Andrea s'è perso S'è perso E non sa tornare Andrea s'è perso S'è perso E non sa tornare Andrea aveva Un amore Riccioli neri Andrea aveva Un dolore Riccioli neri
C'era scritto sul foglio Ch'era morto Sulla bandiera C'era scritto e la firma Era d'oro Era firma di re Ucciso sui monti Di Trento Dalla mitraglia Ucciso sui monti Di Trento Dalla mitraglia
Occhi di bosco Contadino del regno Profilo francese Occhi di bosco Soldato del regno Profilo francese E Andrea ha perso Ha perso l'amore La perla più rara E Andrea ha in bocca Ha in bocca un dolore La perla più scura
Andrea raccoglieva Raccoglieva violette Ai bordi del pozzo Andrea gettava Riccioni neri Nel cerchio del pozzo Il secchio gli disse Gli disse: "Signore Il pozzo è profondo Più fondo del fondo Degli occhi Della notte del pianto" Lui disse: "Mi basta Mi basta che sia Più profondo di me" Lui disse: "Mi basta Mi basta che sia Più profondo di me"
Johannes Gutenberg nacque a Magonza dal mercante Friele (Friedrich) Gensfleisch zur Laden, nato intorno al 1350, e da Else Wyrich, che Friedrich aveva sposato in seconde nozze nel 1386. Non si conosce la data certa della nascita di Johannes, ma è citato come maggiorenne in un documento del 1420. Gli studiosi hanno pertanto collocato la sua nascita tra il 1393 e il 1403 (come data simbolica per la nascita di Johannes Gutenberg è stato preso il 1400).
Il nome "zum Gutenberg" deriva dall'edificio "nella corte Gutenberg"
(oggi in Christophstraße 2) in cui la famiglia si trasferì.
I Gensfleisch erano una delle famiglie patrizie della città, addetti alla lavorazione del metallo e del conio. Nel 1430 Johannes Gutenberg decise di trasferirsi a Strasburgo per motivi politici, e qui lavorò come apprendista orafo, occupandosi in particolare del conio delle monete.
Il procedimento di stampa
La stampa a caratteri mobili è una tecnica di stampa basata sull'uso di elementi mobili per riprodurre testi su un supporto di carta. Fu inventata in maniera indipendente in Cina e in Europa. Venne introdotta per la prima volta in Cina attorno al 1041 dall'inventore Bi Sheng, che ideò caratteri in terracotta; in Europa nel 1453-55, dal tedesco Johannes Gutenberg, che realizzò caratteri in metallo.
Per quanto riguarda l'Europa, la lega tipografica di Gutenberg era formata da piombo, antimonio e stagno, raffreddava velocemente e resisteva bene alla pressione esercitata dal torchio. Il torchio tipografico usato per la stampa era derivato dalla pressa a vite impiegata per la produzione del vino: esso permetteva di applicare efficacemente, e con pressione uniforme, l'inchiostro sulla pagina.
La tecnica tipografica di Gutenberg consisteva nell'allineare i
singoli caratteri in modo da formare una pagina, che veniva cosparsa di
inchiostro e pressata su un foglio di carta. L'innovazione stava nella
possibilità di riutilizzare i caratteri. Con la tecnica precedente, cioè
la xilografia
(da cui il torchio xilografico), le matrici di stampa venivano ricavate
da un unico pezzo di legno, che poteva essere impiegato solo per
stampare sempre la stessa pagina, finché non si rompeva la matrice, cosa
che accadeva molto spesso.
Questa tecnica si rivelò di gran lunga migliore rispetto ai procedimenti tradizionali e si diffuse in pochi decenni in tutta Europa:
solo 50 anni dopo erano stati stampati già 30 000 titoli per una
tiratura complessiva superiore ai 12 milioni di copie. Il primo testo fu
la Bibbia a 42 linee,
cioè 42 righe per pagina, con il testo stampato su due colonne. I libri
stampati con la nuova tecnica tra il 1453-55 e il 1500 vengono chiamati
incunaboli.
Maria Tecla Artemisia Montessori, nota come Maria Montessori è stata una pedagogista, educatrice e medico italiana, internazionalmente nota per il metodo educativo che prende il suo nome, adottato in migliaia di scuole dell'infanzia, elementari, medie e superiori in tutto il mondo. Fu tra le prime donne a laurearsi in medicina in Italia.
Le notizie su Maria Montessori sono tantissime e chi vuole approfondire e conoscere può accedere al sito:
Il metodo Montessori è un sistema educativo che si basa sull'indipendenza e sulla libertà di scelta del bambino, che mira a favorire lo sviluppo di un senso di responsabilità e di consapevolezza da parte dello studente, anziché imporre dall'alto percorsi formativi standardizzati e con tappe predefinite.
Ha introdotto l'importanza dell'osservazione diretta dei bambini nel processo educativo.
Ha sviluppato un metodo pedagogico che pone l'insegnante come
osservatore e guida anziché come il detentore del sapere. Questo
approccio all'osservazione ha contribuito a gettare le basi per la
moderna psicologia dello sviluppo.
Maria Montessori ebbe un rapporto complesso e ambivalente con il regime fascista.Inizialmente,
il regime appoggiò il suo metodo educativo, vedendolo come strumento
per risolvere l'analfabetismo e promuovere l'idea di un'educazione
nazionale.Tuttavia,
con il tempo, le posizioni ideologiche di Montessori, in particolare
quelle pacifiste e legate alla libertà dell'individuo, entrarono in
conflitto con la visione totalitaria del fascismo.Questo
contrasto portò, nel 1933, alla sua decisione di lasciare l'Italia e al
successivo scioglimento delle sue scuole e del suo centro di formazione
a Roma.
Mario Montessori: la storia difficile del figlio di Maria Montessori.
Chi era Mario Montessori?
Mario Montessori nacque il 10 marzo 1898 dalla
relazione della madre, Maria Montessori, con un collega, Giuseppe
Montesano, Mario Montessori venne partorito di nascosto perché la madre,
essendo nubile, al tempo avrebbe creato uno scandalo.
Il padre, Giuseppe Montesano considerato uno dei fondatori della psicologia e della neuropsichiatria infantile italiana, era l’insegnante di psichiatria
della madre durante i suoi studi medici. Maria dunque tenne la
gravidanza segreta e partorì il figlio fuori da occhi indiscreti, ma non
potendolo allevare in quanto la famiglia del marito faceva molte
pressioni, lo affidò a una famiglia che viveva in una fattoria e lo
crebbe lontano da pettegolezzi che avrebbero compromesso la sua carriera e la sua vita. Maria andava a trovarlo una volta alla settimana e nel tempo che trascorreva con lui gli insegnava tante cose.
