
Gaetano Salvemini
- Molfetta, 8 settembre 1873
- Sorrento, 6 settembre 1957, anni 84
- Storico, politico e antifascista italiano.
Deputato del Regno d'Italia | |||||
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Durata mandato | 1º dicembre 1919 – 7 aprile 1921 | ||||
Legislatura | XXV | ||||
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Dati generali | |||||
Partito politico | Partito Socialista Italiano | ||||
Titolo di studio | Laurea in Lettere | ||||
Università | Università di Firenze | ||||
Professione | Insegnante, giornalista pubblicista |
- 1895 - laurea in lettere a Firenze
- 1901 - ventotto anni ottiene la cattedra di Storia moderna a Messina
- 1908 - a Messina a causa del catastrofico terremoto, perse la moglie, i cinque figli e la sorella, rimanendo l'unico sopravvissuto di tutta la sua famiglia; aveva 35 anni.
- 1910 - insegnò storia all'Università di Pisa e infine dal 1916 a quella di Firenze. Tra i suoi allievi vi furono Carlo Rosselli, Federico Chabod, Ernesto Rossi e Camillo Berneri.
Aderì al Partito Socialista Italiano e alla corrente meridionalista, collaborando, dal 1897, alla rivista Critica Sociale, mostrandosi tenace sostenitore del suffragio universale e del federalismo, visto come unica possibilità per risolvere la questione del Mezzogiorno, cercando di condurre su posizioni meridionaliste il movimento socialista e insistendo sulla necessità di un collegamento tra operai del nord e contadini del sud, sulla necessità dell'abolizione del protezionismo e delle tariffe doganali di Stato (che proteggono l'industria privilegiata e danneggiano i consumatori), e della formazione di una piccola proprietà contadina che liquidasse il latifondo.
Salvemini denunciò il malcostume politico e le gravi responsabilità di Giolitti (dissesto della Banca Romana) con il libro: "Il ministro della mala vita" (1910). Esponente della corrente meridionalista del PSI, si scontrò sui temi sopra citati con la corrente maggioritaria di Filippo Turati, alimentando il dibattito interno al partito. In seguito però a una mancata manifestazione del partito contro lo scoppio della guerra italo-turca (1911), uscì dal partito socialista.
Assiduo collaboratore della rivista fiorentina «La Voce», nell'autunno del 1911 il periodico sceglie di appoggiare la Campagna di Libia. In predicato di assumerne la direzione, Salvemini abbandona La Voce per fondare, il 16 dicembre 1911, il settimanale «L'Unità». Il programma della rivista rispecchia le idee del fondatore: la vera unità italiana deve essere realizzata con l'autonomia e il federalismo. Salvemini diresse L'Unità fino al 1920; nello stesso periodo lavorò al progetto di fondare un nuovo partito, meridionalista, socialista nei fini di giustizia e liberale nel metodo, contro ogni privilegio: la Lega Democratica per il rinnovamento della politica nazionale. Mussolini nel 1914 lo invitò a rientrare nel Partito Socialista.
Sulla politica
Membro non allineato del Partito Socialista, Salvemini rimase sempre indipendente nelle proprie opinioni rispetto a quelle della maggioranza: la sua concezione politica era originale, e a un convinto socialismo di tendenza meridionalista che affondava le proprie radici nel radicalismo repubblicano risorgimentale, egli affiancava un deciso liberismo economico, in polemica con il protezionismo e lo statalismo. Il suo fu perciò un singolare caso di socialismo liberale, che anticipò le idee dei fratelli Rosselli. Il suo anticlericalismo, motivato oltre che dalla difesa dello Stato laico anche da una profonda avversione per la religione cattolica in generale (nonostante la vicinanza a eminenti personaggi del mondo cattolico come don Sturzo, o Arturo Carlo Jemolo), era accompagnato da un parallelo antibolscevismo, che lo portò a opporsi alla scelta del PSI, che era stato il suo partito, di allearsi con il PCI in vista delle elezioni del 1948, oltre che da un antifascismo che non vacillò nemmeno negli anni del massimo consenso del regime mussoliniano. Nonostante la propria profonda avversione per il clericalismo e il partito cattolico, proprio per quest'ultimo Salvemini invitò a votare in un momento difficile della vita politica nazionale: a lui si sarebbe rifatto anni dopo il giornalista Indro Montanelli con la sua celeberrima frase "Turatevi il naso, ma votate DC!".
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