giovedì 29 luglio 2010

Costituzione della Repubblica - art. 21

Art. 21.
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'Autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'Autorità giudiziaria.
Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo di ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.
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venerdì 16 luglio 2010

Scoperta molecola che causa diabete

http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/articoli/articolo486200.shtml

Roma, equipe italiana individua il p66

Grazie ad uno studio italiano è stato scoperto una sorta di "pulsante molecolare" che aiuterebbe a spegnere il diabete. Si tratta di una molecola chiamata p66 che una volta messa fuori uso impedisce la comparsa del diabete anche quando si mangia a piacimento. La scoperta è da attribuire all'equipe di Giovambattista Pani e Tommaso Galeotti dell'Istituto di Patologia Generale della Facoltà Medicina e Chirurgia dell'Università Cattolica di Roma.
Scoperta molecola che causa diabete
I test, effettuati per ora solo su delle cavie, hanno mostrato la sconfitta del diabete. Resa nota dalla rivista dell'Accademia Nazionale americana delle Scienze "PNAS", la scoperta apre nuove importanti scenari tra cui la possibilità di neutralizzare alcuni degli effetti dell'obesità. "L'aspetto più interessante di questo studio - spiega Gabriele Riccardi professore di endocrinologia all'Università Federico II di Napoli e presidente della Società Italiana di Diabetologia - è che nella difficoltà estrema di eradicare il problema del sovrappeso ormai dilagante, significherebbe proteggere dal diabete quelle persone che non riescono a dimagrire".

P66 è una molecola che non solo è alla radice del diabete ma ha anche come "qualità" quella di favorire l'invecchiamento. Infatti il gruppo di Pani e Galeotti ha visto che mettendo 'KO' la molecola in topi obesi, questi divengono molto meno suscettibili allo sviluppo del diabete rispetto a topi dello stesso peso che hanno però p66 perfettamente funzionante.

Inoltre i topolini senza p66, benchè obesi, vivono più a lungo delle altre cavie a conferma del ruolo già noto di questo gene nell'invecchiamento. Secondo l'ipotesi formulata dai ricercatori "p66 agirebbe da sensore dei nutrienti che assimiliamo mangiando, favorendo non solo l'accumulo di grasso nelle cavie, ma anche e soprattutto l'insorgenza di iperglicemia e diabete".

"L'obiettivo finale è bloccare p66 per prevenire/curare la malattia", conclude Pani. Esistono già composti inibitori di p66 in corso di sperimentazione su animali, ma naturalmente ogni applicazione clinica della scoperta non è dietro l'angolo. "Per ora, però, sottolinea Riccardi, "il rimedio concreto contro il diabete è rimanere magri e fare attività fisica: basti pensare che perdere solo 3-4 chili e fare 30 minuti al giorno di attività fisica moderata permetterebbe di prevenire i due terzi dei casi di diabete".

lunedì 12 luglio 2010

Un'abbuffata di licopene

Un'abbuffata di licopene


Ne è ricco il pomodoro - specialmente una nuova varietà - ma si trova anche nel pompelmo rosa, nel cocomero e nella papaia. E' un pigmento vegetale rosso con un'azione antiossidante superiore al betacarotene, agli scienziati fa venire voglia di studiarlo, a noi l'acquolina in bocca.

Si è riaccesa l'attenzione verso uno dei più potenti antiossidanti presenti in natura. E' stata presentata alla stampa una varietà di pomodori particolarmente ricchi in licopene, rigorosamente naturali e non Ogm, coltivati da quest'anno dal Consorzio Casalasco che raggruppa oltre 300 agricoltori delle province di Mantova, Cremona e Parma. 

Le malattie cardiovascolari e il cancro rappresentano le principali cause di mortalità in Europa e in tutti i paesi occidentali. Il licopene è un carotenoide con una raggiera di benefici per la salute: è attivo contro le malattie cardiovascolari e l'invecchiamento delle cellule del corpo. E' un potente antiossidante, ha una funzione antiaging e diversi studi evidenziano il suo ruolo nella prevenzione di tumori dell'apparato digerente e del cancro alla prostata, secondo la World Foundation of Urology. Il licopene diminuirebbe anche l'incidenza di artrite, la proliferazione dei radicali liberi nell'organismo e alcune patologie molto diffuse oggi, tra cui il morbo di Parkinson.