Dopo la morte della sua madre adottiva, Mario, ormai quattordicenne,
andò a vivere con la madre naturale, senza mai sapere la verità. Il
giovane sapeva di essere un nipote della Montessori e non ebbe mai il
sospetto che lei fosse in realtà la madre naturale. Nel 1915 partì con
lei per gli USA: in quell’occasione la donna doveva spiegare e
dimostrare il suo Metodo alla Panama-Pacific International Exposition di
San Francisco. Impressionato dall’America, Mario decise di rimanere e
neanche quando la madre fece ritorno in Europa per la morte del padre
riuscì a convincersi a tornare.
Appena diciannovenne Mario sposò Helen Cristie
e insieme con lei partì per vivere in Spagna, dove ebbero quattro
figli. Successivamente Mario decise di divorziare e tenere però i suoi
figli, ai quali garantì una vita decorosa. Dopo qualche tempo Mario
sposò una ragazza olandese, ma non lasciò più la madre e continuò a
seguirla nei suoi numerosi viaggi.
Mario decide di dedicarsi alla pedagogia ed al metodo
Negli anni, infatti, era cresciuto l’interesse di Mario per il lavoro
della madre ed era diventato anche lui un pedagogo, intervenendo anche
con iniziative come quella di trasformare il Metodo di Maria in
Association Montessori Internazionale (AMI).
Anche lui dedicò tutta la sua vita alle iniziative intraprese dalla
madre e con lei durante l’età adulta. Non ebbe grandi ispirazioni Mario,
aveva dietro una madre che era stata creatrice e ideatrice di un
sistema che l’aveva portata a diventare richiestissima ovunque, contesa
tra premi e riconoscimenti, e aperture di nuove scuole sempre con il suo
Metodo.
Nel 1929 fondò insieme alla madre l’Associazione Internazionale
Montessori per preservare, diffondere e promuovere i principi e le
pratiche delle scuole Montessori e del metodo montessori.
L’avvento del fascismo e il rifiuto dei Montessori
Dopo la rottura con il regime italiano e quindi con Mussolini, Mario e la madre si trasferirono in Olanda,
al 161 Koninginneweg, ad Amsterdam. In questa casa, acquistata da Mario
e dalla madre prima del loro ritorno dall’India vissero fino alla
morte.
Mario aiutò in seguito la madre anche dopo la sua morte nel divulgare il metodo Montessori
Anche dopo la morte della madre, avvenuta nel 1952, Mario prese parte
attivamente alle iniziative dell’associazione creata molti anni prima e
continuò la sua opera prodigandosi sempre per il bene dei bambini.
Ad oggi la casa funge da museo ed è piena di documenti, libri,
articoli e materiale Montessori che testimoniano la grandezza della sua
opera. Mario Montessori morì il 10 febbraio 1982 a causa di
un’improvvisa malattia all’ospedale di Amsterdam all’età di 82 anni.
La sua vita molto difficile
Anche se in principio il ragazzo, quando la madre lo portò a vivere
con sé, non sapeva che fosse la sua madre naturale, probabilmente c’era
qualcosa che comunque lo attirava verso quella donna, che sentiva essere
più di una zia.
Nonostante tutto, la seguì ovunque e la aiutò a propagare
nel mondo il suo metodo di insegnamento che era rivolto ai bambini e
che ha esportato in tutto il mondo. Oltre che una grande pedagogista, la
Montessori fu anche una attiva sostenitrice delle battaglie per l’emancipazione femminile,
per il riconoscimento dei diritti delle persone con deficit, dei poveri
e degli sfruttati. Avere una madre così energica e sostenitrice dei
propri ideali forse a quel tempo doveva essere parecchio ingombrante,
tuttavia Mario non ebbe scelta.
Quando seppe che Maria era la sua vera madre in principio ebbe come
una sorta di avversione verso di lei, che lo aveva tenuto nascosto per
tanto tempo, e quando invece lo riconobbe pubblicamente per Mario fu
come una sorta di liberazione da quella ambiguità in cui aveva vissuto
per tanto tempo. Purtroppo l’unico momento in cui lo indicò come “mio
figlio” fu nel testamento che lasciò alla sua morte, in cui affida a
Mario il compito di continuare la sua opera.
Cosa che Mario fece, forse succube di quella madre dalla personalità
poliedrica, severa e dolce al tempo stesso, materna e inflessibile,
moderna e anche trasgressiva, pronta a sfuggire a qualsiasi gabbia o
legame che le impedisse di raggiungere i suoi obiettivi. Ma fu proprio
il figlio l’oggetto dei suoi studi, e grazie a lui scaturirono dalla
mente le sue idee più geniali.
La
grande isola della Groenlandia è un territorio danese autonomo situato
tra l’oceano Atlantico del Nord e l’oceano Artico. La sua superficie
terrestre è ricoperta prevalentemente di ghiaccio e la maggior parte
dell'esigua popolazione vive lungo la costa, nei fiordi liberi da
ghiacciai, soprattutto nella zona sud-ovest. Per via della posizione
geografica, ancora più a nord del Circolo polare artico, la Groenlandia è
caratterizzata da fenomeni naturali come il sole di mezzanotte in
estate e l'aurora boreale in inverno.
Capitale:Nuuk
Popolazione:56.865 (2023)Banca Mondiale
Continente:America del Nord
Area:2.166.000 km²
Lingua ufficiale:Groenlandese
Prodotto interno lordo:3,236 miliardi USD (2021)Banca Mondiale
La Groenlandia (in groenlandeseKalaallit Nunaat, lett. "terra dei Kalaallit"; in daneseGrønland, lett. "terra verde") è un'isola collocata nell'estremo nord dell'oceano Atlantico tra il Canada a sud-ovest, l'Islanda a sud-est, l'Artide e il mar Glaciale Artico a nord. Con circa 0,03 ab./km², è la nazione meno densamente popolata della Terra.
È un territorio appartenente al Regno di Danimarca, che comprende anche la Danimarca continentale e le isole Fær Øer. Confina con il Canada, dal 2022, sull'isola Hans. La Groenlandia fu una delle colonie della Corona Norvegese fino al 1814, quando passò sotto il controllo della Danimarca; nel 1953 divenne parte del regno danese attraverso la formula dell'unione personale. Nel 1979 all'isola venne concesso l'autogoverno (hjemmestyre) dal Folketing (il Parlamento danese) mediante una legge approvata nel 1978.
