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domenica 24 agosto 2025

PIACENTINI GIORGIO

 PIACENTINI GIORGIO (1902 - 1969)



Ferrara omaggia la memoria di Giorgio Piacentini (1902 - 1969), Cavaliere del Lavoro, imprenditore e filantropo. Oggi è stata infatti intitolata a lui la rotatoria tra via Caldirolo e via Gaetano Turchi, che si trova a pochi passi da quella che fu un tempo la sede del calzaturificio Zenith, divenuto sotto la guida di Piacentini un'eccellenza manifatturiera e industriale del panorama produttivo italiano nel dopoguerra.


La cerimonia di intitolazione è in programma questa mattina, alla presenza per l’Amministrazione Comunale dell’assessore Stefano Vita Finzi e dei familiari di Giorgio Piacentini. La proposta di intitolazione, su suggerimento di Carlos Dana, nipote di Giorgio Piacentini, e del pronipote Giorgio Pizzirani, è stata approvata dalla Commissione cittadina per la Toponomastica e dalla Giunta comunale e, infine, autorizzata dalla Prefettura di Ferrara.


“Con questa intitolazione il Comune di Ferrara rende omaggio al nome e alla storia di un personaggio che ha impegnato tutta la sua vita a favore dell'industria ferrarese, anticipando concetti e azioni quali il welfare aziendale e iniziative di carattere culturale e sociale, rivolte a tutto il territorio, come con l’istituzione del Premio Estense e del Cineclub Fedic Ferrara. Si tratta di un piccolo gesto, che ha per noi però un grande valore: ricordare questa importantissima figura attribuendogli un luogo di Ferrara, che tanto ha amato, vicino a quello che è stato il suo universo professionale e umano. Ringrazio la famiglia per essere presente oggi e per essersi prodigata nell’operazione di intitolazione. L’augurio è che la figura di Giorgio Piacentini che possa essere modello ed esempio per tutti noi”, così l’assessore Stefano Vita Finzi Zalman, che ha ringraziato per il lavoro l’ufficio Toponomastica del Comune di Ferrara.


Figlio di proprietari terrieri della Bassa Ferrarese, sposato con Jolanda Buzzoni nel 1925, Giorgio Piacentini divenne industriale di primo piano a seguito della scomparsa del suocero Edgardo Buzzoni, avvenuta nel 1928. Raccolse infatti l’eredità imprenditoriale fondando e diventando titolare della Zenith, insieme al cognato Andrea. Nelle sue mani, infatti, l'azienda decollò diventando leader nel settore delle calzature eleganti da uomo e da bambino, con esportazioni record in America e non solo. Se nel 1929 le maestranze occupate sono 135, con una produzione quotidiana di 160 paia di calzature, nel 1943 la Zenith raggiunge i 510 dipendenti, raggiungendo una produzione di 2250 paia di scarpe al giorno, di cui in alta percentuale sono di tipo militare.


La guerra fu un durissimo scoglio per i Buzzoni-Piacentini, come riportano le cronache del tempo. Lo stabilimento viene bombardato più volte e duramente, tanto che a fine del conflitto la fabbrica si trova rasa al suolo, con trecento operai senza lavoro. Dopo la Liberazione Piacentini affronta la ripresa dell’attività in locali di fortuna. Sul finire del 1948 viene decisa la costruzione del nuovo stabilimento in via Caldirolo al civico 84, che sarà ultimata nel 1950. Il nuovo opificio dà da lavorare a 500 unità tra operai e impiegati con una produzione giornaliera di circa 800 paia di calzature. “La complessa costruzione industriale, sorta in un'area di 23mila metri quadri, costituisce quanto di più razionale può riunire in sé uno strumento produttivo di tale importanza. Perché non solo il dott. Piacentini ha cercato con il riammodernamento degli impianti e una geniale distribuzione del lavoro di organizzare il ciclo produttivo secondo i più recenti dettami della tecnica moderna, ma si è parimenti preoccupato che il nuovo complesso fosse dotato di servizi ausiliari e igienici: mense, spaccio, ambulatorio medico e biblioteca, attuato con criteri organici e confortevoli", come si legge in un interessante ritratto di Piacentini, che emerge dai documenti conservati negli archivi della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro. Attenzione viene posta anche al welfare aziendale, con l’invio in colonia per oltre 50 bambini dei lavoratori “a totale carico della Zenith”, “anticipazioni ai capi famiglia per l’acquisto di appartamenti” e donazione a ciascun operaio di una ‘sporta’ contenente ogni genere di vettovaglia per Natale e “cospicui premi in denaro”.


Ma il nome di Giorgio Piacentini non è solo legato alla vicenda economica e imprenditoriale di Ferrara. Fu infatti sua l’idea, mentre era presidente provinciale dell’Unione industriali, di fondare il Premio Estense, la cui prima edizione si svolse nel 1965.


Anche il Cineclub Fedic Ferrara fu fondato qualche anno prima, nel 1953, per iniziativa di Piacentini. Il circolo di cultura cinematografica ferrarese fu riconosciuto come il migliore d’Italia già pochi anni dopo, nel 1956 e anche nel 1957.