In Europa quella del pomodoro rappresenta la seconda coltura agricola per importanza, ed è la prima fonte di licopene nella dieta, comprese salse, concentrati e le altre ricette. I pomodori vanno scelti molto rossi: con la maturazione la clorofilla svanisce per lasciare posto al rosso dei carotenoidi, così preziosi per la salute e amici della bellezza. Come gli altri carotenoidi, anche il licopene si assimila più facilmente se associato ai grassi, come un buon extravergine d'oliva. In più facilita la digestione degli amidi del pane e della pasta: perfetto dunque l'abbinamento pomodoro/pasta/pizza nella dieta mediterranea. Il pomodoro è anche rinfrescante, diuretico, alcalinizzante, energetico, rimineralizzante, dotato di vitamine - soprattutto la A e la C - e ricco di minerali come potassio, fosforo, calcio. 

Diverse ricerche degli ultimi dieci anni mostrano come in generale frutta e verdura da agricoltura biologica abbiano più antiossidanti rispetto a quelli convenzionali. In particolare, i pomodori biologici contengono più materia secca, zuccheri totali e vitamina C, betacarotene e flavonoidi, vitamina A e licopene.
Essendo il licopene un forte colorante naturale, basta scegliere i pomodori il più rossi possibile. Anche la buccia, anche il doppio concentrato in vasetti o tubetti.
Il licopene è resistentissimo al calore, quindi si preserva nella cottura. Anche quella prolungata del ragù.
"Ecco l'economicissima, potente medicina preventiva di noi maschi - scrive sul blog Alimentazione Naturale Nico Valerio, uno dei massimi esperti italiani di nutrizione - è un tubetto di pasta di color rosso scuro che nei supermercati costa appena 45 centesimi. All'inizio, ovviamente, ero perplesso. Ma poi suggestionato dagli studi scientifici ho preso l'abitudine a mangiarne 1 o 2 cm sul pane o aggiungendolo ai primi piatti di cereali. Ora ho scoperto che è delizioso sulle tartine integrali: leggero strato di doppio concentrato di pomodoro, una oliva e due capperi con un pizzico di origano. Favoloso.
E chissà quanti si svenano per acquistare l'estratto di licopene in erboristeria o farmacia. Che oltretutto, in quanto estratto, sarà molto meno efficace, forse addirittura controproducente: non c'entra nulla col rischio tumore. No, piuttosto dell'estratto di licopene puro, consumiamo ogni giorno i pomodori ben rossi (attenti che non siano verdi all'interno), la salsa pura (passata) di pomodoro (quella in vetro, semplice, senza olio né condimenti) cosparsa senza risparmio su maccheroni, polente ecc., e aggiungiamo tartine di doppio concentrato. Un tubetto di doppio concentrato costa 45 cent e va più che bene".
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mercoledì 7 luglio 2010

Più giovani col bio

Più giovani col bio (L'espresso)

di Paola Emilia Cicerone da Gigors-Et-Lozeron
Basta con il bisturi e con il botox. La nuova tendenza è combattere l'invecchiamento con prodotti naturali e oli essenziali. Tipo la melissa, il cisto e il garofano. Che, a quanto pare, funzionano meglio dei derivati chimici di cui sono piene le profumerie.
La cosmesi del futuro profuma di fiori. O meglio di oli essenziali - geranio, cisto, melissa - provenienti da coltivazioni biologiche, ma in grado di sfidare la chimica. E trasformare la cosmetica bio da prodotto di nicchia a formulazione di avanguardia per combattere rughe e invecchiamento della pelle. Per convertire anche le consumatrici più scettiche, quelle che "naturale è bello, ma per un antirughe efficace ci vuole la chimica".

"E invece no", ribatte Elisabeth Araujo, direttrice generale di Sanoflore, il laboratorio di cosmetica biologica nato nel 1986 nel parco nazionale del Vercors, in Francia e acquisito da L'Oréal nel 2006 con l'obiettivo di farne il leader della cosmetica bio: "Abbiamo visto che gli oli essenziali danno risultati paragonabili a quelli della chimica tradizionale". Come l'olio di melissa che ha un effetto anti ossidante paragonabile a quello della vitamina C. O il geranio rosato che anche in dosi minime stimola la rigenerazione della pelle con un'azione simile a quella del retinolo, star delle più sofisticate creme anti aging. E poi c'è l'olio di cisto, un'essenza mediterranea le cui proprietà rigeneranti e anti infiammatorie sono state finora poco utilizzate, e c'è il cipresso, il cui olio stimola la produzione di glucosaminoglicani che forniscono l'acqua alla pelle.

