giovedì 24 dicembre 2015

Luci






venerdì 18 dicembre 2015

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martedì 15 dicembre 2015

La Settimana Rossa - giugno 1914

Un moto a carattere insurrezionale 
La Settimana Rossa fu un moto a carattere insurrezionale - così scrive Alessandro Luparini in Settimana Rossa e dintorni -  che attraversò l'Italia nel giugno del 1914, alla vigilia del primo conflitto mondiale.
Sette giorni, dal 7 al 13 giugno, durante i quali sembrò che il paese potesse essere travolto dalla rivoluzione.
Tutto ebbe inizio con le manifestazioni antimilitariste indette congiuntamente dalle forze dell'estrema sinistra (socialisti, repubblicani, anarchici, sindacalisti rivoluzionari) per domenica 7 giugno, festa dello Statuto, giorno caro all'Italia monarchica e liberale.
Per sette giorni, dall'8 al 14 giugno del 1914, tutta l'Italia fu attraversata da un forte vento rivoluzionario.


La causa scatenante fu l'eccidio di tre giovani lavoratori avvenuto ad Ancona (clicca per maggiori dettagli)  per l'intervento dei carabinieri contro i manifestanti: due repubblicani Antonio Casaccia di 24 anni e Nello Budini di 17 anni, che morirono all'ospedale, e l'anarchico Attilio Giambrignani, di 22 anni, morto sul colpo.  Episodi tragici di questo tipo erano accaduti sovente in quegli anni. Quello di Ancona fu la goccia che fece traboccare il vaso.  
Socialisti, repubblicani ed anarchici, dopo anni di divisioni e scontri fisici tra di loro, si trovarono, per una volta, uniti.
In tutte le grandi città, dal Nord al Sud d'Italia, ci furono manifestazioni per strada e scontri violenti tra carabinieri e manifestanti con decine di morti, alcuni anche tra le forze dell'ordine. 
Ma solo in Romagna la popolazione credette che fosse giunta "l'ora sbaracuclòna", in altre parole, che la Rivoluzione fosse alle porte.

La sognavano e l'auspicavano i repubblicani che volevano cacciare la monarchia, dopo il fallito tentativo del 1848-49 con la Repubblica Romana instaurata da Mazzini e Garibaldi.

La predicavano da sempre i socialisti che volevano la "dittatura del proletariato" come diceva Karl Marx. La sognavano gli anarchici che con Bakunin volevano abbattere ogni forma di potere: stato, padroni, monarchia, chiesa.


Notizie tratte da:
http://alfonsinemonamour.racine.ra.it/alfonsine/Alfonsine/i_moti_della.htm

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Una storia incredibile della "settimana rossa"
L'11 giugno del 1914 la chiesa di Villanova di Bagnacavallo (Ravenna) è presa d'assalto e l'arciprete Don Claudio Guerra si rifugia nei campi e assiste impotente all'incendio della sua Chiesa. 
A questo punto della storia entra in scena Giacomina Tavolazzi, una bellissima ventunenne, orfana di madre dall'età di sette. Non è sposata, ma è incinta, ed è lei che si impossessa della pisside e la porta con sé ad una cena organizzata dai dimostranti per festeggiare la loro bravata e quando vengono serviti lo stufato e le polpette, apre la pisside e sbriciola le ostie nei tegami. Poi sale sulla tavola e battendosi una mano sulla pancia, urla: "Se è vero, come dicono i preti, che qui (cioè nella pisside, n.d.r.) c'è nostro Signore, che mi mandi un segno in quello che ho nella pancia!"
Urla, battimani e voci sguaiate salutano quella sfida blasfema. Ma non è finita. Giacomina, infatti, sistema la pisside ormai vuota in mezzo alla stanza e dopo essersivi accovacciata sopra la usa come pitale. 
I fatti di Villanova avranno strascichi giudiziari ma tutti verranno assolti e Giacomina, il 3 marzo dell'anno seguente, dà alla luce un bel bambino all' ospedale di Ravenna. La assiste suor Scolastica, una monaca tenera e discreta e quando Giacomina lascia l'ospedale la suorina le consegna questo viatico: "Pregherò sempre per il tuo bambino".
Giacomina è sempre ferma nelle sue idee. Durante la degenza in ospedale aveva rifiutato la comunione ma una volta a casa acconsente che il bambino venga battezzato. Lei però, coerente con le sue idee, non partecipa al rito. Il piccolo viene chiamato Athos Joffre, nomi che richiamano l'eroe di Dumas e un comandante delle truppe francesi della prima guerra mondiale. Così ha voluto il padre, Emidio Rambelli, che morirà al fronte. 
Intanto nella vita di Giacomina cambia qualcosa. Dopo aver espletato alcune pratiche burocratiche decide di chiamare Scolastico suo figlio, in omaggio alla suora che la seguì in ospedale come una madre. 
Giacomina si sposa col giovane Dante Berardi, che riconosce scolastico come figlio. Il matrimonio è celebrato prima in municipio e successivamente proprio nella chiesa di Villanova che pochi anni prima era stata teatro delle azioni sacrileghe. 
Dopo sei anni Giacomina rimane vedova e l'anno seguente si risposa. 
Poi succede l'incredibile perché il piccolo Scolastico entra in  Seminario e il 18 settembre del 1937 viene ordinato sacerdote. 
Giacomina rimarrà accanto figlio e completerà uno straordinario cammino di conversione. Morirà nell'agosto del 1980. Sessantasei anni prima aveva chiesto a Dio un segno per quello che portava in grembo. E " quello che portava in grembo", divenuto sacerdote, avrebbe raccolto il suo ultimo respiro.

