FUMANA - IL NUOVO LIBRO DI PAOLO MALAGUTI
GAETANO BRESCI
Gaetano Bresci (Prato, 10 novembre 1869 - Isola di Santo Stefano, 22 maggio 1901), è stato un anarchico italiano, condannato all'ergastolo per aver messo in atto un'azione diretta (definito dallo stesso Bresci «UN FATTO») contro il Re Umberto I, colpito a morte da alcune pistolettate la sera di domenica 29 luglio 1900 a Monza.
Per approfondire:
https://www.anarcopedia.org/index.php/Gaetano_Bresci
Negli ultimi anni del XIX secolo, l'Italia fu attraversata da un'ondata
di proteste sociali e disordini politici. Le elezioni del 1897 videro un
notevole rafforzamento dei socialisti, dei radicali e dei repubblicani,
e il malcontento popolare esplose nei moti di Milano del 1898, durante i quali il generale Bava Beccaris
ordinò di aprire il fuoco sulla folla, causando centinaia di morti. La
repressione che ne seguì portò all'arresto di numerosi esponenti
socialisti e alla chiusura dei giornali e delle sedi dei partiti operai.
Questo periodo di forte tensione culminò con il regicidio di Umberto I nel 1900, per mano dell'anarchico Gaetano Bresci,
che volle vendicare le vittime della repressione milanese. La morte di
Umberto I segnò la fine di un'epoca e aprì la strada a un nuovo corso
politico con l'ascesa al trono di Vittorio Emanuele III e la nomina di Giuseppe Zanardelli
come presidente del Consiglio, accompagnato da Giovanni Giolitti come
ministro dell'Interno, inaugurando una nuova fase caratterizzata da un
maggiore impegno verso le riforme sociali e una gestione più democratica
del potere.
Il padre, originario di Marsiglia, era giunto a Comacchio nel 1811 per occuparsi della direzione delle saline lagunari in occasione del loro ammodernamento in pieno periodo napoleonico. Acquisita una piccola proprietà terriera e nominato consigliere comunale nel 1839, Agostino Stefano si era infine inserito a pieno titolo nell'ambiente del notabilato locale politicizzatosi in senso radicale.
Dato il particolare contesto ambientale e familiare, non fu dunque un
caso se Gioacchino, che in precedenza aveva aderito alla Giovane
Italia, fra la fine del 1847 e l'inizio del 1848, si rivelò una delle
personalità di punta del locale movimento risorgimentale.
La venuta a
Comacchio dei lancieri di Masini per sollecitare gli arruolamenti
volontari il 3 novembre 1848 e, concordato direttamente con il Bonnet a
Ravenna, dello stesso Garibaldi il giorno 18 successivo, divenne subito
un potente fattore di mobilitazione patriottica in città.
La sera
stessa, avuta notizia dell'assassinio di Pellegrino Rossi, Masini e suoi
lancieri si imbarcarono a Magnavacca. Insieme a loro partivano undici
volontari comacchiesi, fra i quali due fratelli dello stesso Bonnet,
Raimondo e Gaetano, quest'ultimo destinato a cadere in difesa di Roma
l'anno successivo.
Dopo la Caduta della Repubblica Romana, la notte del 3 agosto 1849 le tredici imbarcazioni salpate da Cesenatico che trasportavano Garibaldi e i suoi in viaggio verso Venezia furono intercettate dalle navi austriache e il mattino seguente due bragozzi prendevano terra sulla costa, allora pressochè disabitata, tra Magnavacca e il Volano.
La maggior parte di loro si disperse nell'entroterra per essere poi
catturata nei giorni seguenti dagli austriaci: non così Garibaldi, Anita
e Giovan Battista Culiolo (Leggero), che furono messi in salvo da
Bonnet, accorso sentiti i cannoneggiamente sul mare. Le vicende della
"trafila garibaldina" segnalano una forte catena di sostegni e
solidarietà popolare senza la quale il salvataggio di Garibaldi sarebbe
stato obiettivamente irrealizzabile.
Partecipò a numerose campagne
militari e per l'eroismo dimostrato in particolare a Milazzo e al
Volturno nel 1860 ebbe la medaglia d'argento al valor militare e la
promozione a tenente colonnello di stato maggiore.
Nino Bonnet, che sarà poi eletto sindaco della sua città natale nel 1877, morì a Magnavacca (dal 1919 Porto Garibaldi, in memoria) il 31 dicembre 1890.
