venerdì 29 novembre 2019

PROVERBI IN DIALETTO FERRARESE - PROVERBI D' AVTUN

PRUBERBI D' AVTUN

SETEMBAR

Par la Madona di canvazz (1)
ciama al butar pr' al tò tinaz.

Settembre
Per la Madonna dei canovacci
chiama il bottaio per i tuoi tini.
 (1) il giorno 8

UTOBAR

Al calor al va in fum;
prepara al sach pr' i pum.

Ottobre
Il calore va in fumo;
prepara il sacco per le mele.

NUVEMBAR 

Al dì ad Santa Catarina (2)
o vent, o név, o paciarina.

Novembre
Il giorno di Santa Caterina
o vento, o neve, o pozzangherina.
(2) il giorno 25

LE FOTO DI ENRICO BAGLIONI NELLA CASA DI LUDOVICO ARIOSTO A FERRARA






giovedì 7 novembre 2019

GIUSEPPE - ANNVERSARIO 7/11/2019

GIUSEPPE - Anniversario

26 giugno 1920 - 7 novembre 1999


Grazie, Giuseppe.

Grazie per avermi accolto nella tua casa;
grazie per avermi sorriso quando ti dissi che saresti diventato nonno;
grazie per avermi aiutato senza bisogno che te lo chiedessi;
grazie per la fiducia che mi hai sempre accordato;
grazie per la tua disponibilità nei momenti del bisogno;
grazie per essere stato sempre un punto di riferimento per me, per tua figlia e per i tuoi nipoti.

Sono vent' anni che non sei più tra noi, ma sei sempre presente nei nostri ricordi.

7/11/1999 - 7/11/2019

mercoledì 30 ottobre 2019

SERGIO - ANNIVERSARIO 1/11/2019

1 novembre 2019 - Anniversario

SERGIO

9/3/1939  - 1/11/2018
Ciao, ti ricordiamo così.




giovedì 12 settembre 2019

MAMMA - ANNIVERSARIO

MAMMA - ANNIVERSARIO

12 marzo 1923
18 settembre 1999

18/9/1999 - 18/9/2019


Ciao mamma.

NONNA ANNA





13 maggio 1922
8 settembre 2019

Ciao Nonna

martedì 13 agosto 2019

VIVIANI FRANCESCO

Francesco Viviani

Nato a Verona il 20 dicembre 1881, morto a Buchenwald (Germania) il 9 aprile 1945, laureato in Lettere e in Giurisprudenza.

ECCIDIO DELLA CERTOSA

ECCIDIO DELLA CERTOSA -FERRARA

11 agosto 1944 e 20 agosto 1944


Eccidio della Certosa - via Borso D’Este 50

Alla Certosa, per rappresaglia dell’uccisione del maresciallo di Pubblica Sicurezza, Mario Villani, vengono fucilate in due diverse occasioni nove persone. L’11 agosto sono assassinati sette antifascisti, fra resistenti e gappisti. Il 20 agosto vengono fucilati altri due resistenti. Questo eccidio rappresentò un durissimo colpo per l’organizzazione partigiana. Alle ore 4,45 dell’11 agosto, dopo efferate torture, furono fucilati da un plotone di esecuzione formato esclusivamente da fascisti: Destino Sivieri Tersillo, nato a Coccanile di Copparo nel 1913 e abitante a Cocomaro di Focomorto, Borgo Marighella; Guido Droghetti, nato a Quacchio nel 1914 e abitante a Pontegradella; Amleto Piccoli, nato a Pilastri di Bondeno nel 1912 e abitante a Ferrara, in via Argine Ducale; Gateano Bini, detto “Mario”, nato a Rero di Formignana nel 1894 e abitante a Ferrara in Borgo San Luca; Guido Fillini, nato a Occhiobello (Rovigo) nel 1898 e abitante a Francolino; Romeo Bighi, nato a Lagosanto nel 1923 e domiciliato a Venezia Lido. Un altro prigioniero, ugualmente destinato alla fucilazione, Jovanti Balestra, riuscì a fuggire e a sopravvivere. La sera del 20 agosto furono uccisi, sempre alla Certosa, Donato Cazzato, originario di Acquariga del Capo (Lecce) dove era nato nel 1922 e residente a Ferrara in via G. Fabbri, e Mario Zanella, nato a Padova nel 1918 e residente a Ferrara. Un altro componente del gruppo, individuato nel corso delle indagini avviate in seguito all’uccisione del Maresciallo di PS Mario Villani da parte di un gappista, fu trattenuto nei locali della Questura di Ferrara e,  sottoposto a feroci interrogatori e torture, si autoaccusò, con molta probabilità senza portarne la responsabilità diretta e materiale, dell’uccisione del Villani. Morì nei locali della Questura, secondo la versione ufficiale per essersi suicidato, con un colpo di pistola, mentre era ammanettato. Si trattava di Mario Bisi, nome di battaglia “Augusto”, nato a Ferrara nel 1911 e abitante fuori Porta Mare. La gran parte dei componenti del gruppo era stato arrestato precedentemente, per azioni e propaganda antifascista svolte nella fabbrica in cui lavoravano come operai, la “Gomma Sintetica”, nucleo originario della Montecatini, poi Montedison, sorta nella zona industriale di Ferrara. Non erano quindi coinvolti nell’uccisione del Maresciallo Villani, la loro esecuzione fu effettuata per rappresaglia. 
 
