Giacomo Lauro Matteotti (Fratta Polesine, 22 maggio 1885 – Roma, 10 giugno 1924 - anni 39)
Genitori: Girolamo Stefano Matteotti (1839-1902) e Elisabetta Garzarolo (1851-1931), detta Isabella
10 GIUGNO 1924 - UCCISIONE DI GIACOMO MATTEOTTI
Giacomo Matteotti fu aggredito da un gruppo di persone guidate da Amerigo Dumini poco dopo le quattro del pomeriggio del 10 giugno 1924 sul lungotevere Arnaldo da Brescia, mentre si recava dalla propria abitazione a Montecitorio. Si difese disperatamente, ma fu percosso e, quasi tramortito, caricato a forza su un'auto, una Lancia nera, che si allontanò a grande velocità. Diverse persone assistettero al ratto e ne fornirono testimonianza. Certamente la colluttazione fra Matteotti e suoi rapitori continuò all'interno dell'auto, tanto che il rapito riuscì a gettare dal finestrino la sua tessera di deputato, poi rinvenuta in strada da un passante, per cui, con tutta probabilità, il deputato fu pugnalato a morte poco dopo essere stato assalito, come confermano le macchie di sangue rinvenute all'interno della macchina. L'auto girovagò a lungo, finché il corpo fu scaricato e sepolto alla meglio nel comune di Riano, a una ventina di chilometri da Roma, mel bosco della Quartarella. Quando vi sia stato sepolto è uno dei tanti punti non chiari della vicenda. Al momento del rinvenimento, sessantasei giorni dopo il rapimento, il 16 agosto, era nudo, ormai scarnificato e ridotto a poco più dello scheletro.

UN ITALIANO DIVERSO Giacomo Matteotti, Gianpaolo Romanato, Longanesi, pag. 262 e segg.
1885 -
Giacomo Matteotti nasce il 22 maggio a Fratta Polesine (Rovigo). I
genitori sono agiati commercianti e proprietari terrieri. Il padre,
Girolamo, è originario del Trentino austriaco, essendo nato a Comasine,
in Val di Pejo, nel 1839. La madre, Elisabetta Garzarolo ( ma chiamata
comunemente Isabella) è di Fratta. I genitori, sposatisi nel 1875,
ebbero sette figli: Matteo, Ginevra, Dante, Aquino, Giocasta, Giacomo e
Silvio. Quattro morirono nei primi giorni o nelle prime settimane di
vita, Matteo e Silvio rispettivamente a 32 e 23 anni. Dei sette figli
sopravvisse solo Giacomo, il penultimo.
1901 - Comincia a collaborare con il settimanale socialista di Rovigo La Lotta.
1903 - Consegue la licenza superiore al liceo di Rovigo.
1907 - Il 7 novembre si laurea in giurisprudenza a Bologna con il professor Alessandro Stoppato, docente di diritto penale.
Entra nel consiglio comunale di Fratta.
Negli
anni successivi alla laurea, e prima di dedicarsi stabilmente alla vita
politica, compie numerosi viaggi di studio nei maggiori Paesi europei:
Francia, Germania, Inghilterra, Belgio, Austria-Ungheria, Svizzera.
Impara ad usare con scioltezza l'inglese, il francese e il tedesco.
1910 - Pubblica a Torino, presso la casa editrice Fratelli Bocca, il volume La recidiva. Saggio di revisione critica con dati statistici, frutto della rielaborazione della sua tesi di laurea.
In
luglio viene eletto consigliere provinciale di Rovigo nel mandamento di
Occhiobello. Partecipa con il massimo zelo ai lavori del Consiglio,
intervenendo su quasi ogni problema posto all'ordine del giorno.
1912
- In luglio, durante una vacanza a Boscolungo, nell'Abetone, conosce
Velia Titta, la futura moglie, sorella del baritono Ruffo Titta. Viene
eletto sindaco del piccolo comune di Villamarzana (manterrà la carica
fino al 1914) e contemporaneamente è consigliere comunale di vari comuni
della provincia di Rovigo.
1914
- In aprile partecipa ad Ancona al congresso nazionale del Partito
Socialista Italiano e presenta un ordine del giorno sul tema
dell'appartenenza alla massoneria alternativo a quello proposto da
Mussolini. Nella tornata elettorale del 7 luglio è rieletto consigliere
provinciale nel mandamento di Occhiobello. A causa dello scoppio della
guerra europea la prima sessione del Consiglio si riunisce il sucessivo 2
ottobre. Al termine di una seduta infuocata per l'atteggiamento di
intransigente difesa della neutralità italiana assunto dal gruppo
socialista guidato da Matteotti, questi viene eletto presedente della
deputazione provinciale. Si dimette immediatamente dalla carica
affermando che "con le forze con le quali è sorta questa amministrazione
non potrò compiere il mio mandato". Segue lo scioglimento del
Consiglio.