La sua partecipazione al salvataggio di Garibaldi viene ricordata nel volume autografo Lo sbarco di Garibaldi a Magnavacca. Episodio storico del 1849.
Quanto sopra tratto da:
Vedi anche:
https://www.chieracostui.com/costui/docs/search/schedaoltre.asp?ID=33670&myword=bonnet
(Cento, 12 agosto 1801 – Bologna, 8 agosto 1849)
Patriota e religioso italiano del Risorgimento, si chiamava in realtà Giuseppe, ma adotta il nome di Ugo in onore al poeta Foscolo. Nasce a Cento di Ferrara il 12 agosto 1801 da Luigi Sante impiegato della dogana pontificia e da Felicita Rossetti, di S. Felice sul Panaro, cameriera. Adolescente durante l'età napoleonica, studia nel collegio Barnabita di Bologna ed in questo momento si avvicina verso gli ambienti culturali liberali. Rimane affascinato dal Proclama che Gioacchino Murat lancia da Rimini nel 1815, parlando per la prima volta di una Italia libera e unita. Fugge dal collegio per arruolarsi, ma per la giovane età viene rifiutato. Dopo gli studi a Bologna, Napoli e Roma, nel 1821 pronuncia i voti nella città capitolina. Uomo di grande cultura diviene famoso e ricercato predicatore, ma spesso si scontra con le gerarchie ecclesiastiche a causa delle sue denunce sui mali della società e alle tematiche patriottiche che sempre inserisce nei suoi discorsi.
Nel 1848 senza esitazione si unisce ai volontari che partono per combattere nella Prima Guerra di Indipendenza contro l'Austria per poter offrire il suo appoggio morale, ed a Treviso viene ferito e poi portato a Venezia, dove sosterrà la Repubblica di San Marco. Nel 1849 è a Roma, dove assiste alla nascita della Repubblica Romana e viene nominato cappellano della Legione di Garibaldi. Così Bassi descrive l'incontro con l'Eroe dei Due Mondi: "Garibaldi è l'eroe più degno di poema, che io sperassi in vita mia di vedere. Le nostre anime si sono congiunte come se fossero state sorelle in cielo prima di trovarsi nelle vie della terra". A seguito della caduta della Repubblica Romana fugge verso Venezia con Garibaldi, Anita, Francesco Nullo, Ciceruacchio, Giovanni Livraghi e gli altri volontari che seguirono il Generale alla volta di Venezia. Arrivati dopo varie peripezie a S. Marino, il gruppo si divide e Ugo Bassi e Livraghi rimangono con Garibaldi e Anita ormai morente. Nei pressi di Comacchio, Bassi e Livraghi vengono catturati, arrestati dagli austriaci e trasferiti a Bologna. Il 7 agosto, senza aver subito alcun processo, vengono condannati a morte e il giorno successivo vengono portati in via della Certosa, fucilati e buttati in una unica fossa all'altezza degli archi 66/67 del portico in cui oggi sorge la Torre di Maratona dello Stadio. I bolognesi iniziano dal primo giorno a rendere omaggio ai patrioti, di conseguenza gli austriaci decidono di esumare le salme nella notte fra il 18 e il 19 e di seppellirli in luogo segreto all'interno del cimitero.
Solo nel 1859 i parenti potranno collocare le ossa nella tomba di famiglia collocata nella Sala delle Tombe. Così Enrico Bottrigari nella sua Cronaca di Bologna (Zanichelli, 1960) ricorda come il 5 agosto: "un alto funzionario governativo, insieme ad un parente del defunto, e ad alcuni testimonii recatisi al Cimitero dissotterrarono il Cadavere e lo rinchiusero in una Cassa, dopo di che se ne fece il trasporto nella Chiesa suddetta, e terminato il sacro rito, venne deposto entro il sepolcro della famiglia". Pocchi giorni dopo, il 16 agosto, Giuseppe Garibaldi renderà omaggio al suo compagno pronunciando un discorso davanti alla sua tomba.
Dall'8 agosto 1940, con una cerimonia di propaganda organizzata dal regime fascista, i suoi resti sono traslati dalla semplice sepoltura familiare in un sarcofago poso all'interno del sacrario dei Caduti della Grande Guerra.