 


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lunedì 12 agosto 2019

SANT' ANNA DI STAZZEMA - 12 AGOSTO 1944

SANT'ANNA DI STAZZEMA - 12 AGOSTO 1944

Per non dimenticare

Gli orrori di una guerra, di tutte le guerre

A Sant’Anna di Stazzema, la mattina del 12 agosto 1944, si consumò uno dei più atroci crimini commessi ai danni delle popolazioni civili nel secondo dopoguerra in Italia.

La furia omicida dei nazi-fascisti si abbattè, improvvisa e implacabile, su tutto e su tutti. Nel giro di poche ore, nei borghi del piccolo paese, alla Vaccareccia, alle Case, al Moco, al Pero, ai Coletti, centinaia e centinaia di corpi rimasero a terra, senza vita, trucidati, bruciati, straziati.

Quel mattino di agosto a Sant’Anna uccisero i nonni, le madri, uccisero i figli e i nipoti. Uccisero i paesani ed uccisero gli sfollati, i tanti saliti, quassù, in cerca di un rifugio dalla guerra. Uccisero Anna, l’ultima nata nel paese di appena 20 giorni, uccisero Evelina, che quel mattino aveva le doglie del parto, uccisero Genny, la giovane madre che, prima di morire, per difendere il suo piccolo Mario, scagliò il suo zoccolo in faccia al nazista che stava per spararle, uccisero il prete Innocenzo, che implorava i soldati nazisti perché risparmiassero la sua gente, uccisero gli otto fratellini Tucci, con la loro mamma. 560 ne uccisero, senza pietà in preda ad una cieca furia omicida. Indifesi, senza responsabilità, senza colpe. E poi il fuoco, a distruggere i corpi, le case, le stalle, gli animali, le masserizie. A Sant’Anna, quel giorno, uccisero l’umanità intera.

La strage di Sant’Anna di Stazzema desta ancora oggi un senso di sgomento e di profonda desolazione civile e morale, poiché rappresenta una delle pagine più brutali della barbarie nazifascista, il cancro che aveva colpito l’Europa e che devastò i valori della democrazia e della tolleranza. Rappresentò un odioso oltraggio compiuto ai danni della dignità umana. Quel giorno l’uomo decise di negare se stesso, di rinunciare alla difesa ed al rispetto della persona e dei diritti in essa radicati.


L' ECCIDIO]

Il 12 agosto del ’44

Fu un massacro...

All’alba del 12 agosto, reparti di SS, in tutto alcune centinaia, in assetto di guerra, salirono a Sant’Anna da Vallecchia-Solaio, Ryosina, Mulina di Stazzema e Valdicastello, utilizzando queìali portatori alcuni uomini catturati precedentemente nella piana della Versilia.
Verso le sette il paese era ormai circondato. Gli abitanti non pensavano ad una strage, ma piuttosto ad una normale operazione di rastrellamento. Molti uomini infatti fuggirono, nascondendosi nei boschi.
Troppo tardi si accorsero delle reali intenzioni dei nazisti.

Così lo scrittore Manlio Cancogni narra gli avvenimenti di quella terribile giornata:

« I tedeschi, a Sant’Anna, condussero più di 140 esseri umani, strappati a viva forza dalle case, sulla piazza della chiesa. Li avevano presi quasi dai loro letti; erano mezzi vestiti, avevano le membra ancora intorpidite dal sonno; tutti pensavano che sarebbero stati allontanati da quei luoghi verso altri e guardavano i loro carnefici con meraviglia ma senza timore nè odio.

Li ammassarono prima contro la facciata della chiesa, poi li spinsero nel mezzo della piazza, una piazza non più lunga di venti metri e larga altrettanto una piazza di tenera erba, tra giovani piante di platani, chiusa tra due brevi muriccioli;
e quando puntarono le canne dei mitragliatori contro quei corpi li avevano tanto vicini che potevano leggere negli occhi esterrefatti delle vittime che cadevano sotto i colpi senza avere tempo nemmeno di gridare.

Breve è la giustizia dei mitragliatori; le mani dei carnefici avevano troppo presto finito e già fremevano d’impazienza. Così ammassarono sul mucchio dei corpi ancora tiepidi e forse ancora viventi, le panche della chiesa devastata, i materassi presi dalle case, e appiccarono loro fuoco.

E assistendo insoddisfatti alla consumazione dei corpi spingevano nel braciere altri uomini e donne che esanimi dal terrore erano condotti sul luogo, e che non offrivano alcuna resistenza.

Intanto le case sparse sulle alture, le povere case di montagna, costruite pietra su pietra, senza intonaco, senza armature, povere come la vita degli uomini che ci vivevano erano bloccate.

Gli abitanti erano spinti negli anditi, nelle stanze a pianterreno e ivi mitragliati e, prima che tutti fossero spirati, era dato fuoco alla casa; e le mura, i mobili, i cadaveri, i corpi vivi, le bestie nelle stalle, bruciavano in un’unica fiamma. Poi c’erano quelli che cercavano di fuggire correndo fra i campi, e quelli colpivano a volo con le raffiche delle mitragliatrici, abbattendoli quando con grido d’angoscia di suprema speranza erano già sul limitare del bosco che li avrebbe salvati.

