venerdì 29 novembre 2019
PROVERBI IN DIALETTO FERRARESE - PROVERBI D' AVTUN
SETEMBAR
Par la Madona di canvazz (1)
ciama al butar pr' al tò tinaz.
Settembre
Per la Madonna dei canovacci
chiama il bottaio per i tuoi tini.
(1) il giorno 8
UTOBAR
Al calor al va in fum;
prepara al sach pr' i pum.
Ottobre
Il calore va in fumo;
prepara il sacco per le mele.
NUVEMBAR
Al dì ad Santa Catarina (2)
o vent, o név, o paciarina.
Novembre
Il giorno di Santa Caterina
o vento, o neve, o pozzangherina.
(2) il giorno 25
giovedì 7 novembre 2019
GIUSEPPE - ANNVERSARIO 7/11/2019
GIUSEPPE - Anniversario
26 giugno 1920 - 7 novembre 1999 |
Grazie per avermi accolto nella tua casa;
grazie per avermi sorriso quando ti dissi che saresti diventato nonno;
grazie per avermi aiutato senza bisogno che te lo chiedessi;
grazie per la fiducia che mi hai sempre accordato;
grazie per la tua disponibilità nei momenti del bisogno;
grazie per essere stato sempre un punto di riferimento per me, per tua figlia e per i tuoi nipoti.
Sono vent' anni che non sei più tra noi, ma sei sempre presente nei nostri ricordi.
7/11/1999 - 7/11/2019
mercoledì 30 ottobre 2019
giovedì 12 settembre 2019
martedì 13 agosto 2019
VIVIANI FRANCESCO
Francesco Viviani
A Ferrara, in via Arianuova 19, una lapide ricorda Francesco Viviani:
Link:
A.N.P.I.
ECCIDIO DELLA CERTOSA
11 agosto 1944 e 20 agosto 1944
Eccidio della Certosa - via Borso D’Este 50
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lunedì 12 agosto 2019
SANT' ANNA DI STAZZEMA - 12 AGOSTO 1944
Per non dimenticare
Gli orrori di una guerra, di tutte le guerre
La furia omicida dei nazi-fascisti si abbattè, improvvisa e implacabile, su tutto e su tutti. Nel giro di poche ore, nei borghi del piccolo paese, alla Vaccareccia, alle Case, al Moco, al Pero, ai Coletti, centinaia e centinaia di corpi rimasero a terra, senza vita, trucidati, bruciati, straziati.
Quel mattino di agosto a Sant’Anna uccisero i nonni, le madri, uccisero i figli e i nipoti. Uccisero i paesani ed uccisero gli sfollati, i tanti saliti, quassù, in cerca di un rifugio dalla guerra. Uccisero Anna, l’ultima nata nel paese di appena 20 giorni, uccisero Evelina, che quel mattino aveva le doglie del parto, uccisero Genny, la giovane madre che, prima di morire, per difendere il suo piccolo Mario, scagliò il suo zoccolo in faccia al nazista che stava per spararle, uccisero il prete Innocenzo, che implorava i soldati nazisti perché risparmiassero la sua gente, uccisero gli otto fratellini Tucci, con la loro mamma. 560 ne uccisero, senza pietà in preda ad una cieca furia omicida. Indifesi, senza responsabilità, senza colpe. E poi il fuoco, a distruggere i corpi, le case, le stalle, gli animali, le masserizie. A Sant’Anna, quel giorno, uccisero l’umanità intera.
La strage di Sant’Anna di Stazzema desta ancora oggi un senso di sgomento e di profonda desolazione civile e morale, poiché rappresenta una delle pagine più brutali della barbarie nazifascista, il cancro che aveva colpito l’Europa e che devastò i valori della democrazia e della tolleranza. Rappresentò un odioso oltraggio compiuto ai danni della dignità umana. Quel giorno l’uomo decise di negare se stesso, di rinunciare alla difesa ed al rispetto della persona e dei diritti in essa radicati.