Istituì negli stessi anni anche un asilo infantile a Fossanova San Marco, borgo che era divenuto residenza della famiglia Piacentini. La struttura scolastica viene considerata tra le migliori della provincia, con oltre 350 metri quadri di area coperta che consente l'assistenza di 150 bambini della zona e dispone di sale per lavoro e doposcuola.

Quanto sopra tratto da:

https://www.comune.ferrara.it/it/b/57890/intitolata-al-cavaliere-del-lavoro-giorgio-piacentini-la-rotatoria-tra 

 

domenica 10 agosto 2025

 

Via Cisterna del Follo, a Ferrara, inizia dall'incrocio tra via Savonarola, via Madama e via Ugo Bassi ed arriva a viale Alfonso I d'Este, vicino al Baluardo di San Tommaso.

Storia

Palazzo Bonacossi, in via Cisterna del Follo.

L'area dove si trova la via fu interessata dall'opera di ampliamento di Biagio Rossetti nell'ambito dell'addizione voluta da Ercole I d'Este. In quell'area, che corrisponde circa al luogo dove poi venne edificata la prospettiva di corso Giovecca, esisteva già dal 1370 il Canton del Follo. Più tardi un genovese, tale Urbano Trincherio, impiantò nella zona una fabbrica di panni d'oro e di broccati e per la lavorazione della seta.

Altre notizie storiche sulla strada si hanno da quando vi fu costruito un palazzo per Nerone Diotisalvi nel 1470 dopo che questi era fuggito da Firenze nel 1460 perché coinvolto in una congiura contro i Medici e accolto in Ferrara da Borso d'Este.

Sempre su questa via era presente una chiesa ed un convento di monache Servite.

Origini del nome

In tempi passati fu chiamata via Diotisalvi dal Diotisalvi che qui vi costruì il palazzo in seguito noto come palazzo Bonacossi.

Il nome di cisterna del Follo prende origine probabilmente nel XIV secolo quando nella via esisteva un pozzo (o una cisterna) utilizzato per lavare la lana grezza e per follare i panni, cioè battere la lana ed infeltrirla rendendo più compatto il suo pelo.  La via quindi, assieme a poche altre in città, conserva ancora traccia nel suo nome degli antichi mestieri artigianali che facevano parte delle attività legate alle antiche corporazioni delle arti e mestieri.

From:

https://it.wikipedia.org/wiki/Via_Cisterna_del_Follo

 Dal Vocabolario della Lingua Italiana di Nicola Zingarelli:

- FOLLARE : sottoporre a follatura i tessuti di lana;

- FOLLATURA: 

1 - operazione con la quale si fanno restringere e assodare i panni di lana sottoponendoli a pressione, a sfregamento e ad azioni chimiche in bagni alcalini o acidi.

2 - pigiatura dell'uva. Pratica enologica consistente nel risospingere al fondo delle botti le vinacce che, durante la fermentazione, vengono a galla, al fine di ottenere una migliore vinificazione del mosto, e quindi vini più limpidi e purgati.

 

giovedì 9 maggio 2024

lunedì 22 aprile 2024

CERTOSA DI FERRARA - GIOVANNI BOLDINI

 CERTOSA DI FERRARA

GIOVANNI BOLDINI 

Ferrara 1842 – Parigi 1931



Ferrara 1842 – Parigi 1931
Pittore dal successo planetario, diviene il massimo rappresentante del ritratto d’epoca soprattutto femminile con il suo realismo luminoso. Ammirato dall’alta società aristocratica francese e inglese, è un protagonista di primo piano della belle époque. La tomba, realizzata dallo studio Del Monaco e Zigola, viene inaugurata nel 1983 per accogliere le spoglie di Boldini traslate dal primitivo monumento ; compare orgogliosamente solitaria in uno spazio circondato dalla vegetazione.
 

Dal sito: Chieracostui.com

Studiò all'Accademia di Belle Arti di Firenze, dove entrò in contatto con i Macchaioli; conobbe la pittura impressionista a Parigi, dove si stabilì definitivamente nel 1871, fra numerosi viaggi in Italia e nel resto d'Europa; raggiunse il successo realizzando moltissimi ritratti commissionatigli.


via Savonarola 10 - Ferrara, FE

  IN QUESTA CASA DELLA FAMIGLIA DA ANTONIO
PITTORE APPREZZATO NACQUE GIOVANNI BOLDINI
IL 31 DICEMBRE 1842.
   SUPERATA APPENA LA PUERIZIA OTTENNE A LONDRA
I PRIMI TRIONFI: PRESA POI STABILE DIMORA IN PARIGI
VI DIVENNE RITRATTISTA DI FAMA MONDIALE.
   LA SICUREZZA E LA GRAZIA DELL'ARTE SUA SOR-
PRESE L'ANIMA FERMÒ L'ELEGANZA DELLA DONNA
MODERNA: LA POTENZA DEL SUO PENNELLO LASCIA
GIUSEPPE VERDI VIVO ALLE FUTURE GENERAZIONI.
   AL CITTADINO INSIGNE CHE IN TARDA ETÀ ANCOR
DIPINGE GIOVANILMENTE FERRARA P.    MAGGIO 1924