Poi c’erano i bambini, i teneri corpi dei bimbi a eccitare quella libidine pazza di distruzione. Fracassavano loro il capo con il calcio della «pistol-machine », e infilato loro nel ventre un bastone, li appiccicavano ai muri delle case. Sette ne presero e li misero nel forno preparato quella mattina per il pane e ivi li lasciarono cuocere a fuoco lento.
E non avevano ancora finito.

Scesero perciò il sentiero della valle ancora smaniosi di colpire, di distruggere, compiendo nuovi delitti fino a sera.

A mezzogiorno tutte le case del paese erano incendiate; i suoi abitanti fissi e gli sfollati erano stati tutti trucidati. Le vittime superano di gran lunga i cinquecento, ma il numero esatto non si potrà mai sapere.

"Alcuni scampati all’eccidio erano corsi in basso a portare la notizia agli abitanti della pianura raccolti in gran numero nella conca di Valdicastello. La notizia la portavano sui loro volti esterrefatti, nelle parole monche che erano appena capaci di pronunciare e dalle quali chi li incontrava capiva che qualcosa di terribile era accaduto pur senza immaginare le proporzioni. Della verità cominciarono invece a sospettare nelle prime ore del pomeriggio quando le prime squadre di assassini scendendo dalle alture di Sant’Anna, si annunciarono sull’imbocco della vallata a monte del paese.

Li sentivano venir giù precipitosi,accompagnati dal suono di organetti e di canzoni esaltate, e quel ch’è peggio dal rumore di nuovi spari, da nuove grida, che non convinti di aver ben speso quella giornata, i tedeschi la completavano uccidendo quanti incontravano sul sentiero della montagna.

Alcuni che al loro passaggio s’erano nascosti nelle antrosità della roccia vi furono bruciati dentro dal getto del lanciafiamme. Una donna che correva disperata portando in salvo la sua creatura, raggiunta che fu, le strapparono dalle braccia il prezioso fardello, lo scagliarono nella scarpata e lei stessa l’uccisero a colpi di rivoltella nel cranio. Molti altri furono raggiunti dalle raffiche di mitragliatori mentre fuggivano saltando per le balze della montagna, come capre selvatiche contro le quali si esercitava la bravura del cacciatore.

Quando i tedeschi raggiunsero Valdicastello cominciando a rastrellare gli abitanti, il paese era già stretto dall’angoscia; gli abitanti serrati nelle case e nascosti alla meglio; la strada deserta; tutti oppressi da un incubo di morte. Il passaggio dei tedeschi dal paese si chiuse con la discesa del buio sulla valle, dopodichè ottocento uomini erano stati strappati dalle case e condotti via, e un’ultima raffica di mitragliatrice accompagnata da un suono più sguaiato e atroce di organetto, aveva tolto la vita ad altri quattordici infelici, scelti a caso ».


Fonte:http://www.santannadistazzema.org/sezioni/LA%20MEMORIA/

sabato 10 agosto 2019

ADOLFO - ANNIVERSARIO

ADOLFO - ANNIVERSARIO

12 agosto 2007 - 12 agosto 2019

19 giugno 2015 - 12 agosto 2007




domenica 28 luglio 2019

NASCOSI MARIA CRISTINA - POESIE (1)















Nata a Ferrara il 12 novembre 1952, è giornalista pubblicista, iscritta all’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia Romagna, critico letterario, cinematografico ed artistico.
Collabora da parecchi anni con quotidiani nazionali, periodici specialistici e non, su carta e on line, anche esteri, di cui è art director o direttrice responsabile, anche per motivi no profit o beneficenza; in veste di inviata partecipa da tempo ai più prestigiosi festival cinematografici quali la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il Festival Cinematografico Internazionale di Locarno, Torino Cinema Giovani, Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, il Future Film Festival, il Festival del Cinema Muto ed il Biografilm di Bologna, France Cinéma di Firenze, Anteprima Anno Zero di Bellaria, il Trieste Film Festival, il Bergamo Film Meeting, il Mittelfest di Cividale del Friuli e molti altri.
Dopo la laurea in Lettere Moderne, conseguita a pieni voti presso l’Università degli Studi di Ferrara, si è dedicata per un po’ all’insegnamento, acquisendo esperienza nelle scuole elementari, medie inferiori ed istituti superiori, nonché Scuola Interpreti, dove ha svolto attività anche come traduttrice, oltreché docente.
Da anni si dedica con passione allo studio, alla ricerca ed alla conservazione della lingua, della storia, della cultura e della civiltà dialettale di Ferrara, mantenendo lo stesso interesse per quelle italiane ed inglesi, già approfondito dai tempi dell’università, insieme con quello per l’arte ed il cinema.
Un occhio di riguardo è sempre rivolto alla produzione culturale femminile ‘a tutto tondo’
Al suo attivo decine di testi, pubblicati a livello locale, regionale e nazionale, tra opere originali proprie, curatele, introduzioni, prefazioni, interventi per libri di altre autrici ed autori e centinaia di pezzi, tra cui articoli, recensioni, critiche.
Da sempre scrive poesie nelle lingue di cui sopra: alcune sono presenti in antologie nazionali, altre sono risultate vincitrici o in finale a parecchi concorsi provinciali e nazionali.
Da qualche tempo si sta dedicando alla fiction letteraria, componendo racconti.
Uno, in buona parte autobiografico, è entrato in finale nel 2004, tra alcune centinaia d’altri, al Premio Nazionale Donne per Passione, organizzato a Pesaro.
Da anni progetta, coordina e cura eventi culturali multidisciplinari, accomunando per le performances Muse Gemelle quali la Poesia, l’Arte e la Musica e la Drammatizzazione, presentandoli presso prestigiose sedi quali le Librerie Feltrinelli e le migliori gallerie d’Arte e di Cultura di Ferrara, la antica Libreria Minerva di Trieste, il mitico Caffè Storico Letterario Le Giubbe Rosse di Firenze, locus, per eccellenza, del Futurismo: sua inventio è Women Art Cafè, Donne Artiste Ferraresi, un omaggio tra arte e varie letterature internazionali portato avanti nel 2004, l’Anno che Ferrara ha voluto dedicare alla Donna.
Specializzata in veste di ufficio-stampa per eventi culturali di rilievo e per collaborazioni con associazioni onlus.
E’ membro della Società Italiana delle Letterate, del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani, del Sindacato Nazionale Scrittori, sez. Traduttori, dell’Associazione Regionale Nazionale Giornalisti dell’Agroalimentare.
Con il marito, Franco Sandri, aderente all’Associazione Italiana Reporters Fotografi, ha in preparazione alcune pubblicazioni di poesia/testo/immagine.

