La France. La grandeur. La perfection. Et voilà: dall’altra parte
delle Alpi hanno costruito vagoni più larghi delle banchine dentro le
quali sarebbero dovuti passare. Pare che sui fianchi metallici spuntino
venti centimetri di troppo: le famose maniglie dell’amore (poignées
d’amour). Rimettere i treni sul binario giusto costerà cinquanta milioni
di euro pubblici, per lo scorno di monsieur Dupont (il francese medio) e
la gioia di madame Le Pen (la francese smodata) a cui stavolta i voti
arriveranno direttamente in carrozza. C’est pas possible! E invece sì:
basta che gli ingegneri preposti alla costruzione dei vagoni li
progettino minuziosamente sulla carta senza mai degnarsi di alzare il
sedere (le derrière) per andare a misurare dal vivo la larghezza di una
banchina. Si sono fidati di dati antichi, di polverose mappe, quando
sarebbe bastato recarsi nella più umile stazioncina di provincia con un
righello. Ah, la présomption! (presunzione)! Ah, la paresse (pigrizia)!
Ma da che monde è monde, sommando paresse e présomption si ottiene
sempre una bêtise (stupidaggine).
Stiamo infierendo sui socievoli cugini, confidando nella loro
proverbiale autoironia? Fosse successo a noi, ci avrebbero dedicato una
sinfonia a base di smorfie di disgusto, scuotimenti di testa e raffiche
di «mon Dieu!» Ma a noi non sarebbe mai potuto succedere, per la
semplice ragione che qualche burocrate o contestatore avrebbe fermato la
costruzione dei treni se non addirittura quella dei binari. Alla peggio
avremmo spacciato i vagoni grassi per una nuova moda. Altra classe, se
permettete. Noi le stupidaggini le sappiamo truccare da opere d’arte, e
senza neanche darci tante arie.
Massimo Gramellini, La Stampa 22/5/2014
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