sabato 20 luglio 2024

AVIS - ASSOCIAZIONE VOLONTARI ITALIANI DEL SANGUE

 Oggi una mia conoscente affetta da grave malattia genetica mi ha comunicato che non ha potuto effettuare le trasfusioni necessarie per continuare a vivere per mancanza di sangue.

Perchè non diventi donatore anche tu?

Sono già tante, ma non sufficienti,  le persone che con un piccolo gesto danno la possibilità di continuare a vivere a chi è affetto da gravi malattie. A tutte queste persone il mio più grande riconoscimento e ringraziamento.

Nonno Kucco



PERCHE' DONARE SANGUE

Il sangue è un insostituibile alleato negli interventi chirurgici e ortopedici, nella cura delle ustioni e delle emorragie, nei trapianti di organi e tessuti, nella cura di malattie gravi quali tumori, leucemie, anemie croniche.

 

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Come ottenere l’idoneità

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Presentati all’appuntamento: qui compilerai il questionario, incontrerai il medico per un colloquio e verrai sottoposto alla visita e agli esami del sangue.

Attendi l’esito della visita e il responso medico.

Se risulti idoneo, sei pronto per la tua prima donazione.

 

Per approfondire:

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https://www.avis.it/chi-siamo/dati-donazioni/ 

domenica 14 luglio 2024

14 LUGLIO 1789 - PARIGI

 14 LUGLIO 1789 - PARIGI

 Notizie tratte da:

https://www.ifcsl.com/centre-saint-louis/storia-e-cultura-francese-cosa-succede-il-14-luglio-francia#/

 

Il 14 luglio, conosciuto in tutto il mondo come la Festa Nazionale Francese, è molto più di una semplice data sul calendario, è un giorno che porta con sé l’eco delle voci rivoluzionarie, il suono della Marsigliese e lo spirito di un intero popolo che ha lottato per la libertà, l’uguaglianza e la fraternità.

Questa giornata in Francia commemora la presa della Bastiglia nel 1789, un evento che segnò l’inizio della Rivoluzione Francese e trasformò per sempre il corso della storia. Ancora oggi è quindi un’occasione di festa, orgoglio e riflessione, celebrata con parate, fuochi d’artificio e una rinnovata promessa di libertà.

Il 14 luglio in Francia, infatti, è ancora oggi un giorno speciale e per questo festa nazionale: si tratta, infatti, di una ricorrenza particolarmente sentita da tutto il popolo francese, e che è molto emozionante vivere se si ha la fortuna di essere lì in quel periodo dell’anno. Ma cosa succede esattamente e quali sono gli eventi da non perdere? Scopriamolo insieme.

La presa della Bastiglia, avvenuta il 14 luglio 1789, rappresenta uno degli eventi più emblematici della Rivoluzione Francese. La Bastiglia era una prigione-fortezza nel cuore di Parigi, simbolo del potere assoluto della monarchia e della sua repressione.

Quel giorno, centinaia di parigini insorti, spinti dalla crescente insoddisfazione per le disuguaglianze sociali e la crisi economica, esasperati dagli sprechi e dai soprusi del regime monarchico che avevano trascinato il Paese in una situazione economica e sociale disastrosa, assalirono la Bastiglia. Dopo ore di combattimenti e la perdita di vite umane, la fortezza fu conquistata. Sebbene contenesse pochi prigionieri, la sua caduta segnò un potente atto di ribellione contro il regime monarchico.

La rivolta fu determinante non solo per il suo impatto simbolico, ma anche per le conseguenze politiche immediate. Rappresentò il punto d’inizio per la conclusione dell’Ancien Régime e l’ascesa dei principi di libertà, uguaglianza e fraternità che avrebbero definito la Rivoluzione Francese. Il re Luigi XVI, all’oscuro della gravità della situazione, fu costretto a riconoscere la nuova realtà politica, portando alla convocazione dell’Assemblea Nazionale e alla stesura della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino.

