Un concerto per raccontare la Storia e accordare passato e presente
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Andreï Filipov è un direttore d'orchestra deposto dalla
politica di Brežnev e derubato della musica e della bacchetta.
Rifiutatosi di licenziare la sua orchestra, composta principalmente da
musicisti ebrei, è costretto da trent'anni a spolverare e a lucidare la
scrivania del nuovo e ottuso direttore del Bolshoi. Un fax indirizzato
alla direzione del teatro è destinato a cambiare il corso della sua
esistenza. Il Théâtre du Châtelet ha invitato l'orchestra del Bolshoi a
suonare a Parigi. Impossessatosi illecitamente dell'invito concepisce il
suo riscatto di artista, riunendo i componenti della sua vecchia
orchestra e conducendoli sul palcoscenico francese sotto mentite
spoglie. Scordati e ammaccati dal tempo e dalla rinuncia coatta alla
musica, i musicisti accoglieranno la chiamata agli strumenti,
stringendosi intorno al loro direttore e al primo violino. La loro vita e
il loro concerto riprenderà da dove il regime li aveva interrotti,
accordando finalmente presente e passato.
Con
Train de vie
Radu Mihaileanu "addolcì" la Shoa, circondandola di un'aura pienamente
fantastica e organizzando una finta "autodeportazione" per evitare
quella reale dei nazisti. Il suo treno carico di ebrei fintamente
deportati ed ebrei fintamente nazisti riusciva a varcare come in una
favola il confine con la Russia. Ed è esattamente nella terra che
prometteva uguaglianza, salvezza e integrazione, che "ritroviamo" gli
ebrei di Mihaileanu, musicisti usurpati del palcoscenico e della musica a
causa della loro ebraicità.
È un film importante
Il concerto
perché racconta una storia ancora oggi sconosciuta, la condizione
esistenziale degli ebrei che vissero per quarant'anni nel totalitarismo.
Andreï Filipov e i suoi orchestrali sono idealmente prossimi agli
artisti che durante il regime di Brežnev si macchiarono dell'onta
infamante del dissenso e furono cacciati dal paese o dai luoghi dove
esercitavano la loro arte con l'accusa di aver commesso atti
antisovietici. Costretti a vivere (e a morire) nei campi di lavoro della
dittatura brezneviana o additati di fronte al mondo e al loro Paese
come parassiti sociali, i protagonisti del film riposero gli strumenti
per trent'anni e ripiegarono su esistenze dimesse e mestieri svariati:
facchini, commessi, uomini delle pulizie, conducenti di autoambulanza,
doppiatori di hard movie. Il regista rumeno li sorprende in quella vita
(ri)arrangiata e offre loro l'occasione del riscatto artistico e della
reintegrazione nel loro ruolo.
Come Gorbaciov, Mihaileanu
restituisce alla Russia un patrimonio umano e intellettuale, concretato
nel Concerto per Violino e Orchestra di Tchaikovsky, diretto da Filipov
nell'epilogo e metafora evidente della relazione tra il singolo e la
collettività. Positivo del negativo Wilhelm Furtwängler, celebre
direttore della Filarmonica di Berlino convocato di fronte al Comitato
Americano per la Denazificazione, l'Andreï Filipov di Alexeï Guskov è un
fool, un'anima gentile dotata come lo Shlomo di
Train de vie
di un talento per l'arte della narrazione e della finzione, che
conferma la predilezione del regista per l'impostura a fin di bene e
contro la grandezza del Male.
Ancora una volta è la musica ad
accordare gli uomini. In un'amichevole gara musicale tra due etnie
perseguitate (ebrei e gitani) o nella forma del Concerto per Violino e
Orchestra, due sezioni che formano un'irrinunciabile unità emozionale.
(da MYmovies)
Per saperne di più:
Il Concerto - MYmovies
Per vedere ed ascoltare il finale:
Il Concerto - Scena finale - You Tube