Il futuro della cosmesi allora è bio? Di sicuro c'è che il settore è in forte crescita. In un anno sono aumentati del 23 per cento i prodotti che hanno ottenuto il bollo dell'Istituto per la Certificazione Etica ed Ambientale: ben 2847, in maggioranza creme per viso (409) e corpo (309) ma anche prodotti per capelli (213) e per la doccia (173). In crescita anche il fatturato, che nel 2009 è arrivato a oltre 8 milioni di euro ( con un aumento del cinque per cento rispetto all'anno precedente) e le case cosmetiche certificate, cresciute di un quinto in un anno, oltre al colosso L'Oréal-Sanoflore ci sono brand come Argital, Derbe, Lakshmi, Guaber L'Angelica, Specchiasol (l'elenco completo nel sito www.icea.it).
A sentirli parlare, i più sorpresi dei risultati ottenuti sembrano proprio gli addetti ai lavori. "La cosmesi naturale è una vera rivoluzione che impone un cambiamento di mentalità rispetto alle certezze della chimica", spiega Christine Guion, direttrice della Ricerca Sanoflore: "La chimica lavora su un singolo principio attivo, in un olio essenziale ci sono da cinquanta a duecento molecole attive che si associano diversamente tra loro a seconda della stagione, del clima, della provenienza. Ed è l'interazione tra queste a renderlo efficace".

E deve essere vero se persino un gigante della cosmesi classica come L'Oréal ha sposato la causa bio, mantenendo, dopo averla acquisita, la struttura originale di Sanoflore. Magari sedotta dal suo fascino. E da Gigors-et-Lozeron, la località che ospita laboratorio e coltivazioni, nel dipartimento della Drome, il primo in Francia per produzioni agricole bio: uno di quei posti che si ha la tentazione di raccontare senza spiegare troppo come raggiungerli, nella speranza di mantenerli incontaminati. Un altopiano nascosto tra il Delfinato e la Provenza, all'interno del parco regionale del Vercors, le cui condizioni climatiche garantiscono piante ricche di principi attivi.

Sono i coltivatori della zona a fornire buona parte delle erbe utilizzate, con la certificazione di produzione biosolidale, incoraggiati a recuperare specie dimenticate per variare l'offerta. "Lavoriamo anche con produttori esterni: agrumi che arrivano dall'Italia, chiodi di garofano dal Madagascar, altre essenze dall'America del sud", spiega Araujo: "E manteniamo un controllo costante per identificare gli oli più ricchi di principi attivi. Ed evitare piante a rischio di estinzione".

Il laboratorio lavora su due tipi di prodotti, oli essenziali e idrolati: le piante raccolte vengono distillate per estrarne grazie al vapore la componente aromatica oleosa. "Servono sette tonnellate di melissa per ottenere un litro di olio essenziale" ricorda Guion: "Che però non si usa puro, ma sempre diluito con oli vegetali". Ogni olio viene poi sottoposto a test come la cromatografia per individuarne le potenzialità. La stessa procedura di distillazione consente di produrre gli idrolati, le acque floreali che contengono molecole di oli essenziali insieme ad altre sostanze idrosolubili presenti nella pianta.


"È un prodotto ancora non molto conosciuto, di cui stiamo studiando le proprietà", spiega Guion
Analisi e test che in Sanoflore si svolgono nel piccolo laboratorio affacciato sull'orto botanico, in sinergia con i laboratori di Parigi, da dove arriva la pelle ricostruita in vitro su cui si testa l'efficacia delle formule. Il risultato sono prodotti molto semplici che hanno dietro un grande lavoro di ricerca.
Rispetto alla tradizionale immagine dell'industria, una rivoluzione. Che parte dall'orto botanico che rifornisce di piante. "L'orto e la cascina sperimentale sono una vetrina per far vedere che l'agricoltura biologica non è un'utopia", afferma Pierre Lartaud, responsabile dei progetti Ricerca e Sviluppo. Dietro l'orto, c'è l'impianto di compostaggio dove finiscono gli scarti di distillazione che saranno poi ridistribuiti sul suolo. E la cascina dove si sperimentano nuove tecniche di coltivazione bio e varietà di piante potenzialmente interessanti, a partire dalle produzioni locali.