Prese di fatto il via alla Rivoluzione Francese, un periodo di tumulti che portarono alla fine della monarchia assoluta nel Paese, all’affermazione degli ideali rivoluzionari “LibertéÉgalitéFraternité”, all’istituzione della Repubblica e della Costituzione del 1791 e, nel lungo periodo, all’adozione di ordinamenti di stato liberale e democratico in Europa: di fatto, questo evento ha segnato la fine dell’epoca moderna e l’inizio di quella contemporanea.

 

 

sabato 6 luglio 2024

CHIESA DI SAN GIOVANNI BATTISTA - (Ferrara)

 

FERRARA - SAN GIOVANNI BATTISTA








La chiesa di San Giovanni Battista, detta anche dei Cavalieri di Malta, è una chiesa di Ferrara, situata all'incrocio fra via Montebello e corso Porta Mare.
Questa chiesa venne edificata nel 1496, ma alcuni studi indicano nel 1505, dai Canonici Regolari Lateranensi su un terreno donato da Ercole I d'Este. L'architetto di questa grandiosa costruzione sarebbe stato Francesco Marighella anche se gli studiosi moderni ritengono che la sua costruzione iniziò probabilmente dalla zona absidale, ad opera dell'architetto Biagio Rossetti. Nel 1570, un violento terremoto rase al suolo molti edifici tra cui, probabilmente, anche codesta costruzione: Alberto Schiatti architetto, risistemò l'edificio, forse riducendolo anche in dimensioni.
Dal 1826 al 1834 la chiesa venne retta dal Sovrano militare ordine di Malta che si era trasferito a Ferrara.
Venne riaperta al culto nel 1938, e dopo i bombardamenti del secondo dopoguerra venne chiusa al culto perché danneggiata e chiusa definitivamente nel 1954.
L'edificio di proprietà del comune di Ferrara negli anni '90 è stato restaurato e consolidato. Dopo il terremoto dell'Emilia del 2012 è stata temporaneamente riaperta al culto in attesa dei lavori di restauro delle chiese della parrocchia di Santo Spirito. 
È l'unica della città con una pianta a croce greca e dotata di cupola; l'interno è ricco di opere d'arte e di affreschi.
Adiacente alla chiesa sorge anche l'antico complesso conventuale, che venne trasformato in ospedale e convento per i cavalieri di Malta che praticavano lo status semimonastico.

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. 

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Chiesa di San Giovanni Battista dei canonici lateranensi, detta dei cavalieri di Malta 

CHIESA DI SAN GIOVANNI BATTISTA 

Già dei Canonici Lateranesi fino 1779/1797 e del Sovrano Ordine Militare di Malta (1826-1834)

Stabiliti a Ferrara, i canonici regolari lateranensi –tra la fine del XV secolo e l’inizio del successivo– costruirono la chiesa che è posta all’incrocio di via Montebello con corso Porta Mare; dotandola di cupola, eressero un tempio che è unico nel suo genere a livello cittadino: una chiesa a pianta greca. 

Sessanta e più anni dopo, però, dovettero intervenire con restauri a causa dei danneggiamenti sofferti nel terremoto del 1570. I monaci abitavano l’attiguo convento, ma ne furono espulsi nel 1796: i “forastieri” dovettero partire, gli altri furono trasferiti a Santa Maria in Vado. Qui subentrarono i benedettini, che rimasero pochi anni. Vennero essi rimpiazzati dai somaschi, i quali similmente furono espulsi nel 1810. Entrarono allora i catecumeni nel 1821 a possedere una parte della canonica, ma anch’essi nel 1826 lasciarono il luogo ai Cavalieri del Sovrano Ordine Militare di San Giovanni di Malta; e passati questi nel 1855 ad aver sede in Roma, chiesa e canonica furono donate alle orfanelle. 