 

sabato 20 aprile 2024

CERTOSA DI FERRARA - FABBRI ROBERTO

 CERTOSA DI FERRARA - CIMITERO MONUMENTALE  

FABBRI ROBERTO


 












giovedì 18 aprile 2024

CERTOSA DI FERRARA - MONUMENTO SEPOLCRALE DI ALFRED LOWELL PUTNAM

 CERTOSA DI FERRARA - CIMITERO MONUMENTALE 

MONUMENTO SEPOLCRALE DI ALFRED LOWELL PUTNAM 


 

IN MEMORIA DI

ALFRED LOWELL PUTNAM

CHE DI PASSAGGIO PER QUESTA CITTA'

COLPITO DA MORBO CRUDELE

MORIVA IMPROVVISAMENTE






CERTOSA DI FERRARA - TOMBA DEL MARCHESE GUIDO VILLA LANCELLOTTI

 CERTOSA DI FERRARA - CIMITERO MONUMENTALE

 

TOMBA DEL MARCHESE GUIDO VILLA LANCELLOTTI

 




 
 

martedì 2 aprile 2024

FERRARA - OSTAGGI 19 FEBBRAIO 1849

 FERRARA - OSTAGGI 19 FEBBRAIO 1849

Già pubblicato, con lo stesso titolo, un post in data 29 dicembre 2011.

Dopo la caduta di Napoleone, il Congresso di Vienna (1814 - 1815) impone la
restaurazione dei vecchi Stati. Ferrara si ritrova nuovamente sotto lo Stato Pontificio,
terra di confine col Lombardo - Veneto, segnato dal Po, e contemporaneamente è
obbligata ad ospitare e mantenere una folta guarnigione austriaca, forte di uomini e di
armi, arroccata nella Fortezza.
Nonostante le riforme e le innovazioni portate da Napoleone siano state abolite, non
sono state dimenticate: anche a Ferrara si diffondono, pertanto, idee rivoluzionarie.
Numerosi ferraresi, in accordo con i carbonari del Veneto, della Lombardia e del
Regno di Napoli ed in stretto contatto con i carbonari bolognesi, romagnoli e
marchigiani, partecipano all'attività carbonara, iniziata a funzionare organicamente
fin dal 1817.

All'inizio del 1818 viene scoperta una prima associazione carbonara guidata dal
marchese Giovan Battista Canonici: il marchese è arrestato, condannato al carcere
duro prima a Venezia, poi a Lubiana dove muore nel 1821. Verso la fine del 1818, in
seguito ad alcune confessioni del cancelliere Antonio Villa, altri carbonari ferraresi,
pur più prudenti nell'azione, vengono scoperti ed arrestati.
Con i moti carbonari del 1820 – 21 si chiude anche a Ferrara il primo periodo della
rivoluzione italiana.
Nel 1846, contro il volere del Metternich, viene eletto a pontefice Pio IX, che impone
un regime più liberale di quello dei suoi predecessori. Egli, infatti, concede un'ampia
amnistia ai condannati politici, una moderata libertà di stampa e di adunanza;
istituisce la Consulta di Stato e nel luglio del 1847 la Guardia Civica.
La promulgazione di tali leggi “liberali” riaccende anche a Ferrara il fervore
patriottico, contrastato dagli Austriaci che, abbandonata la Fortezza, decidono di
occupare la città, entrandovi nella mattina del 17 luglio 1847.

La protesta pubblica del legato cardinale Luigi Ciacchi contro gli Austriaci, accolta
dal Papa, fornisce l'occasione per movimenti di sommossa e manifestazioni
patriottiche in tutta Italia: il sentimento popolare diventa sempre più ostile nei
confronti dell'Austria.

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Da Ferrara il 12 aprile 1848 parte la Compagnia dei Bersaglieri del Po, costituita dal
conte Tancredi Trotti Mosti, già colonnello della Guardia Civica. Ricevuta la bandiera
bianco-gialla con le insegne pontificie benedetta dal Cardinale Arcivescovo e salutata
in piazza dalla popolazione, la Compagnia, formata da numerosi giovani e meno
giovani, di diverse classi sociali, tutti volontari e convinti delle nuove idee di libertà
ed indipendenza, attraversato il fiume Po, si dirige prima a Vicenza, poi alla fine di
aprile sul fiume Piave. 

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Malgrado il valore dei Bersaglieri, la battaglia è perduta. La resa è inevitabile, ma ai
vinti viene concesso l'onore delle armi. Le perdite dei Bersaglieri sono rilevanti, circa
il 30% della loro forza, tra morti, feriti e prigionieri. La loro bandiera, ora custodita
nel Museo del Risorgimento di Ferrara, è stata decorata di medaglia al valor militare
“per la valorosa condotta tenuta nei combattimenti di Cornuda, di Monte Berico e
nella difesa di Vicenza”.
La 1° guerra d'indipendenza si conclude nel 1848 con la vittoria degli Austriaci nella
battaglia di Custoza (25 luglio) e l'armistizio Salasco (7 agosto).

