sabato 29 novembre 2025
SITTI RENATO
Nato a Ravarino (Modena) nel 1923, Renato Sitti si trasferì a Ferrara nel 1944 dove, dopo essere stato esonerato dal servizio militare per problemi cardiaci, aveva ottenuto un lavoro impiegatizio presso il locale ufficio del Registro. Nell’immediato dopoguerra aderì al Partito Comunista e iniziò un’intensa attività culturale: fu poeta, scrittore, critico di cinema e d’arte, curatore di eventi espositivi, giornalista attento alle grandi questioni sociali. La sua azione culturale fu coerente, perché sempre fondata sull’impegno civile e sociale, non disgiunto da quello politico. Collaborò attivamente con vari giornali e riviste, da “La Nuova Scintilla” (1948-1957) a “L’Unità” (1953-54), da “Competizione democratica” (1955-58) a “Cinema 60”, e altri.
Nei primi mesi del 1965, a seguito di concorso, fu assunto dal Comune di Ferrara, chiamato a svolgere funzioni presso le attività culturali, ruolo istituzionale in cui si distinse nello stimolare le nuove esperienze audio-visuali nelle scuole, mirando sempre alle forme sensibili della coscienza sociale. Sitti fu anche storico dell’età contemporanea e concentrò la sua attenzione sulla cultura delle massi popolari, sul fascismo, sulla lotta di liberazione. Fra le sue pubblicazioni si ricordano Ferrara. Il regime fascista, (con Lucilla Previati) 1976; Sul Risorgimento ferrarese, 1983; La Capillare. Rapporto su un’organizzazione fascista di base, 1983. Dalla fine degli anni sessanta la sua opera intellettuale fu guidata dalla volontà di definire e conservare la “memoria” delle classi popolari del Novecento, attraverso la raccolta e l’utilizzo sinergico delle fonti storiche tradizionali e di quelle antropologiche. Si debbono alle sue intuizioni “istituzionali” la creazione del Centro Etnografico Ferrarese presso il Comune di Ferrara e lo sviluppo, in tandem con l’agricoltore Guido Scaramagli, del MAF, Il Centro di Documentazione Mondo Agricolo Ferrarese di San Bartolomeo in Bosco, oggi una delle maggiori realtà di museografia agricola della regione Emilia-Romagna.
L’attività di Sitti è stata straordinariamente intensa, coinvolgente e si è dipanata per oltre 45 anni instaurando relazioni profonde con tanti protagonisti della cultura italiana. La sua attività è testimoniata da una quantità imponente di scritti, purtroppo non sempre di facile reperibilità perché sparsi fra giornali, riviste, piccola editoria e pubblicazioni povere e “militanti”. Sitti è scomparso prematuramente nel 1992 per complicazioni insorte dopo un intervento cardio-chirurgico.
https://renatositti.it/biografia/biografia
venerdì 28 novembre 2025
CARETTI LANFRANCO
Lanfranco Caretti
(Ferrara, 3 luglio 1915 – Firenze, 4 novembre 1995) è stato un filologo, critico letterario e italianista italiano.
Ottenne la maturità presso il Regio Liceo Ginnasio "L. Ariosto" di Ferrara e conseguì la laurea in Lettere presso l'Università di Bologna. Si dedicò ad un'intensa attività di ricerca, che gli valse la cattedra di Letteratura italiana all'Università degli Studi di Pavia. L'impegno come docente proseguì, dal 1964, all'Università degli Studi di Firenze. Il suo metodo critico, nel quale la filologia e la storia si incontrano con rigore, è caratterizzato in particolare dalla variantistica, ovvero dall'esame del lavoro dello scrittore attestato dalle correzioni o dai cambiamenti che si desumono dai manoscritti e dalle diverse edizioni.
Caretti dedicò studi di grande interesse all'ambiente umanistico-rinascimentale della corte estense (come dimostrano i saggi e le edizioni dedicati ai due maggiori poeti del tempo, Ariosto e Tasso).
Molti saggi furono dedicati all'approfondimento filologico e critico dell'opera di autori classici, da Dante a Manzoni, da Giuseppe Parini a Vittorio Alfieri. Non mancano studi sui poeti contemporanei Eugenio Montale, Sergio Solmi e Vittorio Sereni.