Nel 1938 la chiesa fu restaurata e venne riaperta, ma –colpita dai bombardamenti– nel 1954 fu nuovamente chiusa. Nel 1970 il Comune di Ferrara, quale proprietario, assegnò il complesso all’Azienda Pubblica Servizi alla persona e nel convento venne eretto un pensionato, affidandolo all’Opera Pia Braghini Rossetti. Nonostante i tentativi nel 1975 del Gran Priore Uguccione Scroffa di ripristinarla per l’Ordine, bisognerà attendere il 1995 per lavori di restauro e consolidamento. Dopo il terremoto, il 16 settembre 2012 la chiesa è stata riaperta al Culto. Mentre sono rimasti gli affreschi, i paramenti sacri sono conservati nel museo civico di Palazzo Schifanoia.

Da: Annuario Diocesano 2017 - Arcidiocesi di Ferrara

CHIESA DI SAN GREGORIO MAGNO - (Ferrara)

 

FERRARA - SAN GREGORIO MAGNO

Ferrara, Via Camello 21







È una delle più antiche chiese della città: alcuni storici affermano che esistesse nel sec. X, mentre la torre campanaria fu edificata tra il 1092 ed il 1146. Tutto il dado del campanile è ornato da elegantissimi cotti ad arco acuto, in uso a Ferrara nel tardo Trecento a tutto il Quattrocento. Nella parte superiore, costituita dalla cella campanaria, fiorisce la bellezza delle trifore ogivali che richiamano il Trecento. Nel corso del tempo furono effettuate ristrutturazioni ed ampliamenti: la chiesa fu restaurata nel 1616 e nel sec. XVIII fu ricostruita la canonica e furono aggiunti il presbiterio ed il transetto. La chiesa fu riconsacrata il 13 aprile 1788 dall’arcivescovo Alessandro Mattei. Nel decreto di riduzione delle parrocchie del 1806 fu confermata parrocchia e la sua giurisdizione venne estesa alle soppresse parrocchie di S. Agnese e di S. Clemente. Nel 1932 fu ripristinato l’aspetto gotico della facciata, lavoro affidato alla Direzione Storico Artistica della «Ferrariae Decus». Direttore dei lavori fu l’ing. Giuseppe Stefani.


CHIESA DI SAN BARTOLOMEO IN BOSCO - (Ferrara)

 

SAN BARTOLOMEO IN BOSCO








SAN LORENZO

SAN GAETANO



Nel 1954 Mons. Bovelli pose la prima pietra della nuova Chiesa.




Cronotassi:
Grossi Alessio           (2007-2015)
Di Pascale Antonio   (1978-2007)
Paparelli Lorenzo      (1921-1978)
Manzoli Giuseppe     (1913-1920)
Pieri Francesco          (1885-1913)
Cavallazzi Carlo        (1840-1840)
Baglioni Luigi           (1832-1840)
Zappoli Achille         (1829-1832)
Tacchi Antonio          (1826-1826)
Tacchini Antonio       (1817-1829)
Drappieri Giovanni    (1812-1817)
Pellagatti Gaspare      (1800-1812)
Botti Ferdinando        ( 1783-1799)

(Sostantivo
cronotassi - f inv
- elenco ordinato cronologicamente di persone succedutesi in una carica. Usato specialmente nelle successioni di vescovi.








San Bartolomeo in Bosco è una frazione di Ferrara di 2.041 abitanti, facente parte della Circoscrizione 2, il cui territorio dista da Ferrara 14 km e si sviluppa fra Gaibana, Montalbano e Marrara. Il borgo è sorto all'incirca verso il 1735, si ricorda la vecchia chiesa parrocchiale risalente al 1783, distrutta nel 1945 e la nuova inaugurata il 20 dicembre 1959. È inoltre sede del Centro di documentazione del mondo agricolo ferrarese. Vi si trovano un asilo, una scuola elementare, una scuola media, alcuni ristoranti e bar e annualmente vi si reca un piccolo luna park.
 