1915
- Viene eletto per la terza volta consigliere provinciale nel
mandamento di Occhiobello alle elezioni che si svolgono il 28 febbraio.
Nella prima seduta (19 marzo) pronuncia un duro intervento contro la
guerra. Nella tornata del 9 agosto viene dichiarato decaduto dal
mandato, su ricorso di un elettore, in quanto ineleggibile perché
fideiussore della Banca Provinciale del Polesine, titolare
dell'esattoria consorziale di Badia Polesine per il decennio 1913-1922.
Matteotti ricorre in appello ma , in seguito alla sentenza del riesame
della III sezione della Corte d'Appello di Venezia, verrà
definitivamente dichiarato decaduto nella seduta del 21 agosto 1916,
quando era già operativo il suo richiamo alle armi.
Su Crtica sociale di febbraio scrive un forte articolo contrario all'entrata in guerra dell'Italia.
1916
- L'8 gennaio si sposa con Velia, a Roma, con il solo rito civile. Il 5
giugno pronuncia al Consiglio provinciale di Rovigo un violento
discorso antimilitarista e contro la guerra. Per quel discorso è
denunciato e processato (sarà assolto soltanto nel 1917 della Corte di
Cassazione). Benché riformato per ragioni di salute, era malato di
tubercolosi come fratelli Matteo e Silvio che ne erano morti, viene
richiamato alle armi e mandato in Sicilia, a Messina, per allontanarlo
da Rovigo e dalle zone prossime al fronte di guerra. Rimarrà in Sicilia,
salvo brevi licenze, fino all'inizio del 1919.
1918 -
Il 19 maggio nasce a Roma il primo figlio, Gian Carlo. Seguiranno altri
due figli: Matteo (nato nel 1921) e Isabella (nata nel 1924).
1919
- In marzo può tornare a Fratta con un foglio di licenza illimitata. Il
congedo definitivo giungerà in agosto. In ottobre partecipa al
Congresso nazionale socialista di Bologna e vi pronuncia un discorso. Il
16 novembre viene eletto deputato nel collegio Rovigo-Ferrara per le
liste del Partito Socialista. Risulta secondo nella graduatoria delle
preferenze.
Il 21 dicembre svolge il suo primo intervento in Parlamento.
1920 - Il 28 marzo pronuncia un lungo discorso di opposizione al governo Nitti.
Il 7 giugno interviene in opposizione al governo Giolitti.
Il
26 giugno il mandamento di Lendinara lo elegge nuovamente nel Consiglio
provinciale di Rovigo. Il consiglio sarà sciolto l'anno successivo, 6
maggio, in seguito alle dimissioni di 21 dei 40 consiglieri.
In
ottobre partecipa a Reggio Emilia al convegno indetto dalla corrente
riformista dei socialisti e pronuncia un discorso. Durante il "biennio rosso"
assume nella sua provincia una linea non di rado fiancheggiatrice delle
posizioni più radicali e violente del socialismo, probabilmente per non
perdere il contatto con il grosso dei socialisti polesani, schierati a
maggioranza con i massimalisti.
1921
- A metà gennaio partecipa al congresso di Livorno del Partito
Socialista Italiano, che sanzionerà il distacco della frazione
comunista, ma deve abbandonare precipitosamente la città per correre a
Ferrara, dove il sindaco socialista e il capo delle leghe rosse sono
stati arrestati in seguito a incidenti accaduti il mese precedente. Il
31 gennaio pronuncia alla Camera il primo di numerosi discorsi di
denunce contro le violenze fasciste. Il 12 marzo è sequestrato da un
gruppo di fascisti del paese di Castelguglielmo. Subisce intimidazioni e
probabilmente anche violenze fisiche. Gli viene intimato di lasciare
per sempre il Polesine. Alle elezioni del 15 maggio è eletto per la
seconda volta deputato nel collegio di Padova - Rovigo.
Il
21 luglio parla contro il governo Bonomi. A metà ottobre partecipa al
congresso di Milano del Partito Socialista Italiano e pronuncia un forte
discorso contro l'ala massimalista.