In seguito al referendum del 2008, sono state trasferite al governo locale le competenze in ambito legislativo, giudiziario e nella gestione delle risorse naturali.[2][3][4]
Il referendum, seppure oggetto di critiche e non vincolante per il
parlamento danese, è stato riconosciuto da quest'ultimo e la sua
applicazione è divenuta effettiva il 21 giugno 2009, costituendo un
passaggio importante verso l'indipendenza.[5][6][7][8]
La Danimarca mantiene ancora il controllo su finanze, politica estera e
difesa militare e provvede a un sussidio annuale (circa 3,4 miliardi di
corone, pari al 30% del PIL per il 2008).[9]
"Nella notte fra il 14 e il 15 novembre 1951 il fiume Po ruppe gli
argini. Tre grosse falle, aperte quasi contemporaneamente nell’argine
sinistro nel comune di Occhiobello,
scaricarono nel Polesine, in provincia di Rovigo, due terzi dell’intera
portata del grande fiume. Un camion con a bordo un centinaio tra uomini
donne e bambini, raccolti nelle campagne dei comuni di Fiesso e
Frassinelle con l’obbiettivo di portarli in salvo, si trovò invece
bloccato dall’acqua che saliva velocemente sino a raggiungere il motore,
che si spense. Nella notte fredda l’acqua continuò a salire e inutili
furono le grida di aiuto. Le vittime furono 84 i superstiti 14.
L’episodio è passato alla storia come il camion della morte” (G.Maragna).
(Testo)
QUI L’ALBA DEL 15 NOVEMBRE 1951 LA FURIA DELLE ACQUE DILAGANTI NEL POLESINE STRONCO’ 84 VITE UMANE LA PIETA’ DEI VIVENTI QUESTO MARMO ERESSE OMAGGIO ALLE VITTIME INNOCENTI RICORDO DOLORANTE DELL’IMMANE SCIAGURA PROMESSA DI AMORE E BONTA’ CHE UNISCA LE GENTI COME ALLORA LE UNI’ LA SOLIDARIETA’ DEI COLPITI
All'inizio degli anni Cinquanta del XX secolo Giovanni Battista Giuffrè, ex impiegato in una banca di Imola, aveva iniziato a occuparsi, per conto di enti ecclesiastici, della ricostruzione di chiese o conventi danneggiati dalla seconda guerra mondiale. L'ex cassiere cominciò ad amministrare denaro per conto di parrocchie, istituti religiosi, ma anche privati cittadini in Romagna, promettendo tassi di interesse altissimi, che oscillavano dal 70% al 100%.
Presentando come garanzia di affidabilità le sue amicizie con gli
ambienti religiosi (per questo fu poi soprannominato "il banchiere di
Dio") e contando su alcune connivenze negli ambienti politici e nel
sistema bancario, Giuffrè riuscì inizialmente a rastrellare ingenti
somme di denaro. L'ex impiegato rimborsava effettivamente gli altissimi
tassi di interesse, contribuendo in tal modo a pubblicizzare e rendere
molto appetibile la sua raccolta, che così si estese rapidamente anche
in altre regioni.
In realtà Giuffrè non investiva il denaro raccolto in attività
finanziarie, ma si limitava a rimborsare gli alti tassi di interesse
semplicemente utilizzando il denaro raccolto successivamente presso
altri risparmiatori, secondo il classico meccanismo dello "Schema di Ponzi".
Quando un certo numero di risparmiatori, sospettando la truffa,
iniziarono a chiedere il rimborso e Giuffrè non fu in grado di
rimborsarli, gli ultimi entrati nella raccolta persero il loro denaro e
la truffa fu scoperta. Nel marzo 1957 Giuffrè fu interrogato dalla Guardia di Finanza.
La sua attività continuò fino all'agosto dell'anno seguente, quando scoppiò il caso. Tra i più colpiti ci furono i francescani dell'Ordine dei Frati Minori, che persero una cifra enorme. Mentre chi ne profittò furono i frati Cappuccini,
i primi ad essere contattati da Giuffrè e a fare i primi versamenti per
poi averne subito enormi profitti. Essi fecero propaganda tra gli altri
Ordini maschili e femminili. I Frati Minori furono gli ultimi a versare
i loro risparmi, anzi chiesero prestiti anche alle banche e a parenti
privati, prestiti che poi non poterono restituire. Per anni e anni
rimasero indebitati. Papa Giovanni XXIII
poi creò una commissione cardinalizia perché si occupasse della
vicenda, per tentare di mitigare in qualche modo lo scandalo. Si trattò
di un caso che, all'epoca, suscitò notevole clamore, scosse l'opinione pubblica e provocò anche un terremoto politico. Nel processo che ne seguì, infatti, furono chiamati in causa il ministro delle Finanze Luigi Preti e il suo predecessore Giulio Andreotti; si istituì anche una commissione parlamentare d'inchiesta.
In definitiva il clamore del caso Giuffrè contribuì a far
introdurre in Italia, negli anni seguenti, una più severa normativa
sulla raccolta di risparmio, che, a partire dagli anni sessanta infatti, non fu più concessa a soggetti non autorizzati dalla Banca d'Italia e dagli organi istituzionali di controllo del sistema bancario.
(Roma, 15 ottobre 1608 – Firenze, 25 ottobre 1647 - 39 anni) è stato un matematico e fisico italiano.
Torricelli nacque a Roma (ma, fino al 1987, si è ritenuto che fosse nato a Faenza) da genitori romagnoli, Gaspare Ruberti, un tessitore originario di Bertinoro (nell'odierna provincia di Forlì-Cesena), e Giacoma Torricelli, originaria di Faenza. Rimase orfano in tenera età e trascorse l'infanzia e l'adolescenza a Faenza, dove fu iniziato allo studio dallo zio materno, Gian Francesco Torricelli (Don Jacopo, monaco camaldolese), parroco di S. Ippolito, che curò la sua educazione primaria. Frequentò poi la scuola dei Gesuiti, prima a Faenza e quindi a Roma, dove si avvicinò agli studi di matematica, che approfondì sotto la guida di Benedetto Castelli (1577-1644), padre benedettino, rinomato professore di matematica e idraulica al Collegio della Sapienza, e illustre discepolo di Galileo.