Potremmo racchiudere la storia di San Bartolomeo in Bosco in un racconto di poco meno di trecento anni … prima solo valli, paludi, qualche sparso casone di canne e fango. Con i primi coloni nelle nuove terre emerse in località ‘li Boschi’ sorge nel 1737 un oratorio nelle possessioni dei conti Masi. Un piccolo borgo che presto si popola e diviene, ‘dismembrato’ dalla chiesa di S. Egidio, la parrocchia (1783) di San Bartolomeo in Bosco, con una nuova chiesa (1786) e un suo parroco, don Botti. La storia (la Legazione Pontificia, i giacobini, la Restaurazione, il regno sabaudo) sfiora il paese, che vive del lavoro dei suoi contadini con la coltivazione della canapa, del mais e, in epoche più recenti, della barbabietola e infine con la frutticoltura. La guerra nel 1945 distrugge la vecchia chiesa, ricostruita nel 1959 grazie alla tenacia del parroco don Lorenzo Paparelli. Delle epoche passate, oltre qualche antica casa e la scuola elementare (1912) dell’ing. Duprà, la storia si manifesta con il bel monumento ai Caduti della Grande Guerra di Edgardo Simone (1927) e l’interessante Casa Littoria dell’ing. Ugo Marti (1939), ora caserma dei Carabinieri. Guerre e alluvioni non hanno tolto a San Bartolomeo in Bosco il piacevole aspetto di tranquillo e agiato borgo contadino alle porte di Ferrara.
 
Bibliografia
    •    Guida della Circoscrizione Sud di Ferrara, 2007
    •    In quel giorno si raccapitolò tutto l'inverno, diario del primo parroco di S.Bartolomeo don Ferdinando Botti, con introduzione storica di Adriano Franceschini, Gruppo Culturale in Nemore 1983
    •    Deo Gratias! Mezzo secolo della nuova Chiesa di San Bartolomeo in Bosco, Liberty House 2009
    •    Segnali dal passato, Lucio Scardino
    •    Carlo D'Onofrio, ...e adesso parliamo di San Bartolomeo in Bosco, stampato in proprio, 2016. La storia completa di San Bartolomeo in Bosco in 50 pagine ricche di illustrazioni. Prefazione della storico ferrarese Francesco Scafuri. L'opera è rinvenibile presso vari istituti culturali cittadini (la biblioteca Ariostea di Ferrara, l'archivio storico del comune di Ferrara, la biblioteca di Architettura ecc.) e, fino a esaurimento, presso l'edicola del paese.

Da:
https://it.wikipedia.org/wiki/San_Bartolomeo_in_Bosco

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 Il paese, sorto nel sec. XVIII su terreno di recente bonifica, nella sua breve storia ha conosciuto ore tristi e drammatiche a causa delle rotte del Reno negli anni 1774 e 1896 e del terremoto nel 1887. 
Nel 1738 fu costruito dal conte Bartolomeo Masi Pasini un oratorio, che ampiamente strutturato, fu elevato a chiesa parrocchiale dal card. Alessandro Mattei con suo decreto del 18 dicembre 1783; il primo parroco don Ferdinando Botti prese possesso il 30 dicembre. 
Nell’ultimo conflitto la zona fu sottoposta a bombardamenti, riducendo nel 1945 la chiesa parrocchiale ad un cumulo di rovine ed il campanile ad un tronco. 
L’attuale chiesa, ricostruita più ampia e spaziosa, fu consacrata il 20 novembre 1959 dall’arcivescovo mons. Natale Mosconi. 
Due lapidi marmoree poste all’entrata principale ricordano la costruzione della nuova chiesa e la celebrazione bicentenaria fatta alla presenza dell’arcivescovo mons. Luigi Maverna il 18 dicembre 1986.