L' ECCIDIO]
Il 12 agosto del ’44
Fu un massacro...
All’alba del 12 agosto, reparti di SS, in tutto alcune centinaia, in assetto di guerra, salirono a Sant’Anna da Vallecchia-Solaio, Ryosina, Mulina di Stazzema e Valdicastello, utilizzando queìali portatori alcuni uomini catturati precedentemente nella piana della Versilia.Verso le sette il paese era ormai circondato. Gli abitanti non pensavano ad una strage, ma piuttosto ad una normale operazione di rastrellamento. Molti uomini infatti fuggirono, nascondendosi nei boschi.
Troppo tardi si accorsero delle reali intenzioni dei nazisti.
Così lo scrittore Manlio Cancogni narra gli avvenimenti di quella terribile giornata:
« I tedeschi, a Sant’Anna, condussero più di 140 esseri umani, strappati a viva forza dalle case, sulla piazza della chiesa. Li avevano presi quasi dai loro letti; erano mezzi vestiti, avevano le membra ancora intorpidite dal sonno; tutti pensavano che sarebbero stati allontanati da quei luoghi verso altri e guardavano i loro carnefici con meraviglia ma senza timore nè odio.
Li ammassarono prima contro la facciata della chiesa, poi li spinsero nel mezzo della piazza, una piazza non più lunga di venti metri e larga altrettanto una piazza di tenera erba, tra giovani piante di platani, chiusa tra due brevi muriccioli;
e quando puntarono le canne dei mitragliatori contro quei corpi li avevano tanto vicini che potevano leggere negli occhi esterrefatti delle vittime che cadevano sotto i colpi senza avere tempo nemmeno di gridare.
Breve è la giustizia dei mitragliatori; le mani dei carnefici avevano troppo presto finito e già fremevano d’impazienza. Così ammassarono sul mucchio dei corpi ancora tiepidi e forse ancora viventi, le panche della chiesa devastata, i materassi presi dalle case, e appiccarono loro fuoco.
E assistendo insoddisfatti alla consumazione dei corpi spingevano nel braciere altri uomini e donne che esanimi dal terrore erano condotti sul luogo, e che non offrivano alcuna resistenza.
Intanto le case sparse sulle alture, le povere case di montagna, costruite pietra su pietra, senza intonaco, senza armature, povere come la vita degli uomini che ci vivevano erano bloccate.
Gli abitanti erano spinti negli anditi, nelle stanze a pianterreno e ivi mitragliati e, prima che tutti fossero spirati, era dato fuoco alla casa; e le mura, i mobili, i cadaveri, i corpi vivi, le bestie nelle stalle, bruciavano in un’unica fiamma. Poi c’erano quelli che cercavano di fuggire correndo fra i campi, e quelli colpivano a volo con le raffiche delle mitragliatrici, abbattendoli quando con grido d’angoscia di suprema speranza erano già sul limitare del bosco che li avrebbe salvati.
Poi c’erano i bambini, i teneri corpi dei bimbi a eccitare quella libidine pazza di distruzione. Fracassavano loro il capo con il calcio della «pistol-machine », e infilato loro nel ventre un bastone, li appiccicavano ai muri delle case. Sette ne presero e li misero nel forno preparato quella mattina per il pane e ivi li lasciarono cuocere a fuoco lento.
E non avevano ancora finito.
Scesero perciò il sentiero della valle ancora smaniosi di colpire, di distruggere, compiendo nuovi delitti fino a sera.
A mezzogiorno tutte le case del paese erano incendiate; i suoi abitanti fissi e gli sfollati erano stati tutti trucidati. Le vittime superano di gran lunga i cinquecento, ma il numero esatto non si potrà mai sapere.