Uno degli archivi culturali più importanti sul Novecento letterario è rappresentato dalla biblioteca e dalle carte di Lanfranco Caretti e si trova presso la Biblioteca comunale Ariostea. Prima della sua scomparsa, Caretti dispose di lasciare all'Ariostea tutti i suoi libri. A partire dal 2000 i suoi tre figli cominciarono a consegnare anche l'archivio, rappresentato da documenti di famiglia, carte frutto dell'attività di studio e di lavoro, lettere e fotografie.
p.s.: sempre grazie a Wikipedia
SAN CONTARDO D'ESTE

Contardo nasce a Ferrara da Aldobrandino I d'Este e dalla seconda consorte, che apparteneva alla nobile famiglia dei Contardi. Sua sorella è Beatrice d'Este, regina d'Ungheria.
Aldobrandino venne assassinato nel 1215 ed il fratello Azzo VII, detto il Novello, sapendo che la sua vedova era in stato di gravidanza, decise di allontanarla dalla residenza di Calaone e di farla partorire a Ferrara, questo per prevenire possibili problemi con la successione. Contardo nacque quindi a Ferrara sotto la protezione dello zio, ma senza essere tuttavia riconosciuto come erede della casata Estense. Nel 1234 la sorella andò in sposa al re Andrea II d'Ungheria (detto il gerosolimitano perché fu tra i fautori della quinta crociata in Terra Santa). Nello stesso periodo Contardo venne finalmente riconosciuto Principe estense grazie al fortissimo legame e all'intercessione della sorella Beatrice; questo legame, più avanti, si allargò anche al figlio di Beatrice: Stefano, erede al trono di Ungheria.
Nel 1235 il Re di Ungheria Andrea II nomina Contardo: “Miles Sancti Sepulcri” ( Cavaliere del Santo Sepolcro), in virtù delle caratteristiche della sub infeudazione con il Regno di Gerusalemme; nel feudalesimo era pratica comune ai regnanti conferire il titolo di cavaliere ai loro uomini migliori. In quegli anni Contardo, sull’esempio di San Francesco, sentì la voce di Dio che con forza lo chiamava ad abbandonare le ricchezze terrene e il diritto di successione, per vivere in povertà e pellegrino del Vangelo sulle strade di Terra Santa e d'Europa. Contardo era molto legato alla Terra Santa per il rapporto con la nonna Alice di Chàtillon principessa del Regno di Antiochia.
La crociata era vissuta come una forma molto particolare di pellegrinaggio. In quell’epoca il pellegrinaggio per il cristiano era molto importante, ma solo pochi potevano diventare palmieri, i più erano romei o pellegrini. Chi andava a Gerusalemme metteva a rischio la propria vita durante tutto il tragitto (il viaggio durava circa 3 anni a piedi, poco meno se si usava una nave). Il pellegrinaggio di per sé non era mai sicuro ed occorreva viaggiare con gruppi armati per prevenire gli attacchi dei predoni, d’altro canto, in generale, gli arabi trattavano discretamente i pellegrini lasciando libertà di accesso ai luoghi santi perché seguivano gli stessi percorsi dei commercianti.
Ritornato in patria Contardo visse in santità e penitenza. All’età di 33 anni, lascia di nuovo Ferrara con alcuni compagni, forse gli stessi che lo avevano accompagnato in Terrasanta e si mette in cammino verso Santiago di Compostela, edificando con la sua fede e la sua semplicità chiunque incontrava durante il cammino.
Arrivato a Broni (Provincia di Pavia) probabilmente con l'intenzione di andare a Genova in Liguria per poi salpare con una nave in direzione dei Santiago, si ammala ed esprime il desiderio di essere sepolto in quel luogo qualora fosse morto, i compagni pellegrini a malincuore fanno voto a Contardo di proseguire da soli nel pellegrinaggio e di tornare per la medesima strada certi di ritrovarlo guarito e riportarlo a Ferrara. In realtà la salute di Contardo peggiora, finiscono i pochi soldi che aveva portato con sé e viene trasferito dall’albergo del paese alla cascina di un contadino che gli offre un pagliericcio a terra su cui sdraiarsi. In questa condizione di estrema povertà Contardo muore il 16 Aprile 1249. Alcuni prodigi impedirono che la sua morte avvenisse nell'anonimato e manifestando la santità dello sconosciuto pellegrino ai cittadini di Broni.