  ***

 
 
 
 
 

venerdì 17 maggio 2019

IL MANIFESTO DI VENTOTENE - PER UN'EUROPA LIBERA E UNITA

Il Manifesto di Ventotene fu originariamente redatto da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi con il titolo Per un'Europa libera e unita. Progetto d'un manifesto nel 1941, quando per motivi politici furono confinati a Ventotene, nel mar Tirreno come oppositori del regime fascista. Altri confinati antifascisti sull'isola contribuirono alle discussioni che portarono alla definizione del testo. All'epoca della stesura del testo erano confinate sull'isola circa 800 persone, 500 classificate come comunisti, 200 come anarchici ed i restanti prevalentemente giellini e socialisti.
Originariamente articolato in quattro capitoli, il Manifesto fu poi diffuso clandestinamente. Eugenio Colorni nel 1944, poco prima di essere ucciso, ne curò la redazione in tre capitoli: il primo (La crisi della civiltà moderna) e il secondo (Compiti del dopoguerra. L'unità europea) interamente elaborati da Spinelli, come anche la seconda parte del terzo (Compiti del dopoguerra. La riforma della società), mentre la prima parte di quest'ultimo venne definita da Rossi.
Il manifesto venne diffuso grazie ad alcune donne che lo portarono sul continente dall'isola di Ventotene e lo fecero conoscere agli ambienti dell'opposizione di Roma e Milano, come Ursula Hirschmann, Ada Rossi ed alcune altre.

Per approfondire:


  ALTIERO SPINELLI


 ERNESTO ROSSI



EUGENIO COLORNI 


  URSULA HIRSCHMANN

NONNO LUIGI - ANNIVERSARIO

ANNIVERSARIO

17/10/1898 - 20/5/1990






giovedì 9 maggio 2019

25 APRILE - RIFLESSIONI DI PAOLO MALAGUTI

Tutto quello che segue è stato copiato dal blog di Paolo Malaguti e ho deciso di pubblicare le sue riflessioni sull'Anniversario della Liberazione perchè le condivido completamente.

Paolo Malaguti ha pubblicato diversi libri: tutti da leggere; a fine maggio uscirà il suo ultimo romanzo - L' ULTIMO CARNEVALE.

Per saperne di più......

Un libro e una riflessione



Sul baricentro tra la giornata mondiale del libro e il 25 aprile mi permetto di suggerire una lettura tesa ed appassionante, e diversamente non poteva essere, visto l'autore. Emilio Lussu scrive "Marcia su Roma e dintorni" nel 31. Il libro venne rivolto, come annota l'autore nella prefazione all'edizione italiana del 1944, "al pubblico francese e angloamericano".
In questo libro si trova il resoconto in presa diretta del decennio 19-29, con particolare attenzione alla fase che culmina con la marcia su Roma dell'ottobre del 1922. Lussu racconta l'ascesa del fascismo con lucidità e, non di rado, con ironia; dà spessore alla narrazione con nomi, fatti, voci dei protagonisti piccoli e grandi. Non è un saggio, Lussu lo definisce "documento soggettivo ". Perché ho letto "Marcia su Roma e dintorni"?

Per ricordarmi che la Resistenza, a ben vedere, dura lungo tutto il ventennio, perché da subito ci fu chi si oppose e lottò e cercò di far valere le proprie ragioni contro la dittatura nascente.
Per ricordarmi, ancora di più, che il fascismo non è nato forte, né vincente. Mussolini, prima di sedersi alla Camera come presidente del consiglio, il 16 novembre del 22, avendo ai suoi fianchi il generale Diaz e l'ammiraglio Thaon di Revel, ha dovuto fare strada. Il fascismo si è affermato anche perché gli è stato permesso. A tutti i livelli. Dai prefetti che, come narra Lussu, in più parti d'Italia lasciarono correre sui primi episodi di squadrismo, o appoggiarono apertamente le camicie nere, fino al re che si rifiutò di firmare il decreto di stato d'assedio proposto dall'on. Facta, decreto che con ogni probabilità avrebbe messo la parola fine alla marcia su Roma.
Per ricordarmi, infine, che il "consenso" è fatto dalla somma degli individui. Lussu dissemina tutto il libro di riferimenti ad amici, deputati, docenti universitari, giornalisti, sindacalisti, reduci... tutti fieri antifascisti della prima ora e, nel momento in cui il libro uscì, il 1931, altrettanto fieri esponenti del regime.
Tra le figure di resistenti "ante 43" narrate da Lussu propongo quella dell'onorevole Misiano. Già socialista, fu eletto nel 1921 nel partito comunista: alla seduta inaugurale della XXVI legislatura del Regno d'Italia fu aggredito da un gruppo di deputati fascisti e cacciato fuori da Montecitorio. All'esterno Misiano venne aggredito da squadristi che lo rasarono, gli sputarono addosso, lo insozzarono di vernice e lo fecero sfilare lungo il Corso. Questo capita nel 1921, a Montecitorio, e per le strade di Roma, in pieno giorno.
I motivi per cui Misiano era particolarmente inviso ai fascisti vanno cercati, al di là dell'appartenenza al PCI, nel suo antimilitarismo, nell'anti-interventismo, e nella sua condanna per diserzione nel maggio del 1915.