"Alcuni scampati all’eccidio erano corsi in basso a portare la notizia agli abitanti della pianura raccolti in gran numero nella conca di Valdicastello. La notizia la portavano sui loro volti esterrefatti, nelle parole monche che erano appena capaci di pronunciare e dalle quali chi li incontrava capiva che qualcosa di terribile era accaduto pur senza immaginare le proporzioni. Della verità cominciarono invece a sospettare nelle prime ore del pomeriggio quando le prime squadre di assassini scendendo dalle alture di Sant’Anna, si annunciarono sull’imbocco della vallata a monte del paese.
Li sentivano venir giù precipitosi,accompagnati dal suono di organetti e di canzoni esaltate, e quel ch’è peggio dal rumore di nuovi spari, da nuove grida, che non convinti di aver ben speso quella giornata, i tedeschi la completavano uccidendo quanti incontravano sul sentiero della montagna.
Alcuni che al loro passaggio s’erano nascosti nelle antrosità della roccia vi furono bruciati dentro dal getto del lanciafiamme. Una donna che correva disperata portando in salvo la sua creatura, raggiunta che fu, le strapparono dalle braccia il prezioso fardello, lo scagliarono nella scarpata e lei stessa l’uccisero a colpi di rivoltella nel cranio. Molti altri furono raggiunti dalle raffiche di mitragliatori mentre fuggivano saltando per le balze della montagna, come capre selvatiche contro le quali si esercitava la bravura del cacciatore.
Quando i tedeschi raggiunsero Valdicastello cominciando a rastrellare gli abitanti, il paese era già stretto dall’angoscia; gli abitanti serrati nelle case e nascosti alla meglio; la strada deserta; tutti oppressi da un incubo di morte. Il passaggio dei tedeschi dal paese si chiuse con la discesa del buio sulla valle, dopodichè ottocento uomini erano stati strappati dalle case e condotti via, e un’ultima raffica di mitragliatrice accompagnata da un suono più sguaiato e atroce di organetto, aveva tolto la vita ad altri quattordici infelici, scelti a caso ».
Fonte:http://www.santannadistazzema.org/sezioni/LA%20MEMORIA/
sabato 10 agosto 2019
domenica 28 luglio 2019
NASCOSI MARIA CRISTINA - POESIE (1)
Nata a Ferrara il 12
novembre 1952, è giornalista pubblicista, iscritta all’Ordine dei
Giornalisti dell’Emilia Romagna, critico letterario, cinematografico ed
artistico.
Collabora da parecchi anni con quotidiani nazionali, periodici
specialistici e non, su carta e on line, anche esteri, di cui è art
director o direttrice responsabile, anche per motivi no profit o
beneficenza; in veste di inviata partecipa da tempo ai più prestigiosi
festival cinematografici quali la Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica di Venezia, il Festival Cinematografico Internazionale
di Locarno, Torino Cinema Giovani, Mostra Internazionale del Nuovo
Cinema di Pesaro, il Future Film Festival, il Festival del Cinema Muto
ed il Biografilm di Bologna, France Cinéma di Firenze, Anteprima Anno
Zero di Bellaria, il Trieste Film Festival, il Bergamo Film Meeting, il
Mittelfest di Cividale del Friuli e molti altri.
Dopo la laurea in Lettere Moderne, conseguita
a pieni voti presso l’Università degli Studi di Ferrara, si è dedicata
per un po’ all’insegnamento, acquisendo esperienza nelle scuole
elementari, medie inferiori ed istituti superiori, nonché Scuola
Interpreti, dove ha svolto attività anche come traduttrice, oltreché
docente.
Da anni si dedica con passione allo studio,
alla ricerca ed alla conservazione della lingua, della storia, della
cultura e della civiltà dialettale di Ferrara, mantenendo lo stesso
interesse per quelle italiane ed inglesi, già approfondito dai tempi
dell’università, insieme con quello per l’arte ed il cinema.
Un occhio di riguardo è sempre rivolto alla produzione culturale femminile ‘a tutto tondo’
Al suo attivo decine di testi, pubblicati a livello locale, regionale e
nazionale, tra opere originali proprie, curatele, introduzioni,
prefazioni, interventi per libri di altre autrici ed autori e centinaia
di pezzi, tra cui articoli, recensioni, critiche.