L'11 settembre del 1632 Evangelista Torricelli ebbe contatti epistolari con Galileo Galilei
(Pisa, 15 febbraio 1564 – Arcetri, 8 gennaio 1642 - 78 anni). Il 10 ottobre 1641 Torricelli divenne assistente di Galileo, assieme a Vincenzo Viviani, e su domanda e insistenza di Galilei si trasferì nella sua abitazione.
Galileo morì pochi mesi dopo (l'8 gennaio del 1642). Alla sua morte, il granduca Ferdinando II de' Medici nominò Torricelli suo successore come matematico del Granducato di Toscana, carica che ricoprì fino alla morte, e divenne professore di matematica presso l'Accademia fiorentina.
Oltre all'attività di matematico e studioso di geometria, nel corso della quale elaborò diversi importanti teoremi e anticipò il calcolo infinitesimale, egli si dedicò alla fisica, studiando il moto dei gravi e dei fluidi e approfondendo l'ottica.
Possedeva un laboratorio nel quale realizzava egli stesso lenti e
telescopi. A causa della sua prematura scomparsa, non conosciamo i
particolari del processo originale di lavorazione, poiché lo scienziato
lo aveva coperto da segreto.
Torricelli si dedicò anche allo studio dei fluidi, giungendo a inventare il barometro a mercurio,
chiamato "tubo di Torricelli" o "tubo da vuoto di Torricelli", prima
della fine del 1644. Tale invenzione era basata nella misurazione della
pressione atmosferica attraverso l'uso di un tubo che, proprio sotto la
spinta di tale pressione, veniva riempito dal mercurio fino all'altezza
di 760 mm (esperimento effettuato sul livello del mare). Proprio da
questa invenzione è nata l'unità di misura della pressione "millimetri
di mercurio" (mmHg) e l'uguaglianza: 1 atm
= 760 mmHg (la pressione di un'atmosfera corrisponde a 760 millimetri
di mercurio). Nello stesso anno pubblicò l'opera in tre parti dal titolo
Opera geometrica, della quale De motu gravium costituisce la seconda parte.
Torricelli morì a Firenze a 39 anni, probabilmente pochi giorni dopo aver contratto una malattia (tifo oppure polmonite), e venne sepolto nella basilica di San Lorenzo.
Ponticelli di Malalbergo è una piccola frazione della bassa
bolognese a metà strada fra Bologna e Ferrara. In passato, durante la
resistenza, è stata luogo di numerosi scontri fra antifascisti e camicie
nere.
Questo piccolo borgo che a metà degli
anni ’40 contava poco più di 500 abitanti pagò con la vita di 28
partigiani il suo rifiuto a collaborare e ad appoggiare la neo-nata
repubblica si Salò
Al termine della guerra molti degli
abitanti, per la maggiorparte contadini e braccianti, costruirono nel
tempo libero dal lavoro una Casa del Popolo, dove poter collocare la
sede del PCI e poter svolgere numerose attività culturali e ludiche
rivolte a tutta la popolazione.
Proprio in quegl’anni nacque la storica
Festa dell’Unità che si svolse per anni nel parco pubblico antistante la
Casa del Popolo e che diventò in breve tempo luogo di incontro per
numerosi antifascisti della zona.
L’associazione Primo Moroni
Nel 1991 nasce il Partito della
Rifondazione Comunista tentando di raccogliere una larga fetta dei
militanti dell’ormai defunto PCI, delusi dalla trasformazione del più
grande partito comunista d’Europa in un partito riformista.
Proprio in quegl’anni diversi compagni
provenienti da Ponticelli e dintorni decidono di recuperare la storica
festa dell’Unità che non si svolgeva ormai da anni. Attraverso il
sodalizio con Rifondazione Cumunista vengono presi in affitto alcuni
locali della Casa del Popolo per poter svolgere riunioni e stivare la
attrezzature e la storica festa di Ponticelli diventa per un breve
periodo Festa di Liberazione.
Nel Maggio 1998, a seguito di numerose
divergenze e perplessità sulle scelte e sulle pratiche politiche del
PRC, il gruppo di Ponticelli decide di uscire dal partito e di
costituirsi in associazione dichiarando di voler dirigere più
liberamente le proprie scelte e di volersi staccare radicalmente dalla
nauseabonda politica degli interessi particolari.
La dirigenza del partito volentieri ci accompagna alla porta.
Primo Moroni
L’associazione viene intotolata a Primo
Moroni, defunto qualche settimana prima a Milano. Primo Moroni viene
scelto come il simbolo di quello che l’associazione intendeva realizzare
attraverso le sue attività. La libreria Calusca di Milano, di cui Primo
era il fondatore e curatore, era un vero e proprio punto di incontro
per tutte le varie componenti di quella sinistra extra-parlamentare e
non, veriagata e spesso divisa.
L’associazione Primo Moroni si pose e
continua a porsi come obbiettivo principale proprio quello di essere il
punto d’incontro di individualità diverse e differenti ma conciliabili
da alcuni elementi comuni: le radici antifasciste della nostra storia,
la battaglia allo sfruttamento neoliberista del lavoro, la salvaguardia
del territorio dalle devastazioni urbanistiche e industriali.
Nella seconda metà degli anni ’90 il
Partito dei Democratici di Sinistra, erede del defunto PCI, affogato dai
debiti del suo quotidiano l’Unità, decide di vendere parte del suo
patrimonio immobiliare. Vengono così gettate sul mercato privato tutte
quelle le Case del Popolo, costruite grazie al sudore e alla fatica
della gente comune, di cui il partito era diventato proprietario. La
Casa del Popolo di Ponticelli non fa eccezione a questa vergognosa
svendita di un patrimonio collettivo.
L’associazione si propone come
potenziale acquirente dell’immobile, motivando il suo legittimo diritto a
diventare il naturale successore di una storia e una tradizione di
gestione collettiva e condivisa dello stabile in questione. La casa del
Popolo era del popolo e doveva rimanere tale.
Il Pds, facendo orecchie da mercante,
vende l’immobile ad un privato che lo trasforma in un bar-ristoante come
tanti altri. L’associazione Primo Moroni, decisa a continuare la
pripria attività nella borgata in cui era ormai radicata, decide
impegnarsi con un mutuo di 15 anni nell’acquisto di un vecchio
essiccatoio del riso dell’800. Nel Dicembre 2000 viene così fondata la
Nuova Casa del Popolo di Ponticelli, proprio a pochi metri di fronte
alla vecchia.