Cfr.: Franco Gàbici - Storia illustrata di Ravenna, pag.192 -  Pacini Editore


Giacomina Tavolazzi detta "Mina" ai tempi della Settima Rossa



Athos-Joffre Rambelli
(il futuro don Scolastico)




Don Scolastico a Errano con la mamma Giacomina
e in mezzo la sorella Seconda

La chiesa di Villanova di Bagnacavallo dopo i vandalismi della "Settimana Rossa"


Per saperne di più:

giovedì 10 dicembre 2015

sabato 28 novembre 2015

Rinaldi Antonio - poesie



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lunedì 16 novembre 2015

Avviso

NonnoKucco non invierà più i post di PENSIERI.....E RICORDI - OPINIONS...AND MEMORIES tramite e-mail.
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Ferrara, 17 novembre 1944 - l'eccidio del Doro

LA SCHEDA STORICA
Ferrara, 17 novembre 1944 – Una strage nazista:
 l’eccidio del Doro

(Testo a cura del Museo del Risorgimento e della Resistenza)

Sul finire dell’agosto 1945 – a poco più di quattro mesi dalla Liberazione di Ferrara – nell’immediata periferia della città, nei pressi di Caffè del Doro, vengono disseppelliti i corpi di sette uomini, scomparsi l’anno precedente dopo essere stati prelevati nottetempo dal carcere cittadino, dove erano stati rinchiusi per attività antifascista, in seguito agli arresti avvenuti tra il 7 ed il 26 ottobre 1944.

Si tratta di Mario Agni, Mario Arnoldo Azzi, Giuseppe Franceschini, Gigi Medini, Michele Pistani, Alberto Savonuzzi, Antenore Soffritti, tutti impegnati in prima persona – ed alcuni con incarichi di responsabilità, sia a livello militare che a livello politico – nella Resistenza al nazifascismo.

Arrestati per ordine di Carlo De Sanctis – a capo dell’Ufficio politico della Questura dal luglio 1944 – furono prima portati nelle “camere di sicurezza” di Castello Estense, poi nel carcere di via Piangipane e subirono pesanti interrogatori, per alcuni accompagnati da vere e proprie torture. Vennero infine trucidati dalle SS tedesche, comandate dal maresciallo Pustowka, con un colpo di pistola alla nuca all’alba del 17 novembre dello stesso anno nei pressi di Caffè del Doro, dove erano stati trasportati su un furgone messo a disposizione da De Sanctis e guidato dall’SS italiana Alfredo D’Agostini.

I corpi furono frettolosamente sepolti in una improvvisata “fossa comune”, cioè nel cratere aperto da una bomba e fino al momento del ritrovamento delle salme – a Liberazione avvenuta – sulla sorte degli scomparsi nulla si seppe di certo. Ai familiari – che si erano peraltro visti consegnare gli effetti dei loro congiunti – De Sanctis dichiarò che erano stati prelevati dalle SS e deportati in Germania. Tra coloro che erano rimasti in carcere e negli stessi ambienti della Resistenza – che aveva tentato – in particolare dopo il ritorno a Ferrara del comunista Spero Ghedini, nome di battaglia “Antonio”, come Commissario politico della 35° Brigata partigiana Garibaldi di Ferrara , senza riuscirci, di liberare i sette detenuti , i cui incarichi erano particolarmente nevralgici per l’organizzazione – circolarono voci, mai confermate, di sommarie esecuzioni.