Lorena Barchetti, dicembre 2013
La foto e le notizie sono tratte da https://www.storiaememoriadibologna.it/archivio/persone/bassi-ugo
CHIESA DI SAN CARLO
Si tratta dell'unica chiesa completamente barocca della città. Fu progettata da Giovan Battista Aleotti detto l'Argenta, con il concorso del cardinale Carlo Emanuele Pio di Savoia, in sostituzione di un oratorio dedicato ai santi Filippo e Giacomo. La chiesa fu edificata tra il 1612 e il 1623.
In regime napoleonico il 4 agosto 1808 la chiesa venne assegnata all'arcispedale Sant'Anna, che ne è tuttora il proprietario.
La chiesa, di proprietà dell'Azienda USL di Ferrara, è stata danneggiata dal terremoto dell'Emilia del 2012 e non è visitabile. Per ragioni di sicurezza sono state rimosse le statue un tempo collocate sul timpano della facciata. Nell'aprile del 2022 è stato completato l'intervento post terremoto, con opere strutturali e il restauro dell'intero ciclo pittorico del soffitto.
Notizia e foto tratte da: https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_San_Carlo_(Ferrara)
Per approfondire e saperne di più: https://www.filomagazine.it/2021/10/alla-scoperta-di-san-carlo-gioiello-unico-del-barocco-ferrarese/
Umberto Camillo Rodolfo Merlin nacque a Rovigo, il 17 febbraio 1885, primogenito di Andrea, impiegato, e di Elisa Bisaglia, casalinga.
Coetaneo e compagno di classe di Giacomo Matteotti (frequentano entrambi il Liceo Classico "Celio" di Rovigo), si laurea in legge a Padova nel 1906.
A soli 15 anni diventa presidente dei giovani democratico-cristiani associati nel circolo San Francesco di Rovigo. Il suo progetto politico era quello di creare associazioni omologhe a quelle socialiste e repubblicane e coinvolgere le Casse Rurali quali soggetti attivi nella trasformazione economica delle campagne.
L'attività di Merlin fu notata ed apprezzata da Giuseppe Toniolo che lo avrebbe voluto con sé a Firenze tra i membri laici del primo nucleo della costituenda Unione Popolare.
Alle elezioni politiche del 1913, nelle quali i cattolici non potevano ancora direttamente partecipare, ma con il Patto Gentiloni si impegnavano ad appoggiare gli esponenti liberali, Umberto Merlin svolse la campagna elettorale a favore dell'esponente liberale Ugo Maneo presso il quale in quel periodo svolgeva opera di praticantato presso il suo studio di avvocato. Ugo Maneo risultò vincente al ballottaggio con il socialista Galileo Beghi ma l'anno successivo dovette cedere il seggio di Montecitorio a quest'ultimo in seguito all'accoglimento del ricorso presentato dall'esponente socialista. A causa di questa sconfitta, i rapporti tra liberali e cattolici si deteriorarono e da parte dei cattolici era sempre più sentita l'esigenza di diventare parte politica attiva.
Allo scoppio della prima guerra mondiale Merlin entra nel Regio Esercito con il grado di tenente. Nel 1919 è tra i fondatori del Partito Popolare insieme a Luigi Sturzo e ad Alcide De Gasperi di cui diviene membro nella direzione e consigliere nazionale. Secondo Merlin, il Partito Popolare non doveva difendere interessi, ma principi, non la borghesia, ma gli alti valori morali.
Merlin veniva così descritto nel 1919 in un rapporto prefettizio:
... un giovane di molto ingegno, di grande equilibrio morale e di attività tenace. Egli ha saputo iniziare una organizzazione che è bene avviata, ma sulla efficacia di essa non possono ancora avventurarsi giudizi o previsione, perché non si sono ancora avute notevoli manifestazioni collettive del Partito, ed anche perché, se pure i principi e le pratiche religiose sono ancora in vigore nel complesso della Provincia, non è dato di affermare quale influenza ciò possa avere nel campo politico...
In un articolo pubblicato su Il Popolo, settimanale della Diocesi di Adria, il 3 maggio 1919, così Umberto Merlin racconta la nascita del Partito Popolare:
... In una sera del dicembre 1918 eravamo riuniti a Roma in una trentina di amici per gettare le basi del nuovo Partito. Don Luigi Sturzo aveva finito di esporci le linee fondamentali del programma: dopo lunga discussione l'accordo erasi raggiunto. Sturzo, piangendo di commozione, ci disse che il nostro lavoro era finito, ora toccava ad altri. Il giorno dopo una commissione di fiduciari avrebbe illustrato al Santo Padre le nostre proposte: se Egli avesse creduto, i cattolici italiani avrebbero costituito il loro Partito; se fosse stato di diverso avviso, essi avrebbero desistito dal loro tentativo, continuando il lavoro nell'ambito dell'Azione Cattolica.