Le campane della chiesa della città si misero a suonare incessantemente e da sole. Poiché non vi era modo di fermarle, e non si capiva il motivo perché suonassero da sole, la popolazione era inquieta, finché qualcuno si ricordò del povero pellegrino malato. Quando alcuni di loro si diressero al giaciglio videro che attorno al corpo di Contardo vi erano delle splendenti fiammelle. Subito venne organizzato il funerale e la sepoltura del pellegrino e le campane smisero di suonare. Era chiaro a tutti che quel povero pellegrino non era una persona qualsiasi.
Iniziarono i miracoli presso la sua tomba, la gente veniva guarita dai mali alla testa e dai dolori della colonna vertebrale tipici dei contadini che lavoravano duramente nei campi e sulle colline dell’Oltrepò pavese. I compagni pellegrini che tornavano per riprendere Contardo saputo della sua morte svelarono ai popolani che si trattava del principe d’Este e poi rientrati a Ferrara dissero agli estensi della volontà di Contardo di essere seppellito a Broni. Dopo poco tempo il corpo del cavaliere pellegrino viene traslato nella chiesa parrocchiale.
Santo venerato con culto approvato da Papa Paolo V e arricchito di indulgenze da Papa Urbano VIII.
Culto
Il culto di san Contardo fu approvato da papa Paolo V.
La memoria liturgica è celebrata il 16 aprile, mentre la memoria della traslazione del corpo all'interno della Basilica Minore di San Pietro Apostolo in Broni è celebrata, con grande concorso di popolo e processione, l'ultimo sabato di Agosto. Dal 1698 è Copatrono di Modena.
Al Santo pellegrino, definito da molti il Patrono di tutto l'Oltrepò Pavese, è stato dedicato un colle nel Comune di Broni, Monte di San Contardo, sulla cui cima è situata un'antica cappella. La strada che percorre il colle è impreziosita da un'artistica Via Crucis di 15 stazioni realizzata dallo scultore pavese Angelo Grilli.
Dal Martirologio Romano: "A Broni presso Pavia, commemorazione di san Contardo, pellegrino, che scelse una vita di estrema povertà e morì colpito da una malattia mentre era in cammino per Compostela".
p.s.: sempre grazie a Wikipediagiovedì 27 novembre 2025
ZUCCHINI ANNIBALE
Annibale Zucchini (Ferrara, 1891 – Garbagnate Milanese, 1970) è stato uno scultore e architetto italiano.
Biografia
Annibale Zucchini nacque a Ferrara nel 1891 e ottenne il diploma di laurea in architettura nel 1916 a Roma dove si era trasferito per gli studi. Per alcuni anni si dedicò alla sua professione, presso l'Ansaldo, a Genova, e progettò anche opere particolari, come ad esempio la piccola Chiesa di San Francesco di Foza, vicino ad Asiago.
Interesse per la scultura
Prestissimo iniziò ad interessarsi alla scultura, dimostrando curiosità anche per la pittura ed avvicinandosi ad esponenti del futurismo e ad altri ambienti artistici innovativi. Si trasferì nuovamente a Roma, dove venne in contatto con la Scuola di via Cavour. Cominciò ad esporre le sue opere in varie gallerie ed in tutte le Quadriennali di Roma tra il 1935 e il 1955 (alla III Quadriennale di Roma del 1939 espose Ritratto di Corrado Govoni, bronzo). Nella sua città natale seguì un gruppo di artisti e intellettuali chiamato Al Filò, che aveva come obiettivo principale quello di promuovere l'arte locale più rappresentativa; tra gli artefici Ervardo Fioravanti, Nemesio Orsatti, Antenore Magri, Galileo Cattabriga, Giuseppe Virgili, Laerte Milani e altri. Fra Milano e Roma strinse rapporti di amicizia con Giorgio Bassani, Fausto Pirandello, Giuseppe Capogrossi, Carlo Bassi, Giuseppe Ravegnani, Paolo Grassi, Gio Ponti e la figlia Lisa. Divenne amico pure di Renzo Ravenna, podestà di Ferrara, interessato a sostenere la cultura cittadina, alla quale teneva in modo particolare.