1922
- In febbraio condivide con Sturzo il veto a Giolitti, il politico nel
quale vedeva riassunto tutto il peggio della vecchia politica italiana.
Poi, mentre si avvicina la vittoria di Mussolini, lavora sempre più
attivamente, ma inutilmente, per creare un governo di unità
antifascista. In ottobre è fra i protagonisti del congresso socialista
di Roma che sanziona il distacco della corrente riformista da quella
massimalista e la nascita del Partito Socialista Unitario, PSU.
Matteotti ne è nominato segretario. Il 18 novembre interviene in
Parlamento affermando che l'Italia è ormai in regime di dittatura.
Il
dilagare dell'illegalità e della violenza lo convince che solo
l'intransigente difesa della legalità e del ruolo del Parlamento possono
fermare la rivoluzione fascista.
1923
- In vari lettere a Turati manifesta tutta la sua disistima per la
dirigenza socialista. Si convince sempre più dell'assoluta necessità di
combattere il fascismo difendendo fino all'ultimo le libertà statutarie
e le garanzie formali dello stato di diritto. Su questo punto matura
una sua irriducibile ripulsa del comunismo di matrice bolscevica, fatto
proprio dei comunisti italiani. Si muove freneticamente per irrobustire i
collegamenti internazionali del partito e per accrescere la solidarietà
dei suoi confronti degli ambienti politici europei. In gennaio è in
Francia, in marzo in Francia e Germania. Poi gli viene ritirato il
passaporto.
In novembre il Parlamento approva la legge Acerbo grazie alla defezione dei popolari e dei socialisti.
1924
- In gennaio rifiuta quasi con sdegno la proposta dei comunisti di un
fronte unico contro i fascisti. Respinge in particolare la tesi
comunista che rifiuta come primum dell'opposizione al fascismo la
restaurazione delle libertà statutarie. Matteotti è giunto ormai alla
condizione che il bolscevismo sia quasi l'immagine speculare del
fascismo. All'inizio dell'anno va all'estero clandestinamente, via
Svizzera. In aprile si reca in Belgio, Inghilterra e Francia. a Londra
ottiene le informazioni che cerca riguardo alle compromissioni di
uomini del regime nelle forniture petrolifere all'Italia. Alle elezioni
del 6 aprile, con la legge Acerbo, viene rieletto deputato nella lista
del PSU. Dei tre partiti socialisti il PSU è quello che ottiene il
risultato migliore, con il 5,9% e 24 deputati. Il 30 maggio, in
occasione della prima seduta del nuovo Parlamento pronuncia il celebre
discorso di denuncia dei brogli e delle violenze commesse dei fascisti
durante la consultazione elettorale. Ai primi di giugno rinuncia ad
andare a Vienna per una riunione dell'esecutivo della Seconda
Internazionale (per questa trasferta gli era stato concesso il
passaporto) al fine di prepararsi all'intervento che intendeva svolgere
in aula l'11 giugno in occasione del dibattito sul bilancio dello Stato.
Il discorso era stato preannunciato come di aperta denunca di profitti e
ruberie. Il 10 giugno, verso le quattro del pomeriggio, viene aggredito
sul lungotevere Arnaldo da Brescia mentre si reca dalla propria
abitazione a Montecitorio e caricato a forza su un'auto che si lontana
forte velocità. Il suo assassinio avvenne, con tutta probabilità,
all'interno dell'auto poco dopo il rapimento. Il 16 agosto il corpo,
ridotto ormai a poco più che lo scheletro viene ritrovato in un bosco
del comune di Riano, circa 20 chilometri da Roma. Il 20 agosto il
feretro giunge in treno Fratta Polesine, dove il giorno dopo si svolge
il funerale. La salma è provvisoriamente tumulata nella tomba di una
famiglia amica nel cimitero di Fratta, ma, in seguito minacce di
devastazione formulato dei fascisti del luogo, deve essere poco dopo
trasferita in un loculo aminimo. Riesumata nel 1928, la salma viene
definitivamente tumulata nella tomba di famiglia, di fronte all'ingresso
del cimitero, dove si trova tuttora.
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La cronologia è tratta da questo bel libro:
Dalla quarta di copertina:
"L'episodio
più noto della vita di Matteotti è la sua morte. Oggetto di questo
libro è la sua vita, che conoscevamo molto meno. Sapendo come visse,
capiamo perchè morì"
Per saperne di più:
- 3 gennaio 1925 - Il discorso da cui iniziò la dittatutra di Mussolini
- Fascismo - documenti
- Discorso del 3 gennaio 1925