LE FESTE SON FINITE .......... MA SEI HAI ANCORA VOGLIA DI UN BUON COTECHINO......
Salumificio Magnoni
Tradizione di famiglia
Il Salumificio Magnoni lavora ogni giorno carni suine
fresche provenienti da circuiti di allevamento DOP. Vengono
quotidianamente selezionati i tagli classici della macelleria italiana
per soddisfare i rivenditori di carne ed i produttori di salumi.
Dopo
anni di sola macellazione l’attività del Salumificio si è spostata
sulla produzione di salumi. Seguendo l’evoluzione del mercato, ci siamo
dotati degli strumenti per dare maggiori garanzie possibili ai
consumatori. Utilizziamo suini DOP per le produzioni tipiche.
Il primo giorno del weekend, il 21
dicembre, segna il solstizio d'inverno, che porta con sé il giorno più
corto e la notte più lunga dell'anno.
Il 21 dicembre 2024 segna l'arrivo del solstizio d'inverno che porta con sé il giorno più corto e la notte più lunga dell'anno. Si tratta del giorno che segna il momento di transizione tra l'autunno e l'inverno ed è caratterizzato dalla giornata più breve dell'anno.
Cos'è il solstizio d'inverno e quando ricade nel 2024
Il solstizio d'inverno è una celebrazione della luce e della rinascita simbolica del sole. Dal punto di vista scientifico con il solstizio di inverno si intende il periodo dell'anno in cui la Terra è alla sua inclinazione più estrema verso o lontano dal sole.
L'inclinazione significa che gli emisferi settentrionale e meridionale
ricevono quantità di luce solare molto diverse, e giorni e notti sono al
massimo della loro disuguaglianza.
Per questo motivo durante il
solstizio invernale dell'emisfero settentrionale, la metà superiore
della Terra è inclinata lontano dal sole, creando il giorno più corto e
la notte più lunga dell'anno. Nel 2024 il solstizio d'inverno ricade nel primo giorno del weekend, il 21 dicembre che porta con sé il giorno più corto, ma anche la notte più lunga dell'anno.
Da domenica 22 dicembre, le giornate inizieranno ad allungarsi un p0'
nell'emisfero settentrionale, ogni singolo giorno fino a fine giugno.
L'aumento della luce del giorno sarà poco nei primi giorni, solo una
questione di secondi al giorno, ma crescerà costantemente fino a quando
la luce del giorno si espanderà di tre minuti ogni giorno a marzo.
Solstizio d'inverno, perché le date variano?
Le date dell'equinozio e del solstizionon sono sempre uguali a
causa dell'orbita ellittica della Terra attorno al Sole. Durante gli
equinozi di primavera e autunno, l'asse terrestre e la sua orbita si
allineano in modo tale che gli emisferi ricevano la stessa quantità di
luce solare. Durante l'equinozio, invece, giorno e notte durano quasi la
stessa quantità di tempo. Mentre i solstizi danno il via all'estate e
all'inverno, gli equinozi segnano l'inizio della primavera e
dell'autunno.
La data degli equinozi e dei solstizi
varia perché un anno nel moderno calendario gregoriano non corrisponde
esattamente alla durata del tempo che impiega la Terra a completare
un'orbita attorno al Sole. Cosa significa? La tempistica degli equinozi e
dei solstizi si allontana lentamente dal calendario gregoriano e il
solstizio avviene circa sei ore dopo ogni anno. Il ritardo diventa così
grande da cadere sempre in una data diversa. Per riallineare il
calendario all'orbita terrestre, viene introdotto un giorno in più nell'anno bisestile ogni quattro anni (il 29 febbraio). Quando questo accade, le date degli equinozi e dei solstizi tornano alla data precedente.
Gaetano Bresci (Prato, 10 novembre 1869 - Isola di Santo Stefano, 22 maggio 1901), è stato un anarchico italiano, condannato all'ergastolo per aver messo in atto un'azione diretta (definito dallo stesso Bresci «UN FATTO») contro il Re Umberto I, colpito a morte da alcune pistolettate la sera di domenica 29 luglio 1900 a Monza.
Negli ultimi anni del XIX secolo, l'Italia fu attraversata da un'ondata
di proteste sociali e disordini politici. Le elezioni del 1897 videro un
notevole rafforzamento dei socialisti, dei radicali e dei repubblicani,
e il malcontento popolare esplose nei moti di Milano del 1898, durante i quali il generale Bava Beccaris
ordinò di aprire il fuoco sulla folla, causando centinaia di morti. La
repressione che ne seguì portò all'arresto di numerosi esponenti
socialisti e alla chiusura dei giornali e delle sedi dei partiti operai.
Questo periodo di forte tensione culminò con il regicidio di Umberto I nel 1900, per mano dell'anarchico GaetanoBresci,
che volle vendicare le vittime della repressione milanese. La morte di
Umberto I segnò la fine di un'epoca e aprì la strada a un nuovo corso
politico con l'ascesa al trono di Vittorio Emanuele III e la nomina di Giuseppe Zanardelli
come presidente del Consiglio, accompagnato da Giovanni Giolitti come
ministro dell'Interno, inaugurando una nuova fase caratterizzata da un
maggiore impegno verso le riforme sociali e una gestione più democratica
del potere.
Gioacchino (Nino) Bonnet, nato il 26 luglio 1819 da
Augustin Stephan e da Barbara Guggi, è stato un famoso patriota italiano
Il padre, originario di Marsiglia, era giunto a
Comacchio nel 1811 per occuparsi della direzione delle saline lagunari
in occasione del loro ammodernamento in pieno periodo napoleonico.
Acquisita una piccola proprietà terriera e nominato consigliere comunale
nel 1839, Agostino Stefano si era infine inserito a pieno titolo
nell'ambiente del notabilato locale politicizzatosi in senso radicale.
Dato il particolare contesto ambientale e familiare, non fu dunque un
caso se Gioacchino, che in precedenza aveva aderito alla Giovane
Italia, fra la fine del 1847 e l'inizio del 1848, si rivelò una delle
personalità di punta del locale movimento risorgimentale. La venuta a
Comacchio dei lancieri di Masini per sollecitare gli arruolamenti
volontari il 3 novembre 1848 e, concordato direttamente con il Bonnet a
Ravenna, dello stesso Garibaldi il giorno 18 successivo, divenne subito
un potente fattore di mobilitazione patriottica in città. La sera
stessa, avuta notizia dell'assassinio di Pellegrino Rossi, Masini e suoi
lancieri si imbarcarono a Magnavacca. Insieme a loro partivano undici
volontari comacchiesi, fra i quali due fratelli dello stesso Bonnet,
Raimondo e Gaetano, quest'ultimo destinato a cadere in difesa di Roma
l'anno successivo.