Le polemiche che ogni anno interessano il 25 aprile (quest'anno in particolar modo) sono l'ennesima conferma del cammino ancora lungo che il nostro paese deve fare per costruirsi una memoria condivisa. Spesso mi è capitato di riflettere su questo problema negli incontri con gli studenti: un paese senza memoria condivisa è un paese diviso. Magari la facciata dell'edificio è unita, ma le fondamenta sono separate. Il cammino è difficile, perché tocca ferite ancora aperte, ma non mi pare ci siano alternative.
E questo cammino credo debba partire dalla memoria, dalla ricerca, dallo studio delle fonti e dei testimoni, e poi dal confronto.
Per questo, da insegnante, credo che negarsi al 25 aprile sia un'occasione persa.
Devo dire che, sempre da insegnante, le ottiche celebrative mi lasciano perplesso, perché spesso la celebrazione implica l'agiografia, la aproblematicità, un certo tasso ineliminabile di eroismo. Perché un sedicenne dovrebbe trovare senso in qualcosa che è già dato, irrigidito nella posa assoluta del monumento, illuminato da una luce diffusa e candida che non lascia spazio a dubbi o a interpretazioni? Se sei un eroe, dov'è la difficoltà nelle tue imprese? Se il giusto e lo sbagliato sono ben divisi e riconoscibili di fronte a te, dov'è la difficoltà, la tragicità delle tue scelte?
Se invece il 25 aprile, il 4 novembre, il 2 giugno vengono vissuti come occasioni di commemorazione (cioè di "memoria assieme"), le cose cambiano, e non di poco: si mostra, attraverso la memoria della Storia e delle storie, quanto drammatica possa essere una scelta, quanto difficile è capire, ogni giorno, dov'è il bene e dov'è il male. Si capisce che una scelta non si compie mai una volta per tutte, ma poi va riconfermata, o smentita, per il resto della nostra vita. Che le nostre idee sono una cosa, e le nostre azioni spesso un'altra. Che lo Stato è fatto da persone, e pertanto è soggetto all'errore. Che si può mettere una data di fine a una guerra, ma poi i rancori, i conflitti, i dissidi e le ferite vanno avanti per decenni.
Chiaro, fare tutto ciò non è facile, non è rapido, non è economico. Sono più veloci le altre due strade, ugualmente rischiose:
a) fingere che la storia sia solcata da chiari confini, da + e - squadrati e lisci. Questa strada porta agli estremismi, e, di conseguenza, ai muri e alle esclusioni.
b) rinunciare alla memoria, perché sono "altri" i problemi cui oggi porre attenzione, piuttosto che un polveroso "derby" tra rossi e neri. Questo porta all'ignoranza e, di conseguenza, al rischio della ripetizione.


Nel libro di Gianrico Carofiglio "La versione di Fenoglio", da me letto subito dopo il libro di Emilio Lussu, sopra ricordato, il protagonista, Pietro Fenoglio,  parla dei libri di Lussu:

 " Ce n'è un altro suo che forse è addirittura migliore: Marcia su Roma e dintorni.  La storia dell'avvento del fascismo con tutte le mediocrità, le vigliaccherie, le miserie, i voltafaccia. Lo so che sto per dire una banalità, ma è un libro che sembra scritto oggi per raccontare cosa succede ora in questo Paese."

domenica 5 maggio 2019

CINQUE MAGGIO - ALESSANDRO MANZONI


Fu vera gloria? 
Ai posteri / l’ardua sentenza
Alessandro Manzoni, Il cinque maggio
 

Testo

Ei fu. Siccome immobile,
Dato il mortal sospiro,
Stette la spoglia immemore
Orba di tanto spiro,
Così percossa, attonita
La terra al nunzio sta,


Muta pensando all’ultima
Ora dell’uom fatale;
Nè sa quando una simile
Orma di piè mortale
La sua cruenta polvere
A calpestar verrà.


Lui folgorante in solio
Vide il mio genio e tacque;
Quando, con vece assidua,
Cadde, risorse e giacque,
Di mille voci al sonito
Mista la sua non ha:


Vergin di servo encomio
E di codardo oltraggio,
Sorge or commosso al subito
Sparir di tanto raggio:
E scioglie all’urna un cantico
Che forse non morrà.


Dall’Alpi alle Piramidi,
Dal Manzanarre al Reno,
Di quel securo il fulmine
Tenea dietro al baleno;
Scoppiò da Scilla al Tanai,
Dall’uno all’altro mar.