Viene eletto deputato nel 1919, nel 1921 e nel 1924. Fu tra i favorevoli all'alleanza tra i popolari ed i fascisti e quando si formò il governo Mussolini venne nominato sottosegretario al Ministero delle Terre Liberate dal Nemico, carica che ricoprì fino al 5 febbraio 1923, giorno in cui il suddetto dicastero venne soppresso.
Durante il periodo della dittatura fascista svolge l'attività di avvocato. Subito dopo il 25 aprile 1945 rivestì la carica di sindaco di Rovigo. Nel 1946 viene eletto all'Assemblea Costituente e nel 1948, per le prime quattro Legislature e fino alla morte, al Senato della Repubblica.
Da: https://it.wikipedia.org/wiki/Umberto_Merlin
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Per approfondire :
https://www.acadriarovigo.it/sito/book/export/html/656
.........................In Polesine (come altrove) i socialisti – la cui corrente massimalista, galvanizzata dalla rivoluzione russa del 1917, aveva raggiunto la maggioranza – avviarono azioni ispirate a intenti rivoluzionarii, con scioperi e aggressioni che colpirono anche Merlin, indirettamente (la notte del 1° gennaio 1920 il suo autista fu percosse la lasciato malconcio lungo una strada) o direttamente (il 27 settembre, a Lendinara, durante un comizio socialista il deputato popolare fu colpito con una bastonata così violenta che perse i sensi, e fu salvato da Matteotti che fermò l’aggressore e fece ricoverare Merlin in ospedale): ma si ebbero anche assassinii di persone politicamente vicini agli agrarii. Naturalmente situazioni del genere stimolarono reazioni altrettanto violente: e questo aprì spazio al fascismo che si organizzò per compiere “spedizioni punitive” che furono sostenute dagli agrarii.
Nell’aprile 1921 il primo ministro Giolitti di fronte all’ostilità pregiudiziale delle sinistre decide lo scioglimento anticipato della Camera, indicendo nuove elezioni per la metà di maggio. Le squadre fasciste, che già hanno pressoché annullato l’organizzazione socialista aggredendone i dirigenti, si rivolgono ora contro il mondo cattolico a Polesella, a Bergantino, a Contarina, a Bellombra. La competizione elettorale si svolge con frequenti intimidazioni, tanto che la Commissione parlamentare e poi la Giunta delle elezioni decidono di annullare l’elezione di un candidato fascista polesano. Qualche giorno dopo Rovigo è invasa da squadre fasciste giunte da diversi luoghi del Veneto e dopo un comizio si disperdono per le vie cittadine alla caccia del clericali prendendo di mira la sede delle associazioni cattoliche e la casa di Umberto Merlin; diverse persone vengono bastonate perché portano il distintivo dell’Azione Cattolica... L’invasione dura tre giorni (gli squadristi pernottano in aule scolastiche, avendo imposto la sospensione dell’attività didattica) senza che ci sia intervento della forza pubblica.
Nel giro di meno di due anni il fascismo era divenuto un movimento consistente, raggiungendo più di 300.000 aderenti organizzati e armati: ciò che permise a Mussolini di pensare e realizzare la “marcia su Roma” (28 ottobre 1922), ottenendo dal re Vittorio Emanuele III l’incarico di formare il governo. Con straordinaria spregiudicatezza il nuovo primo ministro gioca con lusinghe e minacce, suscitando in gran parte dei politici (ivi compreso un uomo esperto come Giolitti) l’impressione di poter arrivare a porre sotto controllo le “esuberanze” squadriste che, intanto, tengono a bada i socialisti: per cui non solo i liberali ma anche i cattolici ritengono opportuno partecipare al governo (Merlin è sottosegretario alle terre liberate); ma nel 1924, il 26 aprile, le elezioni sono nuovamente condotte con palesi brogli e violenze: alla fine di maggio in Parlamento Matteotti denuncia vigorosamente le irregolarità, consapevole che questo potrà costargli la vita. Qualche giorno dopo, infatti, ne viene denunciata la scomparsa e presto si capisce che è stato assassinato, suscitando forte commozione nel Paese: non abbastanza forte, tuttavia, da far crollare il governo fascista. I parlamentari non fascisti si ritirano dal governo (anche Merlin, dunque) e dalla stessa presenza in aula, dando vita al cosiddetto “Aventino”, ma non sanno trovare quel minimo di unità che sarebbe necessaria per mettere veramente in crisi Mussolini: il quale sa superare le obiettive difficoltà e, anche facendo leva su un recente, fallito attentato di cui era stato oggetto, fa approvare, il 9 novembre 1926, la decadenza dal mandato parlamentare di 120 deputati dell’opposizione (fra cui Merlin) per poi procedere alla completa “fascistizzazione” dello Stato, sopprimendo tutti i partiti di opposizione (25 novembre 1926).