"La sfida è quella di lavorare con un prodotto vivo, mai uguale a se stesso. Una rivoluzione che cambia il modo di valutare l'efficacia dei cosmetici", spiega Corinne Ferraris, Responsabile del Coordinamento Scientifico. Perché l'efficacia deve essere comunque in primo piano giacché l'obiettivo è il mercato. Come spiega Araujo: "Vogliamo proporre prodotti efficaci ma sostituendo siliconi e altri ingredienti sintetici con materie naturali . E mettiamo la massima attenzione per la sicurezza: non eliminiamo solo le sostanze chimiche su cui ci sono già perplessità, ma anche quelle che in futuro potrebbero porre problemi basandoci sul principio di precauzione".

Nelle creme bio non ci sono componenti inerti, "acqua e parte grassa sono sostituiti da idrolati, oli essenziali o grassi vegetali come il burro di Karitè, che pure hanno un'attività nutritiva e ricostruiscono la base protettiva della pelle", precisa Guion. E anche il profumo non è un additivo, ma una caratteristica degli ingredienti. "Di solito il profumiere deve trovare un profumo gradevole per coprire l'odore di base, qui usiamo ingredienti che hanno già un loro odore e cerchiamo di dosarli in modo da renderlo gradevole e non troppo forte", spiega Mailis Richard, il naso a caccia di profumazioni bio.

"Tradizionalmente la cosmesi bio non presta particolare attenzione ai profumi perché gli ingredienti hanno già un loro odore naturale", spiega: "Noi cerchiamo di creare profumazioni più sofisticate, e lavoriamo a stretto contatto con chi formula i prodotti". Il tutto utilizzando un decimo degli ingredienti a disposizione dei profumieri tradizionali. "E poi ci sono oli che hanno un odore troppo forte, troppo terroso, altri che colleghiamo magari alla cucina e non alla cosmesi".
Già, anche la profumazione diventa centrale se si vuole fare di tutto, sintetizza Araujo:"Perché il bio non rimanga un prodotto per pochi".

Posted By Marco to ECO... LOGICO at 7/06/2010 10:27:00 AM




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Buon appetito, e salverai la Terra (L'Espresso)

[http://espresso.repubblica.it/dettaglio/buon-appetito-e-salverai-la-terra/2129844/12]
di Tiziana Moriconi
Niente carne, molta frutta. Poco formaggio, un po' di patate. Ok per il riso, ma piano con il pesce. Ogni volta che ci sediamo a tavola possiamo scegliere tra alimenti la cui produzione è più o meno nociva per il pianeta
(28 June 2010)
Sogliola fresca 3,3, aragosta 20, gambero surgelato 10. Non sono i prezzi all'etto di un mercato del pesce, ma i chili di CO2 emessi per ogni chilo di ciascun prodotto, calcolato per tutto il suo ciclo di vita, dalla pesca (o allevamento), al consumo e allo smaltimento. Che danno un'idea di quanto la nostra scelta possa avere un impatto sull'ambiente. Sono numeri, forniti dal Life Cycle Assessment Food Database del ministero della Pesca e dell'Agricoltura danese che i ricercatori del Barilla Center for Food & Nutrition (Bcfn) di Parma hanno messo insieme ai dati di tutte le ricerche pubbliche condotte negli ultimi anni sull'impatto ambientale dei diversi alimenti. I risultati - che saranno presentati a Milano al convegno "Alimentazione e ambiente: sano per te, sostenibile per il pianeta" (in live streaming sul sito del Bcfn: www.barillacfn.com) - non riguardano solo gli effetti stranoti della carne bovina, ma quelli della maggior parte dei cibi che si trovano nel nostro frigo e nelle nostre dispense. E ci dicono, per esempio, che tra scegliere gamberetti freschi e quelli surgelati c'è una differenza quantificabile in più di sette chili di gas serra.