Benché la sconfitta di Custoza (25 luglio) e l'armistizio Salasco (7 agosto) abbiano
posto fine alla Prima Guerra d'Indipendenza, all'interno dello Stato Pontificio si
hanno nuovi fermenti che portano alla fuga di Pio IX a Gaeta sotto la protezione del
re di Napoli (25 novembre) ed alla nascita di un governo democratico.

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Il 17 gennaio 1849 anche nella Legazione pontificia di Ferrara, caduto il potere
temporale, sono indette le elezioni democratiche dei rappresentanti che devono
partecipare all'Assemblea Costituente della Repubblica Romana. Nello stesso giorno
il prolegato, prima di lasciare Ferrara, affida il governo della città ad una
commissione di tre cittadini, tra i quali Carlo Mayr, che dopo alcuni giorni viene
eletto presidente della Provincia di Ferrara.
L'attività rivoluzionaria mazziniana, basata sui principi di indipendenza ed unità,
prende nuovo vigore. Il 9 febbraio 1849 a Ferrara compaiono i manifesti della
Repubblica Romana che riportano l'articolo 3 della Costituente: “Il governo dello
Stato romano sarà democrazia pura”, ma l'attività mazziniana viene presto repressa e
la città vede ancora un trionfo austriaco che getta nello sconforto i patrioti.
A causa di un tumulto popolare, infatti, cadono uccisi tre soldati austriaci e ferito un
ufficiale; tutti i militari austriaci si rifugiano nella Fortezza. La città sembra libera e
sicura. Ma nella mattinata del 18 febbraio il generale Haynau, comandante il secondo
corpo riserve austriache, superato il Po con circa 6 mila fanti, uno squadrone di
cavalleria, 22 cannoni ed una batteria di fanti, ordina alla città la resa, la consegna
degli uccisori dei soldati austriaci oppure sei ostaggi scelti fra i più ragguardevoli
cittadini. Inoltre l'Austria esige il pagamento di una penale nelle mani del v
ice
console imperiale di Ferrara, certo Bertuzzi, di duecentoseimila scudi.

Il 19 febbraio 1849 una delegazione cittadina presieduta dal Cardinale Cadolini
incontra il generale Haynau, ma non ottiene nessun cambiamento alle dure
condizioni. Più tardi il console inglese Mc Alister tenta una nuova mediazione, ma le
imposizioni del Feld Maresciallo Radetzky sono tassative per cui è un successo
ottenere quattro ore di proroga al minacciato bombardamento della città.

Allora cittadini eminenti, fra i quali il fratello dell'Arcivescovo Cadolini,
volontariamente si offrono in ostaggio al comando austriaco a garanzia del
pagamento della somma richiesta, di importo irraggiungibile, consegnata, comunque,
in buona parte nello stesso giorno. Si concorda di pagare a rate la rimanente parte.
Il 20 febbraio 1849 il gonfaloniere di Ferrara Eugenio Righini ordina di affiggere un
proclama di encomio alla cittadinanza per il contributo ed i mezzi prestati a
soddisfare le pretese austriache, nonché per rendere pubblici i nomi dei sei generosi
cittadini rinchiusi nella fortezza come ostaggi.
Gli ostaggi vengono, poi, trasferiti nelle prigioni di Padova, dove sono trattenuti per
quattro giorni, quindi in quelle più sicure di Verona. Vengono liberati solo nel maggio
1849.
Dopo la caduta della Repubblica Romana, avvenuta nello stesso anno, a Ferrara,
come in tutta la penisola, le organizzazioni rivoluzionarie si indeboliscono
fortemente.
Dopo la caduta della Repubblica Romana del 1849 a causa dell'intervento di
Napoleone III che, in deroga ad un articolo della costituzione francese, ristabilisce
l'ordinamento pontificio, Ferrara ritorna sotto il governo del papa Pio IX e il controllo
delle truppe austriache occupanti la Fortezza.
Nella città, tuttavia, una minoranza eroica e tenace prosegue l'opera interrotta dagli
eventi del 1849 per la nascita di un'Italia libera ed unita.

        

       RICORDANZA E GRATITUDINE
                         ETERNA
AI NOSTRI NON MAI ABBASTANZA LODATI
                    CONCITTADINI

AVV.
 
 
COL.
 
DOTT.
GIUSEPPE      AGNELLI
GIUSEPPE      CADOLINI
GIROLAMO      CANONICI
IPPOLITO      GUIDETTI
MASSIMILIANO      STROZZI
ANT.    FRANC.    TROTTI


CHE SPONTANEI SI DIEDERO IN OSTAGGIO
PER SALUTE DELLA PATRIA
IL GIORNO 19 FEBBRAIO 1849





Le foto sono del NonnoKucco.