Per Filippo de Pisis eseguì la copertina per il libro La città dalle 100 meraviglie dedicato a Ferrara.
Trasferitosi a Milano negli ultimi anni di vita, morì presso l'ospedale di Garbagnate Milanese nel 1970.
Opere
Alcune sue sculture sono conservate a Ferrara nel Museo d'arte moderna e contemporanea Filippo de Pisis.. Sempre a Ferrara, altre opere sono custodite presso l'istituto comprensivo Cosmè Tura di Barco nell'ex caserma dei vigili del fuoco vicina allo stadio comunale, nel palazzo della Camera di commercio, nella casa parrocchiale della chiesa di Santa Francesca Romana, al Liceo Ariosto e al cimitero monumentale della Certosa di Ferrara. Un suo affresco è presente in un locale di via Ragno mentre il busto bronzeo del poeta Corrado Govoni si trova nel palazzo Barbantini-Koch in corso della Giovecca.
Altre opere sono disseminate tra Emilia e Lombardia: a Piacenza una testa femminile nella galleria d'arte moderna Ricci Oddi, a San Giacomo delle Segnate una Pietà nella chiesa di San Giacomo Apostolo, a Voltorre di Gavirate e nel cimitero di Gerenzano.
P.S.: sempre grazie a Wikipedia
TEGLIO EMILIO e UGO
TEGLIO EMILIO e UGO
Emilio Teglio (Modena, 30 giugno 1873 – Brescia, 13 agosto 1940) è stato un matematico italiano, preside del Regio Liceo Classico Ariosto di Ferrara ininterrottamente dal 1922 sino al 1938, quando entrarono in vigore le leggi razziali che lo costrinsero alle dimissioni.
Era figlio di Bonaiuto Teglio, avvocato e consigliere legale del duca di Modena. Si laureò nel 1897 in matematica a Torino e nel 1902 si laureò in fisica a Modena. Si trasferì a Monteleone Calabro e proseguì nella carriera sino al 1922 quando ottenne l'incarico di preside del Regio Liceo classico Ariosto a Ferrara, città nella quale si trasferì.
Per effetto delle leggi razziali
venne espulso dalla scuola nel 1938, ed una targa, posta nell'istituto,
ricorda quel momento tragico che coinvolse anche alcuni alunni del
liceo. Questi, a partire dall'anno scolastico 1938-1939, non furono più
ammessi alle lezioni.
Targa posta all'interno del Liceo Ariosto di Ferrara in memoria degli ebrei espulsi per effetto delle leggi razziali. Il preside dell'istituto, Emilio Teglio, fu tra questi.
UGO TEGLIO. Un destino ancora peggiore subì il figlio Ugo, avvocato, antifascista, arrestato il 7 ottobre 1943 e rinchiuso nel carcere di via Piangipane, a Ferrara. Da questo ne uscì solo per essere fucilato con altri 10 antifascisti la notte tra il 14 ed il 15 novembre 1943 accanto al muretto del fossato del Castello Estense.
Ugo Teglio nasce a Modena il 20 gennaio 1906, figlio di Emilio, preside del Liceo Classico Ariosto, e di Augusta Castelbolognesi. Laureato in Legge, inizia la sua vita professionale presso lo studio dell'onorevole Mario Cavallari, noto esponente socialista. Aderisce al Partito Socialista e ha contatti con importanti esponenti dell'antifascismo e con il movimento Giustizia e Libertà. Oltre a distribuire stampa clandestina, assiste come legale i detenuti politici. Per queste attività viene condannato al confino nel 1940. Tornato a Ferrara, entra a far parte del primo Comitato di Liberazione della città, ma viene catturato e portato nelle carceri di via Piangipane. Qui viene prelevato all'alba del 15 novembre 1943 e fucilato presso il muretto del Castello Estense.

mercoledì 26 novembre 2025
BORSARI LUIGI
Via Luigi Borsari a Ferrara.
Via Luigi Borsari è dedicata a un giurista e politico ferrarese vissuto nel periodo del Risorgimento. Egli nacque a Ferrara il 28 agosto 1804, si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza a Bologna e nel 1824 conseguì la laurea con il massimo dei voti. Per quanto riguarda la sua carriera lavorativa, il 18 settembre 1845, vinse la cattedra all’università pontificia di Ferrara diventando professore di legge. Pochi anni dopo, nel giugno del 1848, nonostante la sua ferma fede cattolica, scrisse un articolo sulla gazzetta ferrarese in cui criticava fortemente il governo pontificio di Papa Pio IX, in particolare per la legge sulla libertà di stampa.