Da:



Foto del 1945

CHIESA - SANTUARIO DEL POGGETTO - (Ferrara)

 

SANTUARIO DEL POGGETTO










Cenni storici

Il Santuario del Poggetto si trova su un piccolo poggio, pochi km a sud di Ferrara e dipende dalla Parrocchia di S. Egidio. L'inizio della devozione verso questo Santuario, si rifà alla tradizione dell'antico ritrovamento di un immagine della Madonna, appesa poi ad una vigorosa rovere, quando le valli ad occidente di S. Egidio ereano frequentemente inondate dal Po di Primaro.
La Madonina, che pare fosse di terracotta, e la rovere ebbero, nel tempo, analoga sorte. La prima sembra sia andata distrutta per incendio o inondazione; la seconda, recuperata nel 1891 durante la costruzione del coro della piccola chiesa di allora, ( 26 mq ) fu collocata dietro all'altare e riparata da un vetro, ma fu definitivamente perduta quando, il 22 aprile 1945, alcuni soldati in fuga incendiarono il Santuario e le case vicine. Tutto ciò provocò non solo la perdita della rovere, ma anche la distruzione di una artistica icona in stile gotico, opera dell'intagliatore ferrarese E. Bolognesi e donata al Santuario dal conte Giovanni Grosoli Pironi, per accogliere il dipinto della Madonna. Il culto della Madonna si diffuse sempre più tra le popolazioni circostanti; lo storico Guarini annota che nel 1621 l'afflusso dei fedeli era straordinario, specialmente in Quaresima, in coincidenza con la festa dell'Annunciazione, il 25 marzo.

Alla fine del '700, il Cardinale Magalotti ingiunse al Parroco di S. Egidio, da cui dipendeva e dipende tutt'ora il Santuario, di celebrare una S. Messa ogni sabato e nella festa dell'Annunciazione.
Le notizie archivistiche riportano che Don Melchiorri, parroco di S. Egidio dal 1873 al 1895 e fratello dello storico G. Melchiorri, si adoperò per rendere ancora più sentito il culto della Vergine, riprendendo le sacre funzioni settimanali, fondando la "Pia Unione della Madonna del Poggetto" ed accogliendo i pellegrini che venivano sempre più numerosi dalle parrocchie vicine.
La fama delle grazie, l'antichità e l'estensione del sacro culto (memorabile il trasporto della Santa Immagine nel luglio e settembre del 1855 alla Chiesa Parrocchiale di S. Egidio per implorare pietà e misericordia contro l'epidemia di colera che mieteva vittime sempre più numerose in città e in campagna) ed il riconoscimento a "Santuario" da parte del Sommo Pontefice Pio IX, che , dopo aver concesso il Giubileo Universale, dichiarò che, visitandolo, si potevano ottenere i benefici spirituali ed il riconoscimento ufficiale del Capitolo Vaticano, che decretò l'Incoronazione della Sacra Immagine il 15 settembre del 1901.
L'attuale immagine della Vergine che risale al 1554, come dipinto sul fondo, rappresenta la Madonna assisa in trono con Gesù Bambino benedicente; fu dipinta a tempera su tela finissima, foderata poi sul retro, con tela più consistente. Solo le teste della Madonna e del Bambino sono rifinite, mentre il resto, piuttosto trascurato, è caratterizzato da sottilissime tinte. Il Melchiorri fece accurate ricerche per appurare l'autore della tela, senza, per altro, giungere con certezza ad una eventuale attribuzione.
Lo storico ferrarese Napoleone Luigi Cittadella, interpellato sulla questione, sostenne che l'opera proveniva dalle scuole di pittura ferraresi del XVI secolo e la attribuì a Sebastiano Filippi da Carpi, detto il "Bastianino". Nel 1878 il pittore Antonio Benini di Bondeno dichiarò che il buon disegno delle parti nude e l'espressione dei visi dimostravano una mano maestra, anche se la tela era stata rimaneggiata da incompetenti che non avevano saputo conservarle il pregio artistico. Pur dissentendo in qualche punto dal Cittadella, riconobbe che l'insieme ed il movimento delle figure gli sembravano appartenere al periodo del Quattrocento o del Cinquecento.
Nel 1982, l'opera fu restaurata dalla ditta A. & G. Piella di Ferrara, a spese del Vicariato di S. Giorgio; i restauratori espressero il parere che la Santa Immagine fosse di scuola ferrarese del XVII secolo.
Nella primavera del 1894, l'ingegneri ferraresi V. Scabbia ed A. Chiozzi presentarono i disegni per l'innalzamento della chiesa del Santuario che sostituiva il vecchio Oratorio, subentrato a sua volta al vecchio capitello risalente al 1319.

