L’Italia è un Paese che umilia i giovani, denuncia l’ultimo
rapporto Censis del diversamente giovane Giuseppe De Rita. Solo una
sparuta minoranza immagina che l’intelligenza serva a farsi strada nella
vita. Anche la cultura e l’istruzione godono di scarsa considerazione. I
ragazzi italiani credono che per fare carriera servano le conoscenze
giuste e i legami familiari, registra il presidente del Censis con
sorpresa e, gli va riconosciuto, un certo dispiacere. Dopo di che
procede alla nomina del nuovo direttore generale del Censis, l’ingegner
Giorgio De Rita. Sulle prime molti pensano a un caso di omonimia.
Invece no, Giorgio è proprio figlio di Giuseppe. Fortunatamente non
si tratta di raccomandazione, familismo o conflitto di interesse,
fenomeni già catechizzati da De Rita (Giuseppe) in una dozzina di
rapporti Censis. De Rita (Giuseppe) ha scelto De Rita (Giorgio) in
quanto è il più bravo di tutti. E se tuo figlio è il migliore, non
dargli il posto solo perché la nomina dipende da te sarebbe una
discriminazione all’incontrario. Qualsiasi interpretazione diversa,
sostiene De Rita (Giuseppe, ma probabilmente anche Giorgio), significa
«cercare a oltranza il capello».
Il ragionamento ha una sua audacia, ma forse sottovaluta il fatto che
qualsiasi altro padre interpellato dal Censis affermerebbe che suo
figlio è il più bravo di tutti. Per questo nelle nazioni diverse dalla
Corea del Nord vige l’usanza di impedire a un padre di assegnare
incarichi di rilevanza pubblica a un figlio, sia pur bravissimo. Si
tratta di clausole curiose dal nome a noi ignoto di regole. Ne scoprirà
l’esistenza il prossimo rapporto del Censis.
Massimo Gramellini, La Stampa 6.12.2014
Massimo Gramellini, La Stampa 6.12.2014
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