Pochi giorni dopo venne eletto deputato di Ferrara al Consiglio dei deputati, lavoro da cui si dimetterà il 12 novembre dello stesso anno. Tuttavia il 6 maggio 1849 entrò a far parte della magistratura cittadina, successivamente venne assunto come consigliere di Corte d’appello a Bologna, lavoro che svolse fino al 1878, anno in cui andò a riposo per l’età avanzata. Morì a Ferrara il 19 aprile 1887.
La scheda, con le notizie che precedono, è stata realizzata a cura dello studente Riccardo Bartolini, classe 3° A, A..S. 2018/2019 dell’ I.I.S. ”G.B.
Aleotti” – I.T. C.A.T. (Costruzioni, Ambiente e Territorio) di Ferrara.
lunedì 24 novembre 2025
venerdì 3 ottobre 2025
Storie d'acqua
Il Cavo Napoleonico: quando il Reno e il Po si incontrano
Era il 1805 quando Napoleone Bonaparte decise che il Reno sarebbe stato immesso nel Po. Ma nessuno immaginava che il progetto di questo canale artificiale, noto oggi come Cavo Napoleonico o Scolmatore del Reno, inizialmente pensato per limitare i danni causati dalle frequenti inondazioni del Reno nel bolognese e nel ferrarese, si sarebbe trasformato nel giro di 150 anni in un'opera idraulica dalle molteplici funzioni.
Cerchiamo
di fare prima qualche passo indietro: anticamente, il Po passava per
Ferrara, dividendosi nei pressi di San Giorgio nei due rami di Volano e Primaro. Con le rotte di Ficarolo del 1152 e 1192, però, il Po aprì a settentrione un nuovo corso, lasciando secco il Po di Ferrara.
Il Reno, che sboccava all'interno di quest'ultimo, rimase senza sfogo
ed in caso di piena allagava le terre circostanti danneggiando
gravemente le terre della pianura bolognese.
Ne nacque una disputa secolare tra bolognesi e ferraresi che nemmeno il rimedio ordinato dal Cardinale Lambertini (futuro Papa Benedetto XIV),
nella seconda metà del '700, riuscì a risolvere. I lavori ordinati
collegarono il percorso finale del Reno con la parte finale del Po di
Primaro nel noto Cavo Benedettino, alleggerendo così le piene che
si verificavano a monte. Non a caso, l'attuale tratto finale del Reno
fino alla foce è proprio l'antico letto del Po di Primaro.
Tuttavia, l'opera non fu sufficiente perché le rotte, anche se più rare, si ripetevano comunque.
Qualcuno
ipotizzò di collegare il Reno al Panaro, il tratto più breve fra la
curva a est del fiume e l'affluente del Po, ma il progetto fu
accantonato a causa della frequente concomitanza di piene dei due fiumi.
Poi nell'800 entrò in scena Napoleone Bonaparte. "Quel geniale despota che la scena del mondo tutta occupava", secondo la definizione di Benedetto Croce, aveva particolarmente a cuore la città di Bologna, che visitò fra il 21 ed il 25 giugno 1805. Fu in questa occasione e grazie all'intervento del suo ministro Antonio Aldini, che si interessò a risolvere speditamente le questioni del Reno e dei relativi debiti di acque.
La Commissione di
esperti istituita da Aldini, che si tenne in una delle sale del Comune
di Bologna, portò all'attenzione di Napoleone tutte le vicissitudini
della pianura bolognese e le soluzioni per una definitiva sistemazione
idrica del Dipartimento del Reno, della quale l'Aldini redasse un'ampia
relazione.
Nonostante
alcune proposte non risolutive formulate dai ferraresi, che erano
piuttosto contrari alle ragioni dei bolognesi, Napoleone fu dalla parte
di questi ultimi, decretando nel 1805 sia la liquidazione del debito
contratto dal Dipartimento del Reno sia l'immissione delle acque del
Reno nel Po Grande, attraverso la costruzione di una nuova linea lunga
circa dieci miglia che dalla Panfilia nei pressi di S. Agostino
terminava a Palantone.