Da sempre scrive poesie nelle lingue di cui
sopra: alcune sono presenti in antologie nazionali, altre sono risultate
vincitrici o in finale a parecchi concorsi provinciali e nazionali.
Da qualche tempo si sta dedicando alla fiction letteraria, componendo racconti.
Uno, in buona parte autobiografico, è entrato
in finale nel 2004, tra alcune centinaia d’altri, al Premio Nazionale
Donne per Passione, organizzato a Pesaro.
Da anni progetta, coordina e cura eventi
culturali multidisciplinari, accomunando per le performances Muse
Gemelle quali la Poesia, l’Arte e la Musica e la Drammatizzazione,
presentandoli presso prestigiose sedi quali le Librerie Feltrinelli e le
migliori gallerie d’Arte e di Cultura di Ferrara, la antica Libreria
Minerva di Trieste, il mitico Caffè Storico Letterario Le Giubbe Rosse
di Firenze, locus, per eccellenza, del Futurismo: sua inventio è Women
Art Cafè, Donne Artiste Ferraresi, un omaggio tra arte e varie
letterature internazionali portato avanti nel 2004, l’Anno che Ferrara
ha voluto dedicare alla Donna.
Specializzata in veste di ufficio-stampa per eventi culturali di rilievo e per collaborazioni con associazioni onlus.
E’ membro della Società Italiana delle Letterate, del Sindacato
Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani, del Sindacato Nazionale
Scrittori, sez. Traduttori, dell’Associazione Regionale Nazionale
Giornalisti dell’Agroalimentare.
Con il marito, Franco Sandri, aderente
all’Associazione Italiana Reporters Fotografi, ha in preparazione alcune
pubblicazioni di poesia/testo/immagine.
***
venerdì 17 maggio 2019
IL MANIFESTO DI VENTOTENE - PER UN'EUROPA LIBERA E UNITA
URSULA HIRSCHMANN
giovedì 9 maggio 2019
25 APRILE - RIFLESSIONI DI PAOLO MALAGUTI
Tutto quello che segue è stato copiato dal blog di Paolo Malaguti e ho deciso di pubblicare le sue riflessioni sull'Anniversario della Liberazione perchè le condivido completamente.
Paolo Malaguti ha pubblicato diversi libri: tutti da leggere; a fine maggio uscirà il suo ultimo romanzo - L' ULTIMO CARNEVALE.
Per saperne di più......
Un libro e una riflessione
In questo libro si trova il resoconto in presa diretta del decennio 19-29, con particolare attenzione alla fase che culmina con la marcia su Roma dell'ottobre del 1922. Lussu racconta l'ascesa del fascismo con lucidità e, non di rado, con ironia; dà spessore alla narrazione con nomi, fatti, voci dei protagonisti piccoli e grandi. Non è un saggio, Lussu lo definisce "documento soggettivo ". Perché ho letto "Marcia su Roma e dintorni"?
Per ricordarmi che la Resistenza, a ben vedere, dura lungo tutto il ventennio, perché da subito ci fu chi si oppose e lottò e cercò di far valere le proprie ragioni contro la dittatura nascente.
Per ricordarmi, ancora di più, che il fascismo non è nato forte, né vincente. Mussolini, prima di sedersi alla Camera come presidente del consiglio, il 16 novembre del 22, avendo ai suoi fianchi il generale Diaz e l'ammiraglio Thaon di Revel, ha dovuto fare strada. Il fascismo si è affermato anche perché gli è stato permesso. A tutti i livelli. Dai prefetti che, come narra Lussu, in più parti d'Italia lasciarono correre sui primi episodi di squadrismo, o appoggiarono apertamente le camicie nere, fino al re che si rifiutò di firmare il decreto di stato d'assedio proposto dall'on. Facta, decreto che con ogni probabilità avrebbe messo la parola fine alla marcia su Roma.