Merlin deve tornare alla vita “civile”, alla sua professione di avvocato; non per questo rinuncia all’impegno nel mondo cattolico riprendendo i contatti con l’associazionismo a cui, entrando in politica, aveva dovuto rinunciare per non coinvolgere la Chiesa in attività ad essa estranee. Un paio di volte, durante il regime fascista, è fermato perché tenta di mantenere i contatti con gli amici del disciolto PPI, e una volta, sul finire degli anni Venti, il suo studio è assediato dagli squadristi.
Dopo il 25 luglio 1943 attorno alla sua persona si coagularono le forze antifasciste e cattoliche polesane, tanto che fu eletto primo sindaco di Rovigo dopo il 25 aprile 1945: in quella veste fu lui a tessere l’elogio funebre del maestro ed amico Ugo Maneo, morto quasi novantenne a metà luglio di quell’anno.
Terminata la guerra anche Merlin riprendeva l’impegno politico per il quale si sentiva chiamato a dare testimonianza. Il 24-27 aprile 1946 si tenne a Roma, nell’aula magna dell’Università, il primo congresso nazionale della Democrazia Cristiana. In quell’occasione vennero eletti i 60 consiglieri nazionali del partito, e Merlin fu tra gli eletti. Nel 1949, quando il Congresso DC (era il quarto) fu tenuto a Venezia, fu eletto presidente del Congresso.
Nel 1946 era stato eletto, nel collegio di Verona, deputato alla Costituente: fece parte della prima sottocommissione, incaricata di trattare “Diritti e doveri dei cittadini” fornendo contributi rilevanti nella proposta e nella formulazione di alcun articoli della Carta costituzionale: in particolare l’art. 30 sui diritti e sui doveri dei genitori, l’art. 40 sul diritto allo sciopero regolato dalle leggi, e l’art. 49 sulla difesa della Patria portano il segno della proposta firmata da Umberto Merlin. Nel 1948 divenne senatore di diritto per essere stato deputato in quattro legislature (XXV, XXVI, XXVII e Assemblea Costituente). Successivamente fu di nuovo eletto al Senato nel collegio di Piove di Sacco, e ricevette incarichi di governo: fu per De Gasperi ministro delle Poste e telecomunicazioni nel IV Governo (31 maggio 1947 – 23 maggio 1948) e nell’VIII (16 luglio – 16 agosto 1953); nel successivo Governo Pella (17 agosto 1953 – 17 gennaio 1954) e nel I Governo Fanfani (18 gennaio – 9 febbraio 1954) fu ministro dei Lavori pubblici.
Nel novembre 1951 le rotte dell’argine sinistro del Po prima presso Canaro e sùbito dopo presso Occhiobello provocarono la disastrosa inondazione del Polesine. Anche in questa occasione Merlin volle mettersi a disposizione della propria terra, ma – come risulta dalla testimonianza di Giuseppe Brusasca – il primo ministro Alcide De Gasperi ritenne non opportuno accogliere quella disponibilità: “per forza di cose, con i problemi che si sarebbero dovuti affrontare, sarebbe stato necessario assumere decisioni dure, anche impopolari. De Gasperi riteneva che non fosse giusto far pagare a Merlin un prezzo così alto. La scelta dunque cadde su di me...”. Merlin era fra coloro che ritenevano necessario tagliare la Fossa di Polesella per consentire all’acqua di defluire al mare: provvedimento che venne attuato il 23 novembre, con un ritardo che aggravò il danno prodotto dall’evento. Purtroppo negli anni successivi altre rotte del Po si verificarono nella zona del Delta, e anche in queste occasioni Merlin si batté perché si provvedesse ad una sistemazione organica della parte terminale del fiume.