Alle spese per la costruzione e la manutenzione della nuova linea (3.120.000 lire complessive) dovevano contribuire entro cinque anni i terreni compresi nel circondario definiti dai Chirografi Pontifici fra il 1770 ed il 1776.
I lavori per il nuovo inalveamento del Reno iniziarono all'indomani del decreto imperiale e proseguirono con grande celerità. Poi nel 1807, il percorso venne in parte modificato, prevedendo la conduzione delle acque del Reno non più a Palantone ma a Bondeno, attraverso l'immissione nell'ultimo tratto del Panaro e successivamente nelle acque del Po.
Vi fu poi un altro decreto nel 1810 che concerneva l'aggiunta della Botte sotto il Panaro ed altri lavori relativi allo scolo di Burana.
Tutto sembrava procedere con grande alacrità, finché il governo napoleonico si trovò inguaiato nelle guerre di Russia e di Spagna che ne prosciugarono tutte le risorse finanziarie fino a provocare il completo abbandono dei lavori nel 1814, con la caduta di Bonaparte.
Fu dopo una serie di catastrofiche rotte, avvenute tra il 1949 ed il 1951, che si avviò una lunga fase di riprogettazione del Cavo, anche in funzione di collegarlo al Canale Emiliano-Romagnolo (CER), realizzato negli anni '60 a scopi irrigui tra Bologna e Rimini.
Nei lavori, che ripresero nel 1953 e furono completati nel 1964 sulla base del progetto di Mario Giandotti, il nuovo tracciato del Cavo fu spostato più a Est collegandosi direttamente al Po.
Nel 1966 venne aperta a Salvatonica la comunicazione con il Po ed
avvenne il primo collaudo. Ma le preoccupanti perdite di acqua dal
fondo, spinsero i tecnici a mettere in opera, tra il 1966 ed il 1973,
una parziale impermeabilizzazione del fondo con lastre in cemento armato.
Alla conclusione dei lavori, il Cavo Napoleonico era diventato un canale scolmatore con la doppia funzione
di accogliere parte delle acque del Reno durante il periodo di piena e
condurle al Po dopo un percorso di 18 chilometri e quella di alimentare,
con flusso invertito, il Canale Emiliano-Romagnolo per
l'irrigazione agricola, quando i corsi d'acqua romagnoli hanno portate
insufficienti ai fabbisogni estivi.
Il Cavo
Napoleonico è una delle opere di ingegneria idraulica più importanti
della nostra pianura e ricopre un ruolo essenziale nella salvaguardia del nostro territorio>.
Necessita quindi di costanti ed attente manutenzioni affinché non si trasformi da risorsa a pericolo per le persone e l'economia e perché possa continuare a ricoprire il ruolo fondamentale per il quale è stato concepito e poi ampliato, con l'impiego, è giusto ricordarlo, di enormi risorse economiche.
Bibliografia, links ed altri documenti utili alla scrittura dell'articolo:
- Il sito www.cavonapoleonico.wordpress.com,
a cura di Antonio Elio Prestopino, è un prezioso raccoglitore di
documentazione relativa al Cavo Napoleonico, sia a livello storico che
tecnico.
- "Cenni sulla storia del Cavo Napoleonico", tratto dalla Rivista di Storia dell'Agricoltura (il documento deve essere stato scritto intorno agli anni '60 del '900)
- Antonio Aldini e le tracce di Napoleone nel territorio bolognese | 4. L’origine e l'evoluzione del cavo napoleonico – dall'Archivio di Stato di Bologna (mostra virtuale)
- "Valutazione delle condizioni di sicurezza idraulica del Canale Cavo Napoleonico"
– Ricerca finanziata da Regione Emilia-Romagna, Servizio Tecnico Bacino
Reno – a cura di Giulia Biavati, Guido Mori, Enrico Mazzini con il
contributo di Monica Ghirotti, Ezio Todini, Giuseppe Simoni – Articolo
pubblicato sulla rivista "Il Geologo dell'Emilia-Romagna".
- "La memoria dell'acqua nella pianura bolognese" di Maurizio Garuti – Pendragon Editore, 2008 (pagg.146/149).