Per ricordarmi, infine, che il "consenso" è fatto dalla somma degli individui. Lussu dissemina tutto il libro di riferimenti ad amici, deputati, docenti universitari, giornalisti, sindacalisti, reduci... tutti fieri antifascisti della prima ora e, nel momento in cui il libro uscì, il 1931, altrettanto fieri esponenti del regime.
Tra le figure di resistenti "ante 43" narrate da Lussu propongo quella dell'onorevole Misiano. Già socialista, fu eletto nel 1921 nel partito comunista: alla seduta inaugurale della XXVI legislatura del Regno d'Italia fu aggredito da un gruppo di deputati fascisti e cacciato fuori da Montecitorio. All'esterno Misiano venne aggredito da squadristi che lo rasarono, gli sputarono addosso, lo insozzarono di vernice e lo fecero sfilare lungo il Corso. Questo capita nel 1921, a Montecitorio, e per le strade di Roma, in pieno giorno.
I motivi per cui Misiano era particolarmente inviso ai fascisti vanno cercati, al di là dell'appartenenza al PCI, nel suo antimilitarismo, nell'anti-interventismo, e nella sua condanna per diserzione nel maggio del 1915.
Le polemiche che ogni anno interessano il 25 aprile (quest'anno in particolar modo) sono l'ennesima conferma del cammino ancora lungo che il nostro paese deve fare per costruirsi una memoria condivisa. Spesso mi è capitato di riflettere su questo problema negli incontri con gli studenti: un paese senza memoria condivisa è un paese diviso. Magari la facciata dell'edificio è unita, ma le fondamenta sono separate. Il cammino è difficile, perché tocca ferite ancora aperte, ma non mi pare ci siano alternative.
E questo cammino credo debba partire dalla memoria, dalla ricerca, dallo studio delle fonti e dei testimoni, e poi dal confronto.
Per questo, da insegnante, credo che negarsi al 25 aprile sia un'occasione persa.
Devo dire che, sempre da insegnante, le ottiche celebrative mi lasciano perplesso, perché spesso la celebrazione implica l'agiografia, la aproblematicità, un certo tasso ineliminabile di eroismo. Perché un sedicenne dovrebbe trovare senso in qualcosa che è già dato, irrigidito nella posa assoluta del monumento, illuminato da una luce diffusa e candida che non lascia spazio a dubbi o a interpretazioni? Se sei un eroe, dov'è la difficoltà nelle tue imprese? Se il giusto e lo sbagliato sono ben divisi e riconoscibili di fronte a te, dov'è la difficoltà, la tragicità delle tue scelte?
Se invece il 25 aprile, il 4 novembre, il 2 giugno vengono vissuti come occasioni di commemorazione (cioè di "memoria assieme"), le cose cambiano, e non di poco: si mostra, attraverso la memoria della Storia e delle storie, quanto drammatica possa essere una scelta, quanto difficile è capire, ogni giorno, dov'è il bene e dov'è il male. Si capisce che una scelta non si compie mai una volta per tutte, ma poi va riconfermata, o smentita, per il resto della nostra vita. Che le nostre idee sono una cosa, e le nostre azioni spesso un'altra. Che lo Stato è fatto da persone, e pertanto è soggetto all'errore. Che si può mettere una data di fine a una guerra, ma poi i rancori, i conflitti, i dissidi e le ferite vanno avanti per decenni.
Chiaro, fare tutto ciò non è facile, non è rapido, non è economico. Sono più veloci le altre due strade, ugualmente rischiose:
a) fingere che la storia sia solcata da chiari confini, da + e - squadrati e lisci. Questa strada porta agli estremismi, e, di conseguenza, ai muri e alle esclusioni.
b) rinunciare alla memoria, perché sono "altri" i problemi cui oggi porre attenzione, piuttosto che un polveroso "derby" tra rossi e neri. Questo porta all'ignoranza e, di conseguenza, al rischio della ripetizione.