Dopo la Caduta della Repubblica Romana, la notte del 3 agosto 1849 le
tredici imbarcazioni salpate da Cesenatico che trasportavano Garibaldi e
i suoi in viaggio verso Venezia furono intercettate dalle navi
austriache e il mattino seguente due bragozzi prendevano terra sulla
costa, allora pressochè disabitata, tra Magnavacca e il Volano.
La maggior parte di loro si disperse nell'entroterra per essere poi
catturata nei giorni seguenti dagli austriaci: non così Garibaldi, Anita
e Giovan Battista Culiolo (Leggero), che furono messi in salvo da
Bonnet, accorso sentiti i cannoneggiamente sul mare. Le vicende della
"trafila garibaldina" segnalano una forte catena di sostegni e
solidarietà popolare senza la quale il salvataggio di Garibaldi sarebbe
stato obiettivamente irrealizzabile. Partecipò a numerose campagne
militari e per l'eroismo dimostrato in particolare a Milazzo e al
Volturno nel 1860 ebbe la medaglia d'argento al valor militare e la
promozione a tenente colonnello di stato maggiore.
Nino Bonnet, che sarà poi eletto sindaco della sua città natale nel
1877, morì a Magnavacca (dal 1919 Porto Garibaldi, in memoria) il 31
dicembre 1890.
La sua partecipazione al salvataggio di Garibaldi viene ricordata nel
volume autografo Lo sbarco di Garibaldi a Magnavacca. Episodio storico
del 1849.
(Cento, 12 agosto 1801 – Bologna, 8 agosto 1849) (anni 48)
Patriota e religioso italiano del Risorgimento, si chiamava in realtà
Giuseppe, ma adotta il nome di Ugo in onore al poeta Foscolo. Nasce a
Cento di Ferrara il 12 agosto 1801 da Luigi Sante impiegato della dogana
pontificia e da Felicita Rossetti, di S. Felice sul Panaro, cameriera.
Adolescente durante l'età napoleonica, studia nel collegio Barnabita di
Bologna ed in questo momento si avvicina verso gli ambienti culturali
liberali. Rimane affascinato dal Proclama che Gioacchino Murat
lancia da Rimini nel 1815, parlando per la prima volta di una Italia
libera e unita. Fugge dal collegio per arruolarsi, ma per la giovane età
viene rifiutato. Dopo gli studi a Bologna, Napoli e Roma, nel 1821
pronuncia i voti nella città capitolina. Uomo di grande cultura diviene
famoso e ricercato predicatore, ma spesso si scontra con le gerarchie
ecclesiastiche a causa delle sue denunce sui mali della società e alle
tematiche patriottiche che sempre inserisce nei suoi discorsi.
Nel
1848 senza esitazione si unisce ai volontari che partono per combattere
nella Prima Guerra di Indipendenza contro l'Austria per poter offrire
il suo appoggio morale, ed a Treviso viene ferito e poi portato a
Venezia, dove sosterrà la Repubblica di San Marco. Nel 1849 è a Roma,
dove assiste alla nascita della Repubblica Romana e viene nominato
cappellano della Legione di Garibaldi. Così Bassi
descrive l'incontro con l'Eroe dei Due Mondi: "Garibaldi è l'eroe più
degno di poema, che io sperassi in vita mia di vedere. Le nostre anime
si sono congiunte come se fossero state sorelle in cielo prima di
trovarsi nelle vie della terra". A seguito della caduta della Repubblica
Romana fugge verso Venezia con Garibaldi, Anita, Francesco Nullo,
Ciceruacchio, Giovanni Livraghi e gli altri volontari che seguirono il
Generale alla volta di Venezia. Arrivati dopo varie peripezie a S.
Marino, il gruppo si divide e Ugo Bassi e Livraghi rimangono con
Garibaldi e Anita ormai morente. Nei pressi di Comacchio, Bassi e
Livraghi vengono catturati, arrestati dagli austriaci e trasferiti a
Bologna. Il 7 agosto, senza aver subito alcun processo, vengono
condannati a morte e il giorno successivo vengono portati in via della
Certosa, fucilati e buttati in una unica fossa all'altezza degli archi
66/67 del portico in cui oggi sorge la Torre di Maratona dello Stadio. I
bolognesi iniziano dal primo giorno a rendere omaggio ai patrioti, di
conseguenza gli austriaci decidono di esumare le salme nella notte fra
il 18 e il 19 e di seppellirli in luogo segreto all'interno del
cimitero.
Solo nel 1859 i parenti potranno collocare le ossa nella tomba di
famiglia collocata nella Sala delle Tombe. Così Enrico Bottrigari nella
sua Cronaca di Bologna (Zanichelli, 1960) ricorda come il 5 agosto: "un
alto funzionario governativo, insieme ad un parente del defunto, e ad
alcuni testimonii recatisi al Cimitero dissotterrarono il Cadavere e lo
rinchiusero in una Cassa, dopo di che se ne fece il trasporto nella
Chiesa suddetta, e terminato il sacro rito, venne deposto entro il
sepolcro della famiglia". Pocchi giorni dopo, il 16 agosto, Giuseppe
Garibaldi renderà omaggio al suo compagno pronunciando un discorso
davanti alla sua tomba.
Dall'8 agosto 1940, con una cerimonia di
propaganda organizzata dal regime fascista, i suoi resti sono traslati
dalla semplice sepoltura familiare in un sarcofago poso all'interno del
sacrario dei Caduti della Grande Guerra.
Si tratta dell'unica chiesa completamente barocca della città. Fu progettata da Giovan Battista Aleotti
detto l'Argenta, con il concorso del cardinale Carlo Emanuele Pio di
Savoia, in sostituzione di un oratorio dedicato ai santi Filippo e
Giacomo. La chiesa fu edificata tra il 1612 e il 1623.
In regime napoleonico il 4 agosto 1808 la chiesa venne assegnata all'arcispedale Sant'Anna, che ne è tuttora il proprietario.
La chiesa, di proprietà dell'Azienda USL di Ferrara, è stata danneggiata dal terremoto dell'Emilia del 2012
e non è visitabile. Per ragioni di sicurezza sono state rimosse le
statue un tempo collocate sul timpano della facciata. Nell'aprile del
2022 è stato completato l'intervento post terremoto, con opere
strutturali e il restauro dell'intero ciclo pittorico del soffitto.