Fu vera gloria? Ai posteri
L’ardua sentenza: nui
Chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
Del creator suo spirito
Più vasta orma stampar.


La procellosa e trepida
Gioia d’un gran disegno,
L’ansia d’un cor che indocile
Serve, pensando al regno;
E il giunge, e tiene un premio
Ch’era follia sperar;


Tutto ei provò: la gloria
Maggior dopo il periglio,
La fuga e la vittoria,
La reggia e il tristo esiglio:
Due volte nella polvere,
Due volte sull’altar.

Ei si nomò: due secoli,
L’un contro l’altro armato,
Sommessi a lui si volsero,
Come aspettando il fato;
Ei fe’ silenzio, ed arbitro
S’assise in mezzo a lor.


E sparve, e i dì nell’ozio
Chiuse in sì breve sponda,
Segno d’immensa invidia
E di pietà profonda,
D’inestinguibil odio
E d’indomato amor.


Come sul capo al naufrago
L’onda s’avvolve e pesa,
L’onda su cui del misero,
Alta pur dianzi e tesa,
Scorrea la vista a scernere
Prode remote invan;

Tal su quell’alma il cumulo
Delle memorie scese!
Oh quante volte ai posteri
Narrar se stesso imprese,
E sull’eterne pagine
Cadde la stanca man!

Oh quante volte, al tacito
Morir d’un giorno inerte,
Chinati i rai fulminei,
Le braccia al sen conserte,
Stette, e dei dì che furono
L’assalse il sovvenir!


E ripensò le mobili
Tende, e i percossi valli,
E il lampo de’ manipoli,
E l’onda dei cavalli,
E il concitato imperio,
E il celere ubbidir.


Ahi! forse a tanto strazio
Cadde lo spirto anelo,
E disperò: ma valida
Venne una man dal cielo,
E in più spirabil aere
Pietosa il trasportò;


E l’avviò, pei floridi
Sentier della speranza,
Ai campi eterni, al premio
Che i desidéri avanza,
Dov’è silenzio e tenebre
La gloria che passò.


Bella Immortal! benefica
Fede ai trionfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati;
Chè più superba altezza
Al disonor del Golgota
Giammai non si chinò.


Tu dalle stanche ceneri
Sperdi ogni ria parola:
Il Dio che atterra e suscita,
Che affanna e che consola,
Sulla deserta coltrice
Accanto a lui posò.

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Egli fu (è morto, è trapassato). Infatti ora giace giace immobile, avendo esalato l’ultimo respiro, e la sua spoglia è rimasta senza più ricordi, privata della sua anima: chiunque ha saputo la notizia di questa morte è attonito. Tutti restano muti pensando alle ultime ore di quest’uomo inviato dal fato e nessuno sa dire quando un uomo simile tornerà di nuovo a calpestare la terra che lui stesso ha calpestato, lasciando un cammino sanguinoso. Io, come poeta, ho visto Napoleone in trionfo, sul soglio imperiale, ma ho taciuto senza far poesia su questo evento, e ho visto anche il momento in cui, rapidamente, fu sconfitto, tornò al potere e cadde ancora, ma la mia poesia ha continuato a restare in disparte e non mischiarsi a tutte le voci adulanti che aveva intorno Napoleone; adesso il mio ingegno poetico vuole parlare - e si innalza commosso, senza elogi servili o insulti vili - dell’improvvisa morte di una figura simile, e offre alla tomba di quest’uomo un componimento che forse resterà eterno. Dall’Italia all’Egitto, dalla Spagna alla Germania le azioni rapidissime di quest’uomo seguivano il suo modo di pensare, condusse imprese dalla Sicilia fino al Don, dal Mediterraneo all’Atlantico. Fu vera gloria la sua? Spetta ai posteri la difficile sentenza: noi ci inchiniamo umilmente al Sommo Creatore che volle fare di Napoleone (lui) un simbolo della sua potenza divina. La pericolosa e trepida gloria di un grandissimo disegno, l’insofferenza di un animo che deve obbedire ma pensa al potere e poi lo raggiunge e ottiene un premio che sarebbe stato una follia ritenere possibile. Sperimentò tutto: provò la gloria, tanto più grande dopo il pericolo, la fuga e la vittoria, il potere regale e l’esilio, due volte è stato sconfitto, e due volte vincitore. Egli stesso si diede il nome: due epoche tra loro opposte guardarono a lui sottomesse, come se ogni destino dipendesse da lui, egli impose il silenzio e si sedette tra loro come un arbitro. Nonostante tanta grandezza, scomparve rapidamente e finì la sua vita in ozio, prigioniero in una piccola isola, bersaglio di immensa invidia e di rispetto profondo, di grande odio e di grande passione. Come sulla testa del naufrago si avvolge pesante l’onda su cui poco prima lo sguardo dello sventurato scorreva alto e in cerca di rive lontane che non avrebbe potuto raggiungere, così su quell’anima si abbatté il peso dei ricordi. Ah, quante volte ha iniziato a scrivere le sue memorie per i posteri ma su tutte quelle pagine si posava continuamente la sua stanca mano! Quante volte alla fine di un giorno improduttivo ha abbassato lo sguardo fulmineo, con le braccia conserte, preso dal ricordo dei giorni ormai andati. E ripensò agli accampamenti militari in continuo movimento, alle trincee, allo scintillare delle armi e agli assalti della cavalleria, e agli ordini dati rapidamente e alla loro esecuzione. Ah, forse fra tanto dolore crollò il suo spirito e si disperò, ma arrivò l’aiuto di Dio a quel punto, che lo condusse in una realtà più serena; E lo guidò per i floridi sentieri delle speranze, verso i campi eterni, lo condusse alla beatitudine eterna, che sorpassa ogni desiderio umano, lo guidò dove la gloria terrena non vale nulla. Bella, immortale, benefica fede, abituata ai trionfi! Considera anche questo tuo trionfo e sii allegra perché nessuna personalità più grande si è mai chinata davanti alla croce di Cristo. Tu (Fede) allontana dalle ceneri di quest’uomo ogni parola maligna: il Dio che atterra e rialza, che dà dolori e consola si è posto accanto a lui, per consolarlo nel momento solitario della sua morte.
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giovedì 25 aprile 2019