Continuò a dominare incontrastato la scena politica in Polesine attraverso la presenza nel Consiglio comunale del capoluogo e nel Consiglio provinciale. L’ultimo atto politico all’interno del suo partito fu compiuto da Merlin in occasione del Congresso Nazionale di Firenze, nel 1959: fu infatti l’unico esponente storico a dare il proprio appoggio alla mozione presentata da Amintore Fanfani.
Morì a Padova, dove da tempo aveva ufficialmente trasferito la residenza, il 22 maggio 1964.
A cura del Prof. Leobaldo Traniello
FERRARA - Ferrara - CHIESA DEL GESU'
Via Borgo dei Leoni, 56 - Ferrara
Edificata nel 1570.
Fondata nel 1599.
Consacrata nel 1599 da Mons. Fontana.
Eretta nel 1932.
Nel sec. X la chiesa di S. Michele era priorato dell'Aula Regia di Comacchio, con cura di anime, poi dal sec. XI passò a S. Genesio di Brescello. Dal sec. XIV divenne di giuspatronato del casato Canani ed in seguito di quello Berni. Nel 1933 l'Arcivescovo mons. Ruggero Bovelli provvedeva a trasportare il priorato di S. Michele nella chiesa del Gesù, definendo la circoscrizione parrocchiale, approvata dal Ministero degli Interni con D.L. 23 maggio 1935. Il primo parroco fu mons. Carlo Ghinelli, che rinunciò a tale incarico nel marzo 1947. Il medesimo arcivescovo Bovelli affidò la parrocchia "ad nutum S. Sedis" ai padri della Compagnia di Gesù, conferendo il titolo di parroco a p. Silvio Piccardi. Nel 1979 i padri gesuiti lasciarono il governo della parrocchia e lo riconsegnarono alla diocesi. Con decreto dell'arcivescovo mons. Luigi Maverna del 26 settembre 1986, riconosciuto dal Ministero dell'Interno, alla parrocchia di S. Michele nel Gesù fu data la nuova denominazione di "Parrocchia del Gesù" con sede in Ferrara, via Previati n. 21. La chiesa del Gesù fu fatta erigere nel 1570 dai duchi estensi col concorso di privati cittadini per i gesuiti (giunti a Ferrara nel 1551 su invito del duca Ercole II d'Este per istituirvi un collegio destinato all'educazione dei giovani) e venne consacrata dall'arcivescovo Giovanni Fontana nel 1599. In questa chiesa fu sepolta Barbara d'Austria, penultima duchessa di Ferrara morta nel 1572. Vi è conservato pure un quattrocentesco pregevole Compianto sul Corpo di Cristo, costituito da statue policrome, e conosciuto come Pianzun dla Rosa, perché originariamente si trovava nella chiesa di S. Maria della Rosa, distrutta durante l'ultima guerra. Anche questa chiesa fu gravemente danneggiata dai bombardamenti del 1944 e subì ingenti restauri. La Compagnia del Gesù fu soppressa nel 1773 e la chiesa e l'annesso collegio passarono ai padri somaschi. Al tempo dell'occupazione francese il collegio fu sede di tribunale, ospedale e carcere ed i gesuiti,ripristinati, chiesti di nuovo e un' altra volta espulsi, ritornarono nel 1847 e vi continuano a dimorare sino al 1979.
Serafinelli S.J. Pietro (1970-1979), Pes S.J. Ernesto (1963-1970), Velletrani S.J. Pietro (1953-1963), Piccardi S.J. Ottorino (1947-1953), Ghinelli Carlo (1935-1947), Roveroni Giuseppe (-1907).
https://arcidiocesiferraracomacchio.org/pag_pg.php?idanag=115
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Il mito di Ferrara tra
storia, arte, architettura, biciclette e il Rinascimento italiano: non è
un caso che l’Unesco l’abbia scelta per il grande patrimonio artistico
ed architettonico e che anche Gabriele D’Annunzio l’abbia celebrata nelle sue Laudi. A voler guardare un po’ oltre ai tradizionali circuiti turistici che rivelano le maggiori attrazioni cittadine, si può intraprendere un tour di Ferrara andando alla scoperta di alcune particolarità e curiosità. Come quella celata nella Chiesa del Gesù.
Edificata per i Gesuiti nel 1570 su progetto dell’architetto Alberto
Schiatti, la chiesa presenta una facciata semplice ed austera, in
laterizio, divisa in due parti con tre portali decorati in marmo.