Nel suo nuovo lavoro, realizzato in stile gotico-lombardo, la facciata fu innalzata con due colonne ai lati e due guglie faccettate su colonnette a cuspide. Il timpano fu realizzato in cotto a conchiglia e un rosone a vetri colorati, con larga fascia ad ornamenti gotici, occupò il centro della facciata.
Fu ingrandita la porta di ingresso ad arco gotico, mentre la lunetta, ornata con cotto di tipo ferrarese, fu divisa con un architravce di legno intagliato. Una bella tavola d'olio, opera del pittore ferraese A. Magrini, rappresentava la Vergine col Bambino, S. Egidio Abate, in atto di contemplazione, con la cerva a fianco, S. Giorgio, guerriero in armi, con le braccia al petto,  genuflesso in venerazione; sul fondo il paesaggio con il prospetto del Poggetto.
Mons. G. Zanardi, professore di filosofia in seminario, che in precedenza era stato cappellano del Santuario, sollecitò i lavori per innalzare l'apside della chiesa e per rivestire tutto il soffitto a vele e crocere gotiche con cordoni e vernici a stucco. Si aprirono le finestre gotiche con vetri colorati. Si costruì l'altare in mattoni, si allargò il Presbiterio e si eressero colonnette ottagonali per sostenere gli archi a sesto acuto. Il coro fu rivestito interamente per dargli forma ottagonale con tante vele al soffitto. All'interno della chiesa tutti i fregi furono realizzati dal ferrarese A. Tellini, mentre G. Tabellini di Voghenza creò una cornice di stucco a forma di fascia, che si armonizzava con lo stile dei capitelli.
Per giungere al Santuario lungo la strada campestre,  che anticamente si chiamava Strada delle Suore, forse per ricordare le Benedettine, antiche proprietarie della località, Mons. Zanardi nel 1894, pensò di far costruire 15 capitelli, come i misteri del S. Rosario. L'ing. V. Scabbia li disegnò e A. Gilli li realizzò. Sotto la nicchia di ogni capitello fu scolpito su marmo, il nome dell'offerente, mentre sotto il dodicesimo fu collocata una lapide con iscrizione latina a ricordo dell'avvenimento.