Il processo ai presunti responsabili dell’eccidio – che si tenne nell’immediato dopoguerra – dimostrò senza alcun dubbio che i sette partigiani erano stati trasportati dalle carceri a Caffè del Doro da un drappello di SS comandato dal Maresciallo Pustowka con un furgone messo a disposizione dalla Questura, diretta da Carlo De Sanctis e guidato da un SS italiano, Alfredo D’Agostini.

Post collegato:

Ferrara - Eccidio del Caffè del Doro - 17 novembre 1944



domenica 1 novembre 2015

Ferrara - le mura e i colori dell'autunno

1° novembre 2015.
 Ferrara - le mura e i colori dell'autunno































sabato 17 ottobre 2015

Ferrara - Chiesa di San Romano


La chiesa di San Romano
La facciata della chiesa di San Romano in una foto degli anni Trenta Già esistente nel 990, la chiesa venne amministrata dapprima dai Benedettini dell’abbazia di Fruttuaria, poi dai canonici regolari di Sant’Agostino.

Nel 1287 gli Este, che ne assunsero il patronato nel 1230, avviarono una totale ristrutturazione cui ne seguirà un’altra nel 1407.

Il chiostro presenta una sequenza di colonnine sovrastate da capitelli, i più antichi dei quali risalenti al X secolo. L’antica pavimentazione è tutt’ora esistente e si trova a circa 1,50 metri sotto l’attuale livello.

Nel 1487, Folco d’Este fece ristrutturare la chiesa e il chiostro, sopraelevandoli e aggiungendo sulla facciata e sui prospetti laterali gli elementi decorativi in cotto tuttora visibili.

La chiesa venne nuovamente restaurata alla fine del Cinquecento ed ampliata nel 1619. Fu oggetto di nuove modifiche nel 1754 per volontà del cardinale Crescenzi, il quale fece anche ricostruire l’altare che custodiva il corpo di San Romano.

Nel 1796 la chiesa fu soppressa e passò al Demanio, per poi essere donata, con decreto del 1808, alla Municipalità di Ferrara che la destinò a prigione per i colpevoli di brigantaggio. Nel 1811 fu venduta a privati e da questi adibita a magazzino di ferramenta, uso che mantenne fino all'inizio degli anni Cinquanta del Novecento, benché fosse stata acquistata dal Comune nel 1941 insieme al chiostro.

Il 5 giugno 1944, durante un’incursione aerea, il chiostro, la chiesa e alcuni fabbricati annessi furono bombardati riportando danni gravissimi.

Il chiostro di San Romano negli anni Quaranta Negli anni Cinquanta, la chiesa venne poi completamente liberata dalle costruzioni che si addossavano ai prospetti e restaurata esternamente, mentre il chiostro fu ricostruito tra il 1951 e il 1954.

Negli anni Settanta fu ripulita la facciata, vennero sostituite le strutture lignee del tetto e furono restaurati gli affreschi del XIV secolo presenti all'interno. Nel frattempo, San Romano cominciò ad essere utilizzata come sede espositiva per mostre temporanee; contemporaneamente venne ipotizzata per la prima volta una sua rifunzionalizzazione come sede del Museo della Cattedrale, proposito poi realizzato alla fine del 2000.

Nel 1986 scavi archeologici esterni alla chiesa misero in luce tracce di due piccole absidi semicircolari situate ai lati di quella centrale, poi ricostruite in sede di restauro, e una serie di tombe, a testimonianza dell’utilizzo dell’area come spazio sepolcrale fino al 1514, quando il cimitero attorno alla chiesa fu soppresso.


Il tutto tratto da:

http://www.artecultura.fe.it/1765/la-chiesa-di-san-romano

Link: Abbazia di Fruttuaria



Foto N.K.

Particolare - foto N.K.





lunedì 12 ottobre 2015

Le Contane - Ristorante

Ci siamo recati con Giu., Gio., Tin. e Ser. al Ristorante Le Contane per festeggiare il compleanno di Tin. e abbiamo appreso che dal 15 ottobre al 29 novembre ci sarà il Festival della Salama da sugo al cucchiaio e del Suino:








Un appuntamento da non perdere.