Nel libro di Gianrico Carofiglio "La versione di Fenoglio", da me letto subito dopo il libro di Emilio Lussu, sopra ricordato, il protagonista, Pietro Fenoglio, parla dei libri di Lussu:
" Ce n'è un altro suo che forse è addirittura migliore: Marcia su Roma e dintorni. La storia dell'avvento del fascismo con tutte le mediocrità, le vigliaccherie, le miserie, i voltafaccia. Lo so che sto per dire una banalità, ma è un libro che sembra scritto oggi per raccontare cosa succede ora in questo Paese."
domenica 5 maggio 2019
CINQUE MAGGIO - ALESSANDRO MANZONI
Testo
Dato il mortal sospiro,
Stette la spoglia immemore
Orba di tanto spiro,
Così percossa, attonita
La terra al nunzio sta,
Muta pensando all’ultima
Ora dell’uom fatale;
Nè sa quando una simile
Orma di piè mortale
La sua cruenta polvere
A calpestar verrà.
Lui folgorante in solio
Vide il mio genio e tacque;
Quando, con vece assidua,
Cadde, risorse e giacque,
Di mille voci al sonito
Mista la sua non ha:
Vergin di servo encomio
E di codardo oltraggio,
Sorge or commosso al subito
Sparir di tanto raggio:
E scioglie all’urna un cantico
Che forse non morrà.
Dall’Alpi alle Piramidi,
Dal Manzanarre al Reno,
Di quel securo il fulmine
Tenea dietro al baleno;
Scoppiò da Scilla al Tanai,
Dall’uno all’altro mar.
Fu vera gloria? Ai posteri
L’ardua sentenza: nui
Chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
Del creator suo spirito
Più vasta orma stampar.
La procellosa e trepida
Gioia d’un gran disegno,
L’ansia d’un cor che indocile
Serve, pensando al regno;
E il giunge, e tiene un premio
Ch’era follia sperar;
Tutto ei provò: la gloria
Maggior dopo il periglio,
La fuga e la vittoria,
La reggia e il tristo esiglio:
Due volte nella polvere,
Due volte sull’altar.
Ei si nomò: due secoli,
L’un contro l’altro armato,
Sommessi a lui si volsero,
Come aspettando il fato;
Ei fe’ silenzio, ed arbitro
S’assise in mezzo a lor.
E sparve, e i dì nell’ozio
Chiuse in sì breve sponda,
Segno d’immensa invidia
E di pietà profonda,
D’inestinguibil odio
E d’indomato amor.
Come sul capo al naufrago
L’onda s’avvolve e pesa,
L’onda su cui del misero,
Alta pur dianzi e tesa,
Scorrea la vista a scernere
Prode remote invan;
Tal su quell’alma il cumulo
Delle memorie scese!
Oh quante volte ai posteri
Narrar se stesso imprese,
E sull’eterne pagine
Cadde la stanca man!
Oh quante volte, al tacito
Morir d’un giorno inerte,
Chinati i rai fulminei,
Le braccia al sen conserte,
Stette, e dei dì che furono
L’assalse il sovvenir!
E ripensò le mobili
Tende, e i percossi valli,
E il lampo de’ manipoli,
E l’onda dei cavalli,
E il concitato imperio,
E il celere ubbidir.
Ahi! forse a tanto strazio
Cadde lo spirto anelo,
E disperò: ma valida
Venne una man dal cielo,
E in più spirabil aere
Pietosa il trasportò;
E l’avviò, pei floridi
Sentier della speranza,
Ai campi eterni, al premio
Che i desidéri avanza,
Dov’è silenzio e tenebre
La gloria che passò.
Bella Immortal! benefica
Fede ai trionfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati;
Chè più superba altezza
Al disonor del Golgota
Giammai non si chinò.