- "A cosa serve il Cavo Napoleonico?" - Articolo di Florio Piva pubblicato su Filo Magazine (22 novembre 2019)
- Relazione storica "Riqualificazione spaziale e ambientale dei
sistemi relativi alle piazze di Sant'Agostino" – Progetto
definitivo/esecutivo – Comune di Terre Del Reno (FE) – Progetto Sinergo,
Venezia (Pagg. 5/9).
- Video "Apertura scolmatore Cavo Napoleonico durante la piena straordinaria del febbraio 2019"
- Fonti delle immagini storiche pubblicate:
- Archivio fotografico Terre del Reno
- AIPo (Agenzia Interregiornale per il fiume Po) Geo Portale – Cartografia storica
Notizie tratte da:
sabato 27 settembre 2025
BONATI TEODORO
BONATI TEODORO
Teodoro Bonati (Bondeno, 8 novembre 1724 – Ferrara, 2 gennaio 1820 - anni 95) è stato un ingegnere idraulico, matematico e medico italiano.
Si laureò in medicina presso l'Università degli Studi di Ferrara nel 1724 ed iniziò la pratica presso il paese d'origine. Conosciuto il sacerdote Romualdo Bertaglia, tecnico e perito del Comune nelle controversie idrauliche, iniziò gli studi matematici. Il marchese Guido Bentivoglio lo istituì però presto come medico di famiglia e nel 1750 lo invita a trasferirsi a Ferrara dove poté proseguire gli studi matematici. Nel 1763, alla morte di Bertaglia, gli venne conferita la carica di Consultore della Congregazione dei lavorieri e posto a dirigere i maggiori lavori idraulici della provincia ferrarese. Nel 1772 gli venne conferita la cattedra d'Idrostatica ed idrodinamica presso l'Università di Ferrara.
Scienziato e credente, contraddisse Napoleone, dichiarandosi contrario alla sua decisione di deviare il corso del fiume Reno, immettendolo nel Po tramite un canale chiamato Scolmatore del Reno o più comunemente Cavo Napoleonico.In particolare egli sosteneva molto avvedutamente che non sarebbe stato producente fare confluire le acque in eccesso del fiume Reno nel fiume Panaro, in quanto questi due corsi d'acqua presentano piene concomitanti, e quindi si «sarebbe riempito lo stesso bicchiere». Successivamente i lavori di questo canale artificiale hanno addotto l'acqua direttamente al fiume Po e al Canale Emiliano Romagnolo, in linea con quello che egli sosteneva in fase di ideazione di questa soluzione idrogeologica. I dialoghi con Napoleone sono testimoniati da lui stesso: «Li 23 detto (aprile 1797), l'Imperatore volle sentirmi alquanto a lungo sull'immissione del Reno in Po, presenti i bolognesi, promotori di detta immissione».
Links:
https://www.chieracostui.com/costui/docs/search/schedaoltre.asp?ID=8448&myword=BONATI
https://it.wikipedia.org/wiki/Teodoro_Bonati
Per approfondire la storia del Cavo Napoleonico si consiglia Wikipedia (fonte inesauribile di notizie):
https://it.wikipedia.org/wiki/Cavo_Napoleonico
sabato 20 settembre 2025
Pietro di Benvenuto degli Ordini (Ferrara, doc. 1448 – Ferrara, 1483) è stato un architetto italiano.

Biografia
Fu architetto di corte di Borso d'Este e poi di Ercole I d'Este. Dal 1454 al 1458 è tra i responsabili della costruzione delle opere in muratura del primo ordine del campanile della Cattedrale di San Giorgio (Ferrara). Tra il 1466 e il 1471 fu incaricato di riorganizzare ed estendere la struttura del Palazzo Schifanoia, nonché di realizzare un appartamento per il duca al primo piano. I lavori furono poi ultimati dal suo assistente, Biagio Rossetti. Nel palazzo Ducale, l'odierno Palazzo Municipale (Ferrara), tra il 1474 e il 1481 realizzò il nuovo cortile, la cappella, il giardino della fontana e la splendida scala d'onore che domina la piazza. La maggior parte dei edifici costruiti da Pietro di Benvenuto ha subito trasformazioni o è andata distrutta, ad esclusione dello scalone del palazzo Ducale.