Le notizie sono tratte dal sito: http://www.isco-ferrara.com/wp-content/uploads/2018/01/Le-lapidi-raccontano-il-Risorgimento.pdf

Altre notizie: https://www.spreaker.com/episode/19-febbraio-1849-ostaggi-per-la-difesa-della-citta-accadeoggi-s01e14--22918781

Il 5 febbraio 1848 nasce la Repubblica Romana e ciò si ripercuote anche su Ferrara, il prolegato pontificio abbandona la città e il potere passa nelle mani di tre cittadini, tra i quali Carlo Mayr. Il movimento viene represso dagli austriaci ma, successivamente, un tumulto popolare provoca la morte di tre militari e l'esercito si rifugia nella fortezza. Nella mattinata del 18 febbraio il generale Haynau attraversa il Po e ordina alla città la resa, la consegna degli uccisori dei soldati austriaci o di sei ostaggi tra i cittadini illustri. Questi ultimi verranno liberati solo nel Maggio successivo e sono ricordati attraverso una lapida affissa sulla Cattedrale di Ferrara. Sono: Avv. Giuseppe Agnelli; Giuseppe Cadolini; Girolamo Canonici; Col. Ippolito Guidetti; Massimiliano Strozzi; Dott. Antonio Francesco Trotti. Spontanei si diedero in ostaggio il giorno 19 febbraio 1849.

In collaborazione con Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara 

 

 

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lunedì 1 aprile 2024

DISABILITY CARD - CARTA EUROPEA DELLA DISABILITA'

 DISABILITY CARD -  CARTA EUROPEA DELLA DISABILITA'

Un anno di DISABILITY CARD  a Ferrara.

E' stata una realtà pilota e a marzo festeggia il suo primo anno. Si tratta della  DISABILITY CARD -  CARTA EUROPEA DELLA DISABILITA' che consente di sostituire i certificati ed i verbali che attestano la condizione di invalidità e di accedere a beni e servizi pubblici e privati gratuitamente o a tariffe agevolate.

A CHI E' DESTINATA LA DISABILITY CARD

- Invalidi civili maggiorenni con invalidità certificata maggiore del 67%;

- Invalidi civili minorenni;

- Cittadini con indennità di accompagnamento o con assistenza e integrazione sociale ai sensi della Legge 104;   

- Ciechi civili;

- Sordi civili;

- Invalidi e inabili (legge 222/1984);

- Invalidi sul lavoro o con diritto ad assegno per l'assistenza  personale e continuativa o con menomazioni dell'integrità psocofisica;

- Inabili alle mansioni;

- Cittadini con trattamenti previsti per invalidi e reduci di guerra.

 

AGEVOLAZIONI RICONOSCIUTE DALLA DISABILITY CARD A FERRARA

- priorità nell'accesso agli uffici comunali e alle farmacie comunali ai titolari della Carta e alle persone delegate per lo svolgimento di adempimenti per conto del titolare della Carta;          

- ingresso gratuito per il titolare della carta e per un accompagnatore ai musei e spazi dispositivi afferenti al Comune di Ferrara:   

    - Castelo Estense;

    - Museo Schifanoia e Civico Lapidario;

    - Museo della Cattedrale;

    - Palazzina Marfisa d'Este;

    - Padiglione d'arte contemporanea.

- ingresso gratuito, per il titolare della Carta e tariffa agevolata sul biglietto per l'accompagnatore, agli eventi:        

    -  al Teatro Comunale (*)

    - allo Stadio comunale P.Mazza (*)

    (*) nei limiti della capienza degli spazi dedicati e previa prenotazione anticipata per ogni singolo  evento.                     

- ingresso gratuito per il titolare della Carta alle piscine di proprietà comunale

    - Beethoven;

    - Bacchelli.


La Disabiliy Card viene rilasciata dall'Inps su richiesta dell'interessato anche on line.

Vedere Circolare Inps n. 46 del 01/04/2022 che ha per oggetto:

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 novembre
2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 304 del 23 dicembre
2021, recante “Definizione dei criteri per il rilascio della Carta
europea della disabilità in Italia” (c.d. Disability Card)


 



domenica 1 novembre 2020

WALDMANN MARIA

 

A 100 anni dalla morte di Maria Waldmann, la Amneris di Verdi

Artista di grande talento, ferrarese d'adozione dopo il matrimonio col conte Galeazzo Massari

 


 Voghenza. Il 6 novembre 2020 ricorre il centenario della morte di Maria Waldmann, voce verdiana per eccellenza. Maria Waldmann come la mitica Thule: conosciuta, ammirata e perduta, da molti incredibilmente dimenticata.

Artista di grande talento, ferrarese d’adozione dopo il matrimonio col conte Galeazzo Massari. in lei Giuseppe Verdi vide la sua ideale Amneris, tanto da chiamarla così anche nelle lettere amichevoli che Maria e Verdi si scambiarono per anni.

Maria Waldmann fu grande interprete dell’opera del Maestro di Busseto, in seguito contessa e duchessa Massari, grazie al matrimonio con Galeazzo Massari. Oggi esiste ancora un piccolo teatro che porta il suo nome a Villa Massari, a Voghenza, in via Provinciale 69.