25 APRILE 2019 - ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE

LA LIBERTA'
E' COME L'ARIA:
CI SI ACCORGE DI QUANTO
VALE QUANDO
COMINCIA A MANCARE

Piero Calamandrei
21/4/1889 - 27/9/1956
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Albert Kesselring, che durante il secondo conflitto mondiale fu il comandante delle forze armate germaniche in Italia, a fine conflitto (1947) fu processato e condannato a morte per i numerosi eccidi che l'esercito nazista aveva commesso ai suoi ordini (Fosse ArdeatineStrage di Marzabotto e molte altre). Successivamente la condanna fu commutata in ergastolo, ma egli venne rilasciato nel 1952 per le sue presunte gravi condizioni di salute. Tale gravità fu smentita dal fatto che Kesselring visse altri otto anni libero nel suo Paese, ove divenne quasi oggetto di culto negli ambienti neonazisti della Baviera.
Tornato libero, Kesselring sostenne di non essere affatto pentito di ciò che aveva fatto durante i 18 mesi nei quali tenne il comando in Italia ed anzi dichiarò che gli italiani, per il bene che secondo lui aveva loro fatto, avrebbero dovuto erigergli un monumento. In risposta a queste affermazioni Piero Calamandrei scrisse la celebre epigrafe, dedicata a Duccio Galimberti, "Lo avrai, camerata Kesselring...", il cui testo venne posto sotto una lapide ad ignominia di Kesselring stesso, deposta dal comune di Cuneo, e poi affissa anche a Montepulciano, in località Sant'Agnese, a Sant'Anna di Stazzema, ad Aosta, ai piedi del faro di Prarostino, all'ingresso delle cascate delle Marmore e a Borgo San Lorenzo, sull'antico palazzo del Podestà.

Lo avrai, camerata Kesselring...
Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.
Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.
Ma soltanto col silenzio dei torturati
più duro d'ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.
Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA



Nato a Firenze il 21 aprile 1889, deceduto a Firenze il 27 settembre 1956, giurista e scrittore politico.
Di antica famiglia di giuristi (suo padre, professore e avvocato, era stato anche deputato repubblicano), si era laureato a Pisa nel 1912. Nel 1915 era già docente di procedura civile all'Università di Messina e, tolta la parentesi della prima guerra mondiale, avrebbe insegnato a Modena (1918), a Siena (1920) e, dal 1924 sino ai suoi ultimi giorni, nell'Ateneo fiorentino di cui fu rettore. Interventista, Calamandrei aveva partecipato da volontario alla guerra 1915-18 come ufficiale di Fanteria, ma nonostante la promozione a tenente colonnello, preferì riprendere la carriera accademica.
L'avvento del fascismo lo portò ad impegnarsi contro la dittatura. Di qui la collaborazione con Salvemini e poi con i fratelli Rosselli, con i quali fondò il Circolo di Cultura di Firenze che, nel 1924, dopo essere stato devastato dagli squadristi, fu definitivamente chiuso per ordine prefettizio. La violenza fascista non spaventò il professore, che partecipò alla pubblicazione del Non mollare e all'associazione “Italia Libera”, che avrebbe più tardi ispirato il movimento “Giustizia e Libertà” e poi il Partito d'Azione. Piero Calamandrei, che aveva anche aderito all'Unione nazionale antifascista promossa da Giovanni Amendola e che, nel 1925, aveva sottoscritto il manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da Benedetto Croce, dopo il consolidarsi della dittatura tornò ai suoi studi giuridici (sua è l'Introduzione allo studio delle misure cautelari del 1936), pur mantenendo sempre i contatti con l'emigrazione antifascista.
Socio nazionale dell'Accademia dei Lincei e membro della regia commissione per la riforma dei codici, fu uno dei principali ispiratori del Codice di procedura civile del 1940. Ciononostante, quando gli fu chiesto di sottoscrivere una lettera di sottomissione a Mussolini, Calamandrei preferì dimettersi dall'incarico universitario, che avrebbe ufficialmente ripreso, come rettore, alla caduta del fascismo. L'atteggiamento dell'eminente studioso, com'ebbe a scrivere Norberto Bobbio, “fu di solitario disdegno...”, poiché “...verso i padroni e i loro servitori, non si saprebbe dire quale dei due detestasse di più”.
Calamandrei, che nel 1942 fu tra i fondatori del Partito d'Azione, dopo 1'armistizio, inseguito da un mandato di cattura, si rifugiò in Umbria. Di qui seguì, “con trepidazione e fierezza”, la nascita e l'espansione del movimento partigiano, mantenendo contatti e collaborando con la Resistenza, nella quale fu particolarmente attivo il figlio Franco.
Dopo la Liberazione, Piero Calamandrei fu nominato membro della Consulta nazionale e dell'Assemblea Costituente in rappresentanza del Partito d'Azione. Quando il PdA si sciolse, entrò a far parte del Partito socialdemocratico, per il quale fu eletto deputato nel 1948. Nel 1953, contrario alla “legge truffa”, sostenuta anche dai socialdemocratici, prese parte, con l'amico Ferruccio Parri, alla fondazione di “Unità Popolare”, che contribuì ad impedirne l'approvazione. Fondatore, del settimanale politico-letterario Il Ponte, che diresse dopo la Liberazione per dodici anni, Piero Calamandrei fu anche direttore della Rivista di diritto processuale, de Il Foro toscano e del Commentario sistematico della Costituzione italiana. Molto apprezzato dai cultori del Diritto, il suo Elogio dei giudici scritto da un avvocato e, memorabile per efficacia, l'epigrafe dettata da Calamandrei per la Lapide ad ignominia, che il Comune di Cuneo ha dedicato al generale nazista, criminale di guerra, Albert Kesselring.