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L’interno ha subito numerose trasformazioni e distruzioni, per questo è privo di pitture alle pareti: si presenta a navata unica e conserva pregevoli opere d’arte, tra cui l’Annunciazione di Giuseppe Mazzuoli conosciuto
come il Bastarolo, che si trova nella prima cappella a destra e che è
anche l’autore del Dio Padre benedicente nella prima cappella a
sinistra; le due pale del bolognese Giuseppe Maria Crespi che
raffigurano la Comunione di San Stanislao Kostka alla presenza di San
Luigi Gonzaga e il Miracolo di San Francesco Saverio, rispettivamente
nella seconda e nella terza cappella a destra. Particolarmente
interessante, alla sinistra dell’ingresso, è il gruppo scultoreo quattrocentesco in terracotta policroma del Compianto sul Cristo Morto di Guido Mazzoni, a cui è legata una particolarità.
Leggi anche: BOLOGNA IL CRISTO MORTO CHE HA STREGATO IL VATE
La
tradizione, infatti, vuole che i personaggi in lacrime attorno al corpo
di Gesù rappresentino i membri della corte e, in particolare, le due statue all'estrema destra raffigurerebbero Ercole I e sua moglie Eleonora d'Aragona.
Sette statue in varie posture circondano il corpo del Cristo morto, di
cui si riconoscono, da sinistra: Nicodemo, con in mano un vasetto che
rappresenta i profumi che, secondo i Vangeli, egli portò per ungere il
corpo; la Maddalena, Salomè, Maria di Cleofa e Giuseppe Arimatea, con in
mano tre chiodi a memoria del fatto che fu lui ad ottenere da Ponzio
Pilato il permesso di togliere dalla croce Gesù e seppellirlo.Tutte le
figure sono rese con intenso realismo e le loro espressioni vanno dalla
disperazione della Madonna e della Maddalena, al dolore trattenuto di
Giovanni e Salomè, alle espressioni serie ma distaccate degli altri
personaggi. Sembra, quindi, che Maria di Cleofa e Giuseppe di Arimatea
avrebbero avuto come modelli la duchessa Eleonora e il duca Ercole I, il
che conferisce all’opera un’aurea ancora più particolare.
https://www.turismo.it/segreti-italia/articolo/art/ferrara-cosa-nasconde-la-chiesa-del-ges-id-11830/
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FERRARA - Ferrara - CHIESA DELLE SACRE STIMMATE
Via Palestro 82 - Ferrara
La
chiesa ferrarese dedicata alle Sacre Stimmate di san Francesco d’Assisi
angola una posizione strategica tra la piazza Nova (poi Ariostea) e la
Strada di san Guglielmo (oggi via Palestro). L’autore del progetto
sfugge ancor oggi, ma non era certo un genio. Fu pensata per soddisfare
le esigenze pie della Confraternita omonima, che voleva ampliare la
propria influenza in città fin dai primi del Seicento. La Confraternita
si era formata a Roma alla fine del XVI secolo. Si rinsaldò allora il
culto delle stimmate (o stigmate), i “marchi” che il santo di Assisi
portava sul suo corpo come riflesso della venerazione per Gesù torturato
e crocefisso.
MIRACOLI
Le Stimmate vennero adorate
per se stesse: dal Medioevo nell’ambito dell’Ordine francescano, dal
tempo della Controriforma si attuò un solenne allargamento a tutti i
fedeli, con una festa dedicata dal 1586, il 17 settembre. La spinta più
forte per questi riconoscimenti venne appunto dai francescani
osservanti. Le confraternite scaturite dal culto imbastirono una rete di
sodalizi ispirati al miracolo. Un ottimo lavoro dedicato a queste
realtà è quello di Alessandro Serra in «Rivista di storia e letteratura
religiosa» 18, (2012).
Cesare d’Este, duca di Modena e già signore di
Ferrara, fu colpito dai suoi strali perché non era abbastanza severo con
gli Ebrei. Giunto a Mantova, Cambi riprese duramente in pubblico il
duca Vincenzo Gonzaga, ancora per via della sua tolleranza verso gli
Ebrei. Durante le prediche mantovane vi furono tumulti, violenze e scene
di isteria collettiva. Gonzaga fece scortare Cambi fuori dai suoi
Stati. Poi, adirato, il sovrano espresse il suo disappunto a papa
Clemente VIII, che si affrettò a scusarsi per quanto accaduto. Cambi
puntò anche su Ferrara, dove ebbe attenzione dalle famiglie ancora in
vista dopo la recente Devoluzione che aveva allontanato gli Estensi
dalla capitale del ducato. Però qui le autorità, preavvisate degli
eccessi del frate, limitarono ogni suo passo, anche se gli fu permesso
di perorare la causa della nuova Confraternita, purché non attaccasse
gli Ebrei.