Tu dalle stanche ceneri
Sperdi ogni ria parola:
Il Dio che atterra e suscita,
Che affanna e che consola,
Sulla deserta coltrice
Accanto a lui posò.
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giovedì 25 aprile 2019
25 APRILE 2019 - ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE
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Lo avrai, camerata Kesselring... |
Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.
Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.
Ma soltanto col silenzio dei torturati
più duro d'ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.
Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA
|
Di antica famiglia di giuristi (suo padre, professore e avvocato, era stato anche deputato repubblicano), si era laureato a Pisa nel 1912. Nel 1915 era già docente di procedura civile all'Università di Messina e, tolta la parentesi della prima guerra mondiale, avrebbe insegnato a Modena (1918), a Siena (1920) e, dal 1924 sino ai suoi ultimi giorni, nell'Ateneo fiorentino di cui fu rettore. Interventista, Calamandrei aveva partecipato da volontario alla guerra 1915-18 come ufficiale di Fanteria, ma nonostante la promozione a tenente colonnello, preferì riprendere la carriera accademica. L'avvento del fascismo lo portò ad impegnarsi contro la dittatura. Di qui la collaborazione con Salvemini e poi con i fratelli Rosselli, con i quali fondò il Circolo di Cultura di Firenze che, nel 1924, dopo essere stato devastato dagli squadristi, fu definitivamente chiuso per ordine prefettizio. La violenza fascista non spaventò il professore, che partecipò alla pubblicazione del Non mollare e all'associazione “Italia Libera”, che avrebbe più tardi ispirato il movimento “Giustizia e Libertà” e poi il Partito d'Azione. Piero Calamandrei, che aveva anche aderito all'Unione nazionale antifascista promossa da Giovanni Amendola e che, nel 1925, aveva sottoscritto il manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da Benedetto Croce, dopo il consolidarsi della dittatura tornò ai suoi studi giuridici (sua è l'Introduzione allo studio delle misure cautelari del 1936), pur mantenendo sempre i contatti con l'emigrazione antifascista. Socio nazionale dell'Accademia dei Lincei e membro della regia commissione per la riforma dei codici, fu uno dei principali ispiratori del Codice di procedura civile del 1940. Ciononostante, quando gli fu chiesto di sottoscrivere una lettera di sottomissione a Mussolini, Calamandrei preferì dimettersi dall'incarico universitario, che avrebbe ufficialmente ripreso, come rettore, alla caduta del fascismo. L'atteggiamento dell'eminente studioso, com'ebbe a scrivere Norberto Bobbio, “fu di solitario disdegno...”, poiché “...verso i padroni e i loro servitori, non si saprebbe dire quale dei due detestasse di più”. Calamandrei, che nel 1942 fu tra i fondatori del Partito d'Azione, dopo 1'armistizio, inseguito da un mandato di cattura, si rifugiò in Umbria. Di qui seguì, “con trepidazione e fierezza”, la nascita e l'espansione del movimento partigiano, mantenendo contatti e collaborando con la Resistenza, nella quale fu particolarmente attivo il figlio Franco. Dopo la Liberazione, Piero Calamandrei fu nominato membro della Consulta nazionale e dell'Assemblea Costituente in rappresentanza del Partito d'Azione. Quando il PdA si sciolse, entrò a far parte del Partito socialdemocratico, per il quale fu eletto deputato nel 1948. Nel 1953, contrario alla “legge truffa”, sostenuta anche dai socialdemocratici, prese parte, con l'amico Ferruccio Parri, alla fondazione di “Unità Popolare”, che contribuì ad impedirne l'approvazione. Fondatore, del settimanale politico-letterario Il Ponte, che diresse dopo la Liberazione per dodici anni, Piero Calamandrei fu anche direttore della Rivista di diritto processuale, de Il Foro toscano e del Commentario sistematico della Costituzione italiana. Molto apprezzato dai cultori del Diritto, il suo Elogio dei giudici scritto da un avvocato e, memorabile per efficacia, l'epigrafe dettata da Calamandrei per la Lapide ad ignominia, che il Comune di Cuneo ha dedicato al generale nazista, criminale di guerra, Albert Kesselring.