Perché è ormai opinione condivisa tra gli esperti che si debba tenere in debito conto quanta CO2 consumiamo con i nostri pasti. E che si debba cominciare a considerare anche altre conseguenze ambientali, come, ad esempio, la quantità d'acqua necessaria alle produzioni. Ma questi parametri, di per sé, non sono sufficienti a orientare le scelte alimentari che, ovviamente, devono tener conto dell'impatto sulla salute dell'alimentazione. Per questo, i ricercatori del Bcfn sono andati oltre la raccolta e l'analisi delle informazioni a oggi disponibili sull'impronta ecologica: hanno annotato i prodotti dal più eco al più invasivo; confrontato l'impronta ecologica all'impronta della salute. E scritto una piramide molto simile alla piramide alimentare della dieta mediterranea, ma invertita. 
Affiancando le due figure si osserva come i cibi che secondo le indicazioni internazionali dovremmo mangiare più spesso siano anche quelli con minor impatto ambientale. Senza però limitarsi a dire che frutta e verdura sono l'optimun e la carne è il diavolo. No, i ricercatori sono scesi nel dettaglio. E ci dicono, ad esempio, che per produrre un chilo di formaggio si emettono circa 9 chili di CO2 e servono 5 mila litri d'acqua. Una quantità equivalente di yogurt, invece, comporta un chilo di anidride carbonica e il consumo di mille litri di acqua. Un comportamento eco-friendly vorrebbe quindi che lo yogurt venisse consumato più frequentemente del formaggio. Proprio come consigliato dai nutrizionisti. La coincidenza esiste per la maggior parte delle categorie.

Per capire bene il senso della doppia piramide bisogna innanzitutto tenere conto che il prezzo che la Terra paga per sfamarci è calcolato sulla base di tre indicatori: la Carbon Footprint, che stima la quantità di CO2 equivalente emessa durante tutto il ciclo di vita di un alimento, la Water Footprint che calcola l'acqua consumata o inquinata (e della cui stima si occupa l'omonima organizzazione olandese non profit). E l'Ecological Footprint, che dà una misura di quanti ettari di terra sono necessari per rigenerare le risorse consumate e per assorbire i rifiuti prodotti: attualmente, secondo l'ultimo rapporto del Global Footprint Network, pubblicato lo scorso dicembre, stiamo "mangiando" le risorse di un pianeta grande 1,3 volte la Terra. Significa che per rigenerare quanto consumato in un anno occorrono circa 16 mesi. Tra i vari paesi, le impronte ecologiche più grandi sono quelle degli Emirati Arabi Uniti e degli Stati Uniti. L'Italia è in ventiquattresima posizione, ma le dimensioni del terreno consumato in un anno da ciascuno di noi sono di tutto rispetto: equivalgono a circa sei campi da calcio.
La piramide ambientale tiene conto però solo dell'Ecological Footprint. Per due motivi: è il più completo (considera anche la CO2) ed è facile da visualizzare. Va detto, inoltre, che per molti alimenti non esistono al momento dati sul consumo di acqua. Per le diverse specie di pesce, crostacei e molluschi allevati in acquacoltura, per esempio, la stima risulta troppo complicata, dovendo considerare il ricambio delle vasche e tutta l'acqua utilizzata nel ciclo di vita del mangime. Ancora più complicato stimare quanta ne consuma l'industria della pesca, visto che non è chiaro neanche su cosa raccogliere dati. E anche i numeri forniti dalla Carbon Footprint sono parziali, perché i dati disponibili non tengono conto dei mix energetici dei vari paesi: noi sfruttiamo soprattutto gas, la Svezia l'idroelettrico, la Germania il carbone, ad esempio. Per questo, l'impronta della CO2 non solo è un indice che potrebbe variare molto a seconda di dove l'alimento è prodotto, ma non dà ragione dell'impatto di quelle nazioni come la Francia che utilizzano soprattutto l'energia nucleare.


Posted By Marco to ECO... LOGICO at 7/06/2010 10:33:00 A



















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lunedì 5 luglio 2010

Quando uno stupido..........

Quando uno stupido fa qualcosa di cui si vergogna, dice sempre che è suo dovere.
 George Bernard Shaw
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Improntare il giornale a ottimismo, fiducia e sicurezza nell'avvenire.
Eliminare le notizie allarmistiche, pessimistiche, catastrofiche e deprimenti.
Direttiva dell'Ufficio Stampa del governo Mussolini, 1931.

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sabato 3 luglio 2010

Considerazioni

" Se dovessi scegliere fra un governo senza giornali o giornali senza un governo, non esiterei un attimo a fare la seconda scelta."

Thomas Jefferson, terzo presidente degli Stati Uniti d'America, 1743-1826
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"Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge."

Costituzione della Repubblica Italiana, articolo 54
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