Lapide
commemorativa posta sulla facciata della casa in cui soggiornò per
lunghi anni Umberto Merlin, sita in Via Silvestri a Rovigo.
Umberto Camillo Rodolfo Merlin nacque a Rovigo, il 17 febbraio 1885,
primogenito di Andrea, impiegato, e di Elisa Bisaglia, casalinga.
Coetaneo e compagno di classe di Giacomo Matteotti (frequentano entrambi il Liceo Classico "Celio" di Rovigo), si laurea in legge a Padova nel 1906.
A soli 15 anni diventa presidente dei giovani democratico-cristiani associati nel circolo San Francesco
di Rovigo. Il suo progetto politico era quello di creare associazioni
omologhe a quelle socialiste e repubblicane e coinvolgere le Casse
Rurali quali soggetti attivi nella trasformazione economica delle
campagne.
L'attività di Merlin fu notata ed apprezzata da Giuseppe Toniolo che lo avrebbe voluto con sé a Firenze tra i membri laici del primo nucleo della costituenda Unione Popolare.
Alle elezioni politiche del 1913, nelle quali i cattolici non potevano ancora direttamente partecipare, ma con il Patto Gentiloni
si impegnavano ad appoggiare gli esponenti liberali, Umberto Merlin
svolse la campagna elettorale a favore dell'esponente liberale Ugo Maneo presso il quale in quel periodo svolgeva opera di praticantato presso il suo studio di avvocato.
Ugo Maneo risultò vincente al ballottaggio con il socialista Galileo Beghi
ma l'anno successivo dovette cedere il seggio di Montecitorio a
quest'ultimo in seguito all'accoglimento del ricorso presentato
dall'esponente socialista.
A causa di questa sconfitta, i rapporti tra liberali e cattolici si
deteriorarono e da parte dei cattolici era sempre più sentita l'esigenza
di diventare parte politica attiva.
Allo scoppio della prima guerra mondiale Merlin entra nel Regio Esercito con il grado di tenente. Nel 1919 è tra i fondatori del Partito Popolare insieme a Luigi Sturzo e ad Alcide De Gasperi di cui diviene membro nella direzione e consigliere nazionale. Secondo Merlin, il Partito Popolare non doveva difendere interessi, ma principi, non la borghesia, ma gli alti valori morali.
Merlin veniva così descritto nel 1919 in un rapporto prefettizio:
... un giovane di molto ingegno, di grande equilibrio morale e
di attività tenace. Egli ha saputo iniziare una organizzazione che è
bene avviata, ma sulla efficacia di essa non possono ancora avventurarsi
giudizi o previsione, perché non si sono ancora avute notevoli
manifestazioni collettive del Partito, ed anche perché, se pure i
principi e le pratiche religiose sono ancora in vigore nel complesso
della Provincia, non è dato di affermare quale influenza ciò possa avere
nel campo politico...
In un articolo pubblicato su Il Popolo, settimanale della Diocesi di Adria, il 3 maggio 1919, così Umberto Merlin racconta la nascita del Partito Popolare:
... In una sera del dicembre 1918 eravamo riuniti a Roma in una trentina di amici per gettare le basi del nuovo Partito. Don Luigi Sturzo
aveva finito di esporci le linee fondamentali del programma: dopo lunga
discussione l'accordo erasi raggiunto. Sturzo, piangendo di commozione,
ci disse che il nostro lavoro era finito, ora toccava ad altri. Il
giorno dopo una commissione di fiduciari avrebbe illustrato al Santo
Padre le nostre proposte: se Egli avesse creduto, i cattolici italiani
avrebbero costituito il loro Partito; se fosse stato di diverso avviso,
essi avrebbero desistito dal loro tentativo, continuando il lavoro
nell'ambito dell'Azione Cattolica.
Viene eletto deputato nel 1919, nel 1921 e nel 1924. Fu tra i
favorevoli all'alleanza tra i popolari ed i fascisti e quando si formò
il governo Mussolini
venne nominato sottosegretario al Ministero delle Terre Liberate dal
Nemico, carica che ricoprì fino al 5 febbraio 1923, giorno in cui il
suddetto dicastero venne soppresso.
Durante il periodo della dittatura fascista svolge l'attività di avvocato. Subito dopo il 25 aprile 1945 rivestì la carica di sindaco
di Rovigo. Nel 1946 viene eletto all'Assemblea Costituente e nel 1948,
per le prime quattro Legislature e fino alla morte, al Senato della
Repubblica.
.........................In
Polesine (come altrove) i socialisti – la cui corrente massimalista,
galvanizzata dalla rivoluzione russa del 1917, aveva raggiunto la
maggioranza – avviarono azioni ispirate a intenti rivoluzionarii, con
scioperi e aggressioni che colpirono anche Merlin, indirettamente (la
notte del 1° gennaio 1920 il suo autista fu percosse la lasciato
malconcio lungo una strada) o direttamente (il 27 settembre, a
Lendinara, durante un comizio socialista il deputato popolare fu colpito
con una bastonata così violenta che perse i sensi, e fu salvato da
Matteotti che fermò l’aggressore e fece ricoverare Merlin in ospedale):
ma si ebbero anche assassinii di persone politicamente vicini agli
agrarii. Naturalmente situazioni del genere stimolarono reazioni
altrettanto violente: e questo aprì spazio al fascismo che si organizzò
per compiere “spedizioni punitive” che furono sostenute dagli agrarii.
Nell’aprile
1921 il primo ministro Giolitti di fronte all’ostilità pregiudiziale
delle sinistre decide lo scioglimento anticipato della Camera, indicendo
nuove elezioni per la metà di maggio. Le squadre fasciste, che già
hanno pressoché annullato l’organizzazione socialista aggredendone i
dirigenti, si rivolgono ora contro il mondo cattolico a Polesella, a
Bergantino, a Contarina, a Bellombra. La competizione elettorale si
svolge con frequenti intimidazioni, tanto che la Commissione
parlamentare e poi la Giunta delle elezioni decidono di annullare
l’elezione di un candidato fascista polesano. Qualche giorno dopo Rovigo
è invasa da squadre fasciste giunte da diversi luoghi del Veneto e dopo
un comizio si disperdono per le vie cittadine alla caccia del clericali
prendendo di mira la sede delle associazioni cattoliche e la casa di
Umberto Merlin; diverse persone vengono bastonate perché portano il
distintivo dell’Azione Cattolica... L’invasione dura tre giorni (gli
squadristi pernottano in aule scolastiche, avendo imposto la sospensione
dell’attività didattica) senza che ci sia intervento della forza
pubblica.