venerdì 5 aprile 2019
ISTITUZIONI DELL' U.E. - PARLAMENTO EUROPEO
Parlamento europeo
Sintesi
- Ruolo: organo legislativo dell’UE eletto a suffragio universale con competenze di vigilanza e di bilancio
- Membri: 751 deputati (membri del Parlamento europeo)
- Presidente: Martin Schulz
- Anno di istituzione: 1952 quale Assemblea comune della Comunità europea del carbone e dell’acciaio; 1962 quale Parlamento europeo, con le prime elezioni dirette nel 1979
- Sede: Strasburgo (Francia), Bruxelles (Belgio), Lussemburgo
- Sito web: Parlamento europeo
Cosa fa il Parlamento europeo?
Il Parlamento europeo ha tre funzioni principali:Legislazione
- adotta la legislazione dell'UE, insieme al Consiglio dell'UE, sulla base delle proposte della Commissione europea
- decide sugli accordi internazionali
- decide in merito agli allargamenti
- rivede il programma di lavoro della Commissione e le chiede di presentare proposte legislative
Supervisione
- svolge un controllo democratico su tutte le istituzioni dell’UE
- elegge il presidente della Commissione e approva la Commissione in quanto organo. Può votare una mozione di censura, obbligando la Commissione a dimettersi
- concede il discarico, vale a dire approva il modo in cui sono stati spesi i bilanci dell’Unione europea
- esamina le petizioni dei cittadini e avvia indagini
- discute la politica monetaria con la Banca centrale europea
- rivolge interrogazioni alla Commissione e al Consiglio
- effettua monitoraggio elettorale
Bilancio
- elabora il bilancio dell’Unione europea, insieme al Consiglio
- approva il bilancio di lungo periodo dell’UE, il "quadro finanziario pluriennale".
Composizione
Il numero di eurodeputati per ogni paese è approssimativamente proporzionale alla popolazione di ciascuno di essi, secondo i criteri della proporzionalità degressiva: un paese non può avere meno di 6 o più di 96 eurodeputati e il numero totale non può superare i 751 (750 più il presidente). I gruppi parlamentari sono organizzati in base allo schieramento politico, non in base alla nazionalità.Il presidenteCerca le traduzioni disponibili del link precedenteEN••• rappresenta il Parlamento europeo nei confronti delle altre istituzioni dell'UE e del mondo esterno e dà l'approvazione finale al bilancio dell'UE.
Come funziona il Parlamento europeo?
Il lavoro del Parlamento europeo si articola in due fasi principali:- commissioni - preparano la legislazione.
Il Parlamento europeo conta 20 commissioni e due sottocommissioni, ognuna delle quali si occupa di un determinato settore. Le commissioni esaminano le proposte legislative. Gli eurodeputati e i gruppi politici possono presentare emendamenti o respingerle. Le proposte sono anche discusse all'interno dei gruppi politici. - sessioni plenarie – adottano la legislazione.
In questa fase gli eurodeputati si riuniscono nell’emiciclo per esprimere un voto finale sulla proposta legislativa e gli emendamenti proposti. Di solito si svolgono a Strasburgo per quattro giorni al mese, ma talvolta vengono organizzate sessioni supplementari a Bruxelles.
Il Parlamento europeo e i cittadini
Per chiedere al Parlamento europeo di agire su una determinata questione, si può presentare una petizione (per posta oppure online).Le petizioni possono riguardare qualsiasi tema rientri fra le competenze dell'UE.
Per presentare una petizione, occorre essere cittadini di uno Stato membro dell'UE o risiedervi. Le società o altre organizzazioni devono avere sede nell'UE.
È anche possibile contattare il Parlamento europeo mediante l'eurodeputato della propria circoscrizione o l'Ufficio informazioni del Parlamento europeo del proprio paese.