FERRARA - Chiesuol del Fosso
Da documenti della famiglia dei marchesi Revedin si rileva che la località era denominata Tenuta Sammartina in localita S. Martino della Pontanara di proprietà della casa d'Este fino alla fine del sec. XVIII. Molti furono i passaggi di cessione avvenuti fino all'atto di acquisto dei primi anni del sec. XIX da parte dei fratelli Antonio e Francesco Revedin. È da notare che in tutti gli atti di passaggio è sempre fatta menzione all'oratorio della Sammartina, ampliato nel 1860 dal marchese Giovanni Revedin. La località fu in seguito denominata Chiesuol del Fosso e fu eretta parrocchia sotto il titolo di S. Maria dei Revedin.
La prima citazione documentale relativa alla chiesa dell'Assunzione di Maria Santissima, a Chiesuol del Fosso, risale al 1506, e viene ricordata anche da Marcantonio Guarini nel suo Compendio historico dell'origini, accrescimento e prerogative delle chiese e luoghi pii della città, e diocesi di Ferrara edito nel 1621. La piccola chiesa venne descritta in località Sammartina, perché tale era la denominazione locale al tempo, e fu eretta prioritariamente per officiarvi le funzioni religiose agli operai qui trasferiti per la costruzione di rinforzi all'argine del fiume Reno. In seguito fu utilizzata dai fedeli della comunità.
Entrò nel patriminio della famiglia Revedin nel 1808 e, nel 1860, venne ampliata e fu edificata la torre campanaria.
Ebbe dignità parrocchiale dal 1923 e come tale, ai fini civili, venne riconosciuta anche da Vittorio Emanuele III nel 1925.
Nel primo dopoguerra fu oggetto di due diversi interventi restaurativi, nel 1923 e nel 1933. Nel primo caso fu interessato il campanile mentre nel secondo fu la volta del soffitto della navata, della copertura dell'edificio e della parte superiore della facciata.
Gli ultimi restauri conservativi si sono avuti tra il 1990 e il 2000. In quest'occasione sono stati riviste le parti murarie e, di nuovo, la facciata. i muri della chiesa e la facciata.
FERRARA - PROVERBI IN DIALETTO FERRARESE E MODI DI DIRE (4)
Proverbi d' Istà
ZUGN
Porta la spiga in t' al mulin
par la farina, al fior e al semulin.
LUI
Ah, ch' bel mes
pr' al mié paes:
par chi è sgnor e par chi è senza quatrin;
as va ai bagn, in muntagna e......si zardin.
AGOST
Ah, San LurenzMOD AD DIR
Spianar un vestì
(Rinnovare un vestito)
Proverbi:
Quand a manca al gatt, i puntagh i bala.IL TRICOLORE
Alcune sere fa, per commemorare Alan Delon, è stato riproposto il film "Il Gattopardo" e, sarà una sciocchezza, ma i garibaldini sventolavano la bandiera tricolore senza lo stemma di Savoia al centro.
Soprannome | Il Tricolore |
---|---|
Proporzioni | 2:3 (bandiera di guerra 1:1) |
Simbolo FIAV | |
Colori | Pantone (17-6153) (11-0601) (18-1662) CMYK(C:100 M:0 Y:100 K:0) (C:0 M:0 Y:0 K:5) (C:0 M:100 Y:100 K:0) RGB(R:0 G:140 B:69) (R:244 G:249 B:255) (R:205 G:33 B:42) |
Uso | Bandiera civile e di Stato |
Tipologia | nazionale |
Adozione | 19 giugno 1946[1][2][3] |
Nazione | Italia |
Altre bandiere ufficiali | |
Bandiera navale civile | 2:3 |
Bandiera navale governativa | 2:3 |
Bandiera navale militare | 2:3 |
Mostrata verticalmente | 3:2 |
Stendardo del Presidente della Repubblica | 1:1 |
Stendardo del Presidente del Consiglio | 2:3 |
Stendardo dei Presidenti emeriti | 1:1 |
Stendardo del Presidente supplente | 1:1 |