Fatti non fummo a viver come Uli..........
Non mi considero un fan della rigidità tedesca, ma ci sono secoli
di storia e di riforma protestante dietro le parole pronunciate da Uli
Hoeness, campione del mondo di calcio nel 1974 e presidente del Bayern
Monaco condannato in primo grado a tre anni e mezzo di carcere per
evasione fiscale. «Ho chiesto ai miei avvocati di non presentare
appello, in linea con la mia idea di decenza, comportamento e
responsabilità personale. Evadere le tasse è stato l’errore della mia
vita. Affronto le conseguenze di questo errore». Letto da qui, sembra
uno squarcio di fantascienza, ma questo signore ha dato davvero le
dimissioni e ora si accinge a entrare in carcere.
Con un esercizio di fantasia proviamo a supporre che un personaggio
altrettanto popolare in Italia, magari anche lui presidente di un club,
si ritrovasse coinvolto in un processo per evasione fiscale. Intanto
esperirebbe tutti i gradi di giudizio, compreso il quarto che non
esiste, utilizzando ogni espediente per procrastinare la resa dei conti.
Nel frattempo attaccherebbe i giudici, prevenuti e corrotti, indossando
i panni della vittima. Poi troverebbe un deputato, un avvocato, una
commercialista o una sciampista, possibilmente imparentata con un Capo
di Stato estero, in grado di testimoniare la sua completa estraneità ai
fatti. Dopo di che si appellerebbe al popolo dei tifosi, rivendicando il
diritto a un trattamento speciale. Infine si candiderebbe alle Europee,
senza perdere fascino agli occhi di molti connazionali. E chi osasse
criticarlo verrebbe bollato come moralista, quando in certe lande
desolate del Nord Europa passerebbe banalmente per morale.
Massimo Gramellini, La Stampa 15 marzo 2014
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