Maria Waldmann nacque a Vienna il 19 novembre 1845, in una famiglia della buona borghesia dove la musica si faceva per diletto, per passione, dove il padre suonava il violino e la sorella Carina Catharina la cetra. Marie – divenne Maria quando si trasferì in Italia – a quindici anni si iscrisse al Conservatorio dell’Imperial Regia Società degli Amici della Musica di Vienna.

A diciassette anni, grazie alla splendida voce e alla cura meticolosa nella preparazione musicale, fu nominata membro dell’Opera di Corte. Non paga dei risultati raggiunti in patria, dopo aver conquistato il pubblico di Vienna e delle maggiori città tedesche e olandesi, Maria Waldmann decise di perfezionarsi al Conservatorio di Milano, sotto la direzione di Francesco Lamperti.

La voce e le doti interpretative di Maria Waldmann portarono l’artista a girare il mondo, eppure la sua carriera italiana partì da Ferrara, era il 24 aprile 1869. Quella sera interpretò Fede nel grand opéra Il Profeta di Giacomo Meyerbeer.

Quel successo le procurò numerosi contratti, e fu proprio Bartolomeo Merelli – impresario, librettista e sostenitore di Giuseppe Verdi fin dagli esordi come compositore – a scritturarla per i teatri di Mosca e Varsavia. E poi la Scala di Milano e il Comunale di Trieste, fino a divenire Amneris nella seconda rappresentazione europea dell’Aida, nel 1872.

L’ultima lettera di Giuseppe Verdi a Maria Waldmann è datata 22 dicembre 1900, alla morte del Maestro l’autografo di quella missiva fu donato dalla Waldmann in persona alla Biblioteca di Ferrara.

Nel 1876, dopo tanti successi, Maria Waldmann decise di lasciare le scene: nel settembre di quell’anno sposò infatti a Torino il conte ferrarese Galeazzo Massari Zavaglia, divenuto poi duca nel 1882 e senatore del Regno d’Italia nel 1891. I due forse si erano conosciuti proprio sette anni prima, al debutto italiano di Maria Waldmann al Teatro Comunale di Ferrara, dove i Massari – come gran parte delle famiglie più in vista – erano proprietari di un palco.

Nell’autunno del 1878 nacque il figlio Francesco. Maria Waldmann e il marito trascorsero la vita tra la casa di città – il palazzo in Corso Porta Mare a Ferrara – e la villa di campagna, a Voghenza, dove c’era il piccolo teatro nel quale continuò ad esibirsi in forma privata e in concerti di beneficenza. Il marito Galeazzo si spense nel 1902, lei lo seguì il 6 novembre 1920. Un secolo fa.

In occasione del centenario della sua morte, l’amministrazione comunale di Voghiera e la Filarmonica di Voghenza – da sempre legate a Villa Massari e alla cultura musicale del territorio – la ricordano con affetto. «Sono orgoglioso di essere un musicista e di vivere nel paese che ha accolto Maria Waldmann, il suo talento e la sua cultura musicale» spiega Emanuele Ganzaroli, assessore alla Cultura del Comune di Voghiera e clarinettista. «Già nel 2016 la Filarmonica di Voghenza, la Scuola di Musica di Tresigallo e gli alunni della Scuola Media di Voghiera – coadiuvati dall’amministrazione comunale di Voghiera e dall’assessore regionale Patrizio Bianchi – tennero un concerto verdiano a Villa Massari, riaffermando la stretta correlazione tra il compositore e la nostra comunità. Oggi tributiamo i giusti onori a Maria Waldmamm, con l’impegno di dedicarle in futuro un premio speciale rivolto ai nostri giovani: artisti di un Paese in cui l’arte e la cultura devono tornare a essere protagonisti».

Articolo tratto da:

https://www.estense.com/?p=880787 


 Maria Waldmann nei panni di Amneris nell'Aida, Parma, 1872
 


Palazzo Massari
Corso Porta Mare, 9 - Ferrara

 
VILLA MASSARI - VOGHENZA

Il duca Galeazzo Massari Zavaglia fece trasformare il complesso a destra della villa, ex scuderia, in teatro in omaggio alla moglie Maria Waldmann, celebre mezzosoprano austriaco molto apprezzata da Verdi, perché vi potesse esibire per familiari ed amici.

La trasformazione del teatro avvenne dopo il loro matrimonio celebrato nel 1877 in concomitanza del ritiro dalle scene della cantante, avvenuto all’età di appena trentuno anni. Il teatro è stato oggetto di restauro, completato nel 2008.

Decorato con preziosi affreschi raffiguranti la stessa Maria Waldmann, il teatro si presta come ambiente elegante e raccolto per eventi ricettivi, concerti e conferenze e rappresenta un’alternativa piacevole e raffinata dove svolgere l’aperitivo di nozze in caso di maltempo.

 
 
 
 


 
 
 




martedì 13 agosto 2019

VIVIANI FRANCESCO

Francesco Viviani

Nato a Verona il 20 dicembre 1881, morto a Buchenwald (Germania) il 9 aprile 1945, laureato in Lettere e in Giurisprudenza.

