Tripoli”. La bandiera italiana compare spesso.

Fu Napoleone Bonaparte ad indire un concorso per conservare i cibi destinati ai soldati. Lo chef Nicolas Appert riscontrò che la bollitura e il compostaggio in barattoli di vetro allungava i tempi di conservazione, bloccando la fermentazione. Vinse lui i 12.000 franchi in palio. Ma fu il connazionale Pierre Durand che ebbe l’idea di utilizzare i più resistenti contenitori in metallo. Poi vendette il brevetto agli inglesi. La ditta Donkin e Hall introdusse la saldatura del coperchio. In Italia la prima ditta a inscatolare il cibo fu la Cirio (piselli, Torino 1858), mentre per la carne il primato spetta alla Sada di Crescenzago (1881).

La razione alimentare distribuita ai kaiserjager autroungarici durante la guerra era inferiore a quella dei colleghi italiani (200 grammi di carne in brodo), tanto che per rimpinguare la dotazione il governo imperiale dovette importare scatolame dalla Norvegia. Ma le sorti del conflitto erano già segnate.

Ferrara - Via Maria Waldmann Massari


Passeggiata (per il cuore) in Via Maria Waldmann Massari:


Oasi per la fauna selvatica:





(Le foto, se non diversamente indicato, sono di NonnoKucco)




Maria Waldmann nei panni di Amneris nell'Aida, Parma, 1872
(foto da Wikipedia)

Via Maria Waldmann Massari, by Google Maps
Maria Waldmann, nata a Vienna nel 1844 e scomparsa il 6 novembre 1920 a Ferrara, cantante del melodramma italiano, è stata una delle interpreti preferite da Giuseppe Verdi e protagonista di un’intensa carriera di respiro europeo; si ritirò dalle scene a soli 31 anni di età, dopo il matrimonio con il ferrarese Galeazzo Massari, senatore del Regno d’Italia, pur mantenendo uno stretto legame con Verdi e la moglie Giuseppina Strepponi, testimoniato da una corrispondenza che durò fino alla morte del compositore nel 1901.
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Sono ritornato in Via Waldmann e ho scattato altre foto:















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domenica 1 maggio 2016

Ferrara - Ombrelli in Via Mazzini


 Link: Ombrelli (YouTube)





Pecore a Ferrara,..........ancora!!!!!



Link: Pecore a Ferrara (YouTube)

Ferrara - Bartolino da Novara - frammenti di storia

A Ferrara, in Via Cammello 22, una  lapide ricorda Bartolino e Domenico Maria da Novara:





QUESTA CASA DEI NOVARA
ABITÒ BARTOLINO
ARCHITETTO DEL CASTELLO ESTENSE
1385
ALLA STIRPE DA LUI FATTA ILLUSTRE
ACCREBBE GLORIA
DOMENICO MARIA
MAESTRO AL COPERNICO
PRECURSORE DI GALILEO
1464 - 1514



Bartolino (Bertolino) Ploti da Novara. - Architetto e ingegnere (m. Ferrara tra il 1406 e il 1410), forse originario di Novara, capostipite della famiglia ferrarese di questo nome. Costruì il castello di Ferrara (iniziato nel 1385), e fornì disegni e piante (1395) per quello di Mantova. Come ingegnere militare, ebbe incarichi dai Visconti di Milano e dalla Signoria di Firenze.


Fu al servizio degli Estensi che nella città di Ferrara nel 1376 gli donarono un palazzo in cui visse anche il suo discendente Domenico Maria Novara maestro di Copernico e nel 1385 per quei signori architettò il Castello Estense.


Link: Il castello estense

Alcune fote di N.K. del Castello estense.