venerdì 5 aprile 2019

ISTITUZIONI DELL' U.E. - PARLAMENTO EUROPEO

Parlamento europeo

Sintesi

  • Ruolo: organo legislativo dell’UE eletto a suffragio universale con competenze di vigilanza e di bilancio
  • Membri: 751 deputati (membri del Parlamento europeo)
  • Presidente: Martin Schulz
  • Anno di istituzione: 1952 quale Assemblea comune della Comunità europea del carbone e dell’acciaio; 1962 quale Parlamento europeo, con le prime elezioni dirette nel 1979
  • Sede: Strasburgo (Francia), Bruxelles (Belgio), Lussemburgo
  • Sito web: Parlamento europeo
Il Parlamento europeo è l'organo legislativo dell'UE che è eletto direttamente dai cittadini dell'Unione ogni cinque anni. Le ultime elezioni si sono svolte nel maggio 2014.

Cosa fa il Parlamento europeo?

Il Parlamento europeo ha tre funzioni principali:

Legislazione

  • adotta la legislazione dell'UE, insieme al Consiglio dell'UE, sulla base delle proposte della Commissione europea
  • decide sugli accordi internazionali
  • decide in merito agli allargamenti
  • rivede il programma di lavoro della Commissione e le chiede di presentare proposte legislative

Supervisione

  • svolge un controllo democratico su tutte le istituzioni dell’UE
  • elegge il presidente della Commissione e approva la Commissione in quanto organo. Può votare una mozione di censura, obbligando la Commissione a dimettersi
  • concede il discarico, vale a dire approva il modo in cui sono stati spesi i bilanci dell’Unione europea
  • esamina le petizioni dei cittadini e avvia indagini
  • discute la politica monetaria con la Banca centrale europea
  • rivolge interrogazioni alla Commissione e al Consiglio
  • effettua monitoraggio elettorale

Bilancio

  • elabora il bilancio dell’Unione europea, insieme al Consiglio
  • approva il bilancio di lungo periodo dell’UE, il "quadro finanziario pluriennale".
Altre infografiche

Composizione

Il numero di eurodeputati per ogni paese è approssimativamente proporzionale alla popolazione di ciascuno di essi, secondo i criteri della proporzionalità degressiva: un paese non può avere meno di 6 o più di 96 eurodeputati e il numero totale non può superare i 751 (750 più il presidente). I gruppi parlamentari sono organizzati in base allo schieramento politico, non in base alla nazionalità.
Il presidenteCerca le traduzioni disponibili del link precedenteEN••• rappresenta il Parlamento europeo nei confronti delle altre istituzioni dell'UE e del mondo esterno e dà l'approvazione finale al bilancio dell'UE.

Come funziona il Parlamento europeo?

Il lavoro del Parlamento europeo si articola in due fasi principali:
  • commissioni - preparano la legislazione.

    Il Parlamento europeo conta 20 commissioni e due sottocommissioni, ognuna delle quali si occupa di un determinato settore. Le commissioni esaminano le proposte legislative. Gli eurodeputati e i gruppi politici possono presentare emendamenti o respingerle. Le proposte sono anche discusse all'interno dei gruppi politici.
  • sessioni plenarie – adottano la legislazione.

    In questa fase gli eurodeputati si riuniscono nell’emiciclo per esprimere un voto finale sulla proposta legislativa e gli emendamenti proposti. Di solito si svolgono a Strasburgo per quattro giorni al mese, ma talvolta vengono organizzate sessioni supplementari a Bruxelles.

Il Parlamento europeo e i cittadini

Per chiedere al Parlamento europeo di agire su una determinata questione, si può presentare una petizione (per posta oppure online).
Le petizioni possono riguardare qualsiasi tema rientri fra le competenze dell'UE.
Per presentare una petizione, occorre essere cittadini di uno Stato membro dell'UE o risiedervi. Le società o altre organizzazioni devono avere sede nell'UE.
È anche possibile contattare il Parlamento europeo mediante l'eurodeputato della propria circoscrizione o l'Ufficio informazioni del Parlamento europeo del proprio paese.