ECCIDIO DELLA CERTOSA

ECCIDIO DELLA CERTOSA -FERRARA

11 agosto 1944 e 20 agosto 1944


Eccidio della Certosa - via Borso D’Este 50

Alla Certosa, per rappresaglia dell’uccisione del maresciallo di Pubblica Sicurezza, Mario Villani, vengono fucilate in due diverse occasioni nove persone. L’11 agosto sono assassinati sette antifascisti, fra resistenti e gappisti. Il 20 agosto vengono fucilati altri due resistenti. Questo eccidio rappresentò un durissimo colpo per l’organizzazione partigiana. Alle ore 4,45 dell’11 agosto, dopo efferate torture, furono fucilati da un plotone di esecuzione formato esclusivamente da fascisti: Destino Sivieri Tersillo, nato a Coccanile di Copparo nel 1913 e abitante a Cocomaro di Focomorto, Borgo Marighella; Guido Droghetti, nato a Quacchio nel 1914 e abitante a Pontegradella; Amleto Piccoli, nato a Pilastri di Bondeno nel 1912 e abitante a Ferrara, in via Argine Ducale; Gateano Bini, detto “Mario”, nato a Rero di Formignana nel 1894 e abitante a Ferrara in Borgo San Luca; Guido Fillini, nato a Occhiobello (Rovigo) nel 1898 e abitante a Francolino; Romeo Bighi, nato a Lagosanto nel 1923 e domiciliato a Venezia Lido. Un altro prigioniero, ugualmente destinato alla fucilazione, Jovanti Balestra, riuscì a fuggire e a sopravvivere. La sera del 20 agosto furono uccisi, sempre alla Certosa, Donato Cazzato, originario di Acquariga del Capo (Lecce) dove era nato nel 1922 e residente a Ferrara in via G. Fabbri, e Mario Zanella, nato a Padova nel 1918 e residente a Ferrara. Un altro componente del gruppo, individuato nel corso delle indagini avviate in seguito all’uccisione del Maresciallo di PS Mario Villani da parte di un gappista, fu trattenuto nei locali della Questura di Ferrara e,  sottoposto a feroci interrogatori e torture, si autoaccusò, con molta probabilità senza portarne la responsabilità diretta e materiale, dell’uccisione del Villani. Morì nei locali della Questura, secondo la versione ufficiale per essersi suicidato, con un colpo di pistola, mentre era ammanettato. Si trattava di Mario Bisi, nome di battaglia “Augusto”, nato a Ferrara nel 1911 e abitante fuori Porta Mare. La gran parte dei componenti del gruppo era stato arrestato precedentemente, per azioni e propaganda antifascista svolte nella fabbrica in cui lavoravano come operai, la “Gomma Sintetica”, nucleo originario della Montecatini, poi Montedison, sorta nella zona industriale di Ferrara. Non erano quindi coinvolti nell’uccisione del Maresciallo Villani, la loro esecuzione fu effettuata per rappresaglia. 
 
 


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giovedì 21 marzo 2019

FERRARA - I MARTIRI DEL 1853 - FRAMMENTI DI STORIA


                          


Il 27 maggio 1852, durante la rappresentazione del ballo "La Zingara", il dott. Domenico Malagutti e lo studente di legge Gaetano Ungarelli gettarono dal loggione del teatro Comunale dei manifestini innegganti alla libertà dei popoli. Uno fra i tanti diceva:


Italia - Ungheria
Francia - Spagna - Polonia
infelici nazioni
sperate!
Una miriade di forti e generosi
sorgerà fra non molto vendicatrice.

La polizia austriaca seguita da quella pontificia iniziò subito le perquisizioni. Nella notte tra il 10 e l' 11 luglio perquisirono le abitazioni di sette cittadini i quali vennero arrestati e chiusi in fortezza. Altri arresti vennero eseguiti in seguito e nel dicembre i prigionieri erano ascesi a quarantaquattro.
Il processo finì nel gennaio del 1853. Il 15 marzo il Consiglio di guerra pronunciava dieci condanne a morte per alto tradimento. Dei condannati, sette (Vincenzo Barlaam, Aristide De Luca, Andrea Franchi-Bononi, Francesco Gandini, Camillo Mazza, Giovanni Pareschi e Gaetano Ungarelli) ebbero mutata la pena di morte in quella dei lavori forzati; agli altri tre, invece, fu confermata la condanna a morte e il 16 marzo 1853, alle sette e un quarto antimeridiane, GIACOMO SUCCI, il dott. DOMENICO MALAGUTTI  e LUIGI PARMEGGIANI, in prossimità degli spalti della fortezza, caddero colpiti dal piombo austriaco.