Nel giro
di meno di due anni il fascismo era divenuto un movimento consistente,
raggiungendo più di 300.000 aderenti organizzati e armati: ciò che
permise a Mussolini di pensare e realizzare la “marcia su Roma” (28
ottobre 1922), ottenendo dal re Vittorio Emanuele III l’incarico di
formare il governo. Con straordinaria spregiudicatezza il nuovo primo
ministro gioca con lusinghe e minacce, suscitando in gran parte dei
politici (ivi compreso un uomo esperto come Giolitti) l’impressione di
poter arrivare a porre sotto controllo le “esuberanze” squadriste che,
intanto, tengono a bada i socialisti: per cui non solo i liberali ma
anche i cattolici ritengono opportuno partecipare al governo (Merlin è
sottosegretario alle terre liberate); ma nel 1924, il 26 aprile, le
elezioni sono nuovamente condotte con palesi brogli e violenze: alla
fine di maggio in Parlamento Matteotti denuncia vigorosamente le
irregolarità, consapevole che questo potrà costargli la vita. Qualche
giorno dopo, infatti, ne viene denunciata la scomparsa e presto si
capisce che è stato assassinato, suscitando forte commozione nel Paese:
non abbastanza forte, tuttavia, da far crollare il governo fascista. I
parlamentari non fascisti si ritirano dal governo (anche Merlin, dunque)
e dalla stessa presenza in aula, dando vita al cosiddetto “Aventino”,
ma non sanno trovare quel minimo di unità che sarebbe necessaria per
mettere veramente in crisi Mussolini: il quale sa superare le obiettive
difficoltà e, anche facendo leva su un recente, fallito attentato di cui
era stato oggetto, fa approvare, il 9 novembre 1926, la decadenza dal
mandato parlamentare di 120 deputati dell’opposizione (fra cui Merlin)
per poi procedere alla completa “fascistizzazione” dello Stato,
sopprimendo tutti i partiti di opposizione (25 novembre 1926).
Merlin
deve tornare alla vita “civile”, alla sua professione di avvocato; non
per questo rinuncia all’impegno nel mondo cattolico riprendendo i
contatti con l’associazionismo a cui, entrando in politica, aveva dovuto
rinunciare per non coinvolgere la Chiesa in attività ad essa estranee.
Un paio di volte, durante il regime fascista, è fermato perché tenta di
mantenere i contatti con gli amici del disciolto PPI, e una volta, sul
finire degli anni Venti, il suo studio è assediato dagli squadristi.
Dopo il
25 luglio 1943 attorno alla sua persona si coagularono le forze
antifasciste e cattoliche polesane, tanto che fu eletto primo sindaco di
Rovigo dopo il 25 aprile 1945: in quella veste fu lui a tessere
l’elogio funebre del maestro ed amico Ugo Maneo, morto quasi novantenne a
metà luglio di quell’anno.
Terminata
la guerra anche Merlin riprendeva l’impegno politico per il quale si
sentiva chiamato a dare testimonianza. Il 24-27 aprile 1946 si tenne a
Roma, nell’aula magna dell’Università, il primo congresso nazionale
della Democrazia Cristiana. In quell’occasione vennero eletti i 60
consiglieri nazionali del partito, e Merlin fu tra gli eletti. Nel 1949,
quando il Congresso DC (era il quarto) fu tenuto a Venezia, fu eletto
presidente del Congresso.
Nel 1946
era stato eletto, nel collegio di Verona, deputato alla Costituente:
fece parte della prima sottocommissione, incaricata di trattare “Diritti
e doveri dei cittadini” fornendo contributi rilevanti nella proposta e
nella formulazione di alcun articoli della Carta costituzionale: in
particolare l’art. 30 sui diritti e sui doveri dei genitori, l’art. 40
sul diritto allo sciopero regolato dalle leggi, e l’art. 49 sulla difesa
della Patria portano il segno della proposta firmata da Umberto Merlin.
Nel 1948 divenne senatore di diritto per essere stato deputato in
quattro legislature (XXV, XXVI, XXVII e Assemblea Costituente).
Successivamente fu di nuovo eletto al Senato nel collegio di Piove di
Sacco, e ricevette incarichi di governo: fu per De Gasperi ministro
delle Poste e telecomunicazioni nel IV Governo (31 maggio 1947 – 23
maggio 1948) e nell’VIII (16 luglio – 16 agosto 1953); nel successivo
Governo Pella (17 agosto 1953 – 17 gennaio 1954) e nel I Governo Fanfani
(18 gennaio – 9 febbraio 1954) fu ministro dei Lavori pubblici.
Nel
novembre 1951 le rotte dell’argine sinistro del Po prima presso Canaro e
sùbito dopo presso Occhiobello provocarono la disastrosa inondazione
del Polesine. Anche in questa occasione Merlin volle mettersi a
disposizione della propria terra, ma – come risulta dalla testimonianza
di Giuseppe Brusasca – il primo ministro Alcide De Gasperi ritenne non
opportuno accogliere quella disponibilità: “per forza di cose, con i
problemi che si sarebbero dovuti affrontare, sarebbe stato necessario
assumere decisioni dure, anche impopolari. De Gasperi riteneva che non
fosse giusto far pagare a Merlin un prezzo così alto. La scelta dunque
cadde su di me...”. Merlin era fra coloro che ritenevano necessario
tagliare la Fossa di Polesella per consentire all’acqua di defluire al
mare: provvedimento che venne attuato il 23 novembre, con un ritardo che
aggravò il danno prodotto dall’evento. Purtroppo negli anni successivi
altre rotte del Po si verificarono nella zona del Delta, e anche in
queste occasioni Merlin si batté perché si provvedesse ad una
sistemazione organica della parte terminale del fiume.
Continuò
a dominare incontrastato la scena politica in Polesine attraverso la
presenza nel Consiglio comunale del capoluogo e nel Consiglio
provinciale. L’ultimo atto politico all’interno del suo partito fu
compiuto da Merlin in occasione del Congresso Nazionale di Firenze, nel
1959: fu infatti l’unico esponente storico a dare il proprio appoggio
alla mozione presentata da Amintore Fanfani.
Morì a Padova, dove da tempo aveva ufficialmente trasferito la residenza, il 22 maggio 1964.