From:
https://it.wikipedia.org/wiki/Pietro_Benvenuto_degli_Ordini
TEOFILO CALCAGNINI
TEOFILO CALCAGNINI
Teofilo Calcagnini nacque e morì a Ferrara, rispettivamente nel 1441 e 1488. Fu un nobile della corte estense al quale venne donato, tra gli altri, il possedimento di Fusignano dal Duca Borso d’Este.
La posizione di grande rilievo che ebbe nella società ferrarese e le ingenti ricchezze da cui ebbe origine lo splendore della sua famiglia, furono dovute alla predilezione che ebbe per lui il duca Borso d’Este, alla cui corte fu messo dal padre.
Il maggiore atto di liberalità del duca si ebbe nel 1464. Il 25
dicembre, in una solenne cerimonia tenuta nella cattedrale di Ferrara,
Borso fece cavaliere aurato il Calcagnini e lo investì del castello di
Cavriago nel Reggiano, di quello di Maranello nel Modenese e di quello
di Fusignano in Romagna.
Dopo d’allora il Calcagnini compare quasi sempre a fianco di Borso col
titolo di “compagno del duca”, titolo che a Ferrara designava un vero e
proprio ufficio pubblico.
La morte del duca Borso non segnò la fine delle fortune del
Calcagnini: il nuovo duca, Ercole I, lo tenne per “compagno” e non cessò
di favorirlo.
Durante la guerra tra Venezia e Ferrara (1482-1484) il Calcagnini
partecipò in Romagna a qualche azione militare. Fusignano fu occupata da
truppe al soldo dei Veneziani e fu restituita al Calcagnini dopo la
pace di Bagnolo (1484): il 10 maggio 1485 il doge Giovanni Mocenigo
ordinava al podestà di Ravenna di mantenere il Calcagnini nel quieto
possesso dei suoi feudi ed in particolare delle valli bonificate. Il
Calcagnini aveva infatti nel 1468 acquistato una grande estensione di
terreno vallivo a nord di Fusignano e ne aveva cominciato la bonifica;
l’opera fu poi continuata e portata a termine da suo figlio Alfonso, per
cui quei terreni si chiamarono e si chiamano ancora Le Alfonsine.
Testo tratto da:
https://www.bassaromagnamia.it/poitofintrests/teofilo-calcagnini-1441-1488/
Vedi anche:
DELIZIA ESTENSE DI BENVIGNANTE
DELIZIA ESTENSE DI BENVIGNANTE
La Delizia di Benvignante è una delle "delizie" (residenze monumentali) che gli Este fecero costruire nei dintorni di Ferrara durante il loro dominio sulla città. È situata nel comune di Argenta tra le frazioni di San Nicolò e Consandolo e dà il nome alla frazione di Benvignante.
Storia e descrizione
La Delizia, costruita nel 1464 da Pietro Benvenuto degli Ordini, fu voluta da Borso d'Este che la donò al fedele segretario Teofilo Calcagnini, che mise la dimora a disposizione delle riunioni dell'Accademia dei Filareti. Nel 1481 vi soggiornò la bella Beatrice d'Este. Passata poi dai Calcagnini a vari proprietari, nell'Ottocento la Delizia fu acquistata dal conte Luigi Gulinelli (il cui stemma compare ancora oggi sopra il portone d'ingresso) che modificò la struttura sopraelevandola e rendendola più imponente e squadrata e circondandola da quattro ettari di parco. Inoltre la dotò di famose scuderie per l'allevamento di cavalli da corsa che furono visitate pure da Vittorio Emanuele II. Attualmente la residenza appartiene al comune di Argenta.
Nel 2000 la Delizia di Benvignante è stata dichiarata dall'UNESCO, insieme con altre Delizie, Patrimonio dell'umanità. A partire dal 2018 sono stati realizzati interventi di restauro all’edificio, indagini archeologiche e ripristino del parco di quattro ettari che circonda la delizia.
Grazie a Wikipedia:
https://it.wikipedia.org/wiki/Delizia_di_Benvignante
Foto scattate da Nonno Kucco il giorno 21 settembre 2025, (come si può notare lo stemma del conte Luigi Gulinelli è stato rimosso):



















