(cfr. Storia di Ferrara di Guido Angelo Facchini e Storia di Ferrara di Renato Jannucci)


La lapide si trova a Ferrara in Via Contrari n. 19

La lapide si trova a Ferrara in Via Boccaleone n. 2

La lapide si trova a Ferrara in Corso Porta Po n. 76/c
La lapide si trova a Ferrara in Piazza Trento-Trieste

Nella Certosa monumentale di Ferrara ci sono le tombe dei martiri:






mercoledì 13 marzo 2019

ANGELINI CASALE ROSA - FRAMMENTI DI STORIA








Angelini Casale Rosa


Nome: Rosa
Cognome: Angelini Casale

Luogo e data di nascita: Ferrara, 13 maggio 1824
Luogo e data di morte: Ferrara, notte fra 3 e 4 ottobre 1891

Attività: Fruttivendola, vivandiera

Luoghi abitati:           Ferrara
Alla nascita in via Ariosto, di fronte al convento di Santa Lucia
Via Boccaleone dal 1872 al 1891

Nel quartiere Giardino-Arianuova di Ferrara i nomi di alcune strade sono dedicati a donne vissute nella città durante l’Ottocento. Una di queste ricorda Rosa Angelini, “patriota”.
Figlia di Francesco e di Daria Freddi, Rosa visse sempre a Ferrara dove teneva un banco di frutta e verdura presso il mercato delle Erbe, nell'attuale piazza Trento-Trieste. Aveva cominciato a lavorare all'età di sette anni, aiutando la madre che teneva un banco di fiori presso il mercato. Nel 1843 sposò Ercole Casale – reduce dal servizio militare presso i Dragoni del Papa Gregorio XVI – che avrebbe lavorato con lei, allo stesso banco di frutta e verdura, per tutta la vita. Ebbe quindici parti, ma solo tre dei figli sopravvissero, due maschi e una femmina, Ginevra, morta all'età di 19 anni.
Rosa visse con entusiasmo i cambiamenti politici che avvenivano nella società ferrarese e festeggiò, come tanti, nel 1861, la proclamazione del Regno d'Italia.
Nel 1866 chiese ed ottenne di partecipare, come vivandiera del 9° Reggimento volontari italiani, alle campagne del 1866, “[…] dando anche prova di coraggio veramente virile e di cuore ben fatto in più di una peripezia”, come si attesta nel fascicolo a suo nome conservato in Archivio Comunale.
Le sue condizioni economiche non furono mai prospere. Lo testimoniano, fra l’altro, alcuni episodi. Nel 1872, insieme al marito, chiese un contributo economico al Comune per sostenere le spese delle cure necessarie al figlio ammalato. E nel 1880 avviò la richiesta, al Ministero della guerra, di un sussidio economico. Nella documentazione allegata alla domanda, Guido Benazzi e Giuseppe Frassoldati, esponenti del Risorgimento ferrarese, dichiaravano che Rosa aveva fatto parte “ quale vivandiera del 9° Reggimento volontari italiani nella campagna del 1866”. E in un certificato di buona condotta, rilasciato dal Comune in data 25 giugno 1882, si legge: “si attesta la povertà della petente”. Il 21 dicembre 1882 il Ministero della guerra restituiva tutta la documentazione scrivendo: “La domanda di sussidio testé inoltrata a questo Ministero dalla fruttivendola Angelini Rosa costì dimorante non può essere favorevolmente accolta poiché, seconde le norme in vigore, la postulante non ha titolo ad ottenere sussidi sul bilancio della guerra. Si prega pertanto V.S. di volerne rendere informata la postulante medesima per opportuna sua norma restituendole gli uniti documenti”.
Il figlio di Rosa, Nemesio, rese omaggio alla madre scrivendo nel dicembre 1911 un breve profilo biografico. La ricorda come una “bella donna, alta e di virile presenza”, molto legata ai figli, tanto che la loro partenza per il Brasile ne affrettarono la morte. Scrive Nemesio: “l'esilio volontario dei figli, fu la causa repentina della sua morte, moriva di crepacuore e di dolore”.
I funerali furono imponenti. Vi parteciparono i reduci garibaldini “con bandiere e fanfare”; sul suo feretro fu posta la camicia rossa con le tre decorazioni che le erano state conferite per i servigi nell'esercito e il relativo berretto rosso; sessanta donne con torce accese precedevano il carro funebre.

La foto e le notizie di cui sopra sono tratte da:
Angelini Casale Rosa - UDI Ferrara

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Per ulteriori notizie: http://www.listonemag.it/2014/06/08/rosa-angelini-tra-leggenda-e-verita/
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Alla sua morte, i ferraresi le dedicarono una lapide tombale che così recita: 
ROSA   ANGELINI
GENEROSA POPOLANA
PRESE PARTE ALLA GUERRA DEL 1866
VIVANDIERA NEL 9° REGGIMENTO
DUCE GARIBALDI
PER ATTI INSIGNI DI VALORE
MILITARE E CIVILE
ONORATA DI TRE MEDAGLIE
MORI IL 4 OTTOBRE 1891
DI ANNI 67

La sua tomba si trova nella Certosa di Ferrara ed è posta di fronte a quelle di Succi, Parmeggiani e Malagutti, i tre patrioti mazziniani fucilati dagli austriaci nel 1853.