A due anni di distanza, nel 1896, ancora Mons. Zanardi, fece costruire, a proprie spese, una nuova sacrestia a nord e ricostruire quella antica a sud.
Con le nuove opere, il Santuario assunse l'aspetto esteriore delle antiche chiese gotiche a tre navate, anche se l'interno rimase a navata unica. I lavori di rifinitura occuparono gli ultimi tre anni dell'ottocento: E. Bolognesi intagliò il tabernacolo in stile gotico, si dipinse in finto marmo l'altare, si fece costruire la balaustra dalla ditta Brondi di Ferrara. Il Rettore Don Lupi, per conservare il ceppo di rovere, dissotterrato nel muro dell'antico coro e sul quale pare fosse stata collocata la prima immagine della Madonna, lo collocò dietro l'altare proteggendolo con un cristallo. Tutto ciò non fu sufficente ad evitare una profanazione ad opera di due soldati che il 22 aprile 1945, appiccarono fuoco al Santuario e alla casa vicina. Per rendere omaggio a Cristo Redentore, nel 1900 fu innalzata una monumentale Croce, con base di cinque metri, in marmo di Verona. Sul braccio trsversale è scritto: "Redemptori Iesu Cristo Domino Nostro- otto settembre 1901".
Nel 1933 la ditta Borea di Marrara costruì il Campanile, in pietra a vista, adorno di quattro sottili fasce in cotto che ne delineano i piani. E' alto 26 metri e contiene cinque campane al suo interno.
Alla fine della seconda guerra mondiale, dopo i restauri eseguiti dalla ditta Edil Labor di Stagni, Borsetti ed Alberti di S. Egidio, la chiesa fu riaperta al culto. Dal 1966, l'attuale altare costruito in marmo, sostituì purtroppo quello antico, danneggiato dall'incendio del 1945. E' stato donato dal concittadino dr. G. Govoni, unitamente al prezioso tabernacolo realizzato dalla ditta Beretta di Ferrara.
Nel 1982, a cura del Vicariato di S. Giorgio, fu restaurata la Sacra Immagine di Maria Vergine e racchiusa nell'apposita teca, ornata da una cornice dorata del '700, dono della cittadina Parrocchia del Gesù. Dal 5 dicembre del 2011 il Santuario è stato chiuso per un considerevole restauro e consolidamento alle travi del tetto, la zona del sotto tetto, le guglie e il timpano della facciata. Il Santuario è stato riaperto al culto il 23 marzo del 2012.
I gravi eventi sismatici del 20 e 29 maggio 2012 non hanno provocato danni alla struttura, il Santuario del Poggetto è stata l'unica Chiesa della zona non danneggiata dal sisma e regolarmente aperta al culto. In questo i pellegrini hanno interpretato un ulteriore  segno di protezione della cara Madonna, Beata Vergine Maria del Poggetto.

TINA ANSELMI

 

Tina Anselmi
Tina Anselmi nel 1983

Ministro del lavoro e della previdenza sociale
Durata mandato29 luglio 1976 –
11 marzo 1978
Capo del governoGiulio Andreotti
PredecessoreMario Toros
SuccessoreVincenzo Scotti

Ministro della sanità
Durata mandato11 marzo 1978 –
4 agosto 1979
Capo del governoGiulio Andreotti
PredecessoreLuciano Dal Falco
SuccessoreRenato Altissimo

Deputato della Repubblica Italiana
Durata mandato5 giugno 1968 –
22 aprile 1992
LegislaturaV, VI, VII, VIII, IX, X
Gruppo
parlamentare
Democrazia Cristiana
CircoscrizioneVenezia-Treviso
Incarichi parlamentari
  • Presidente della Commissione d'inchiesta sulla Loggia P2;
  • Membro della Commissione Lavoro e previdenza sociale;
  • Membro della Commissione Igiene e sanità;
  • Membro della Commissione Affari sociali.
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politicoDemocrazia Cristiana (1944-1992)
Titolo di studioLaurea in lettere
ProfessioneInsegnante; Sindacalista
FirmaFirma di Tina Anselmi
 
Tina Anselmi è stata una politica e partigiana italiana. È stata la prima donna ad aver ricoperto la carica di ministro della Repubblica Italiana.
Nascita: 25 marzo 1927, Castelfranco Veneto
Morte: 1 novembre 2016, Castelfranco Veneto
Cariche precedenti: Ministro della salute della Repubblica Italiana (1978–1979)
Partito: Democrazia Cristiana
Istruzione: Università Cattolica del Sacro Cuore
Genitori: Ferruccio Anselmi, Norma Ongarato
 
Per approfondire:
 
 
                                                                                                       

venerdì 5 luglio 2024

FERNANDA WITTGENS

 

 Articolo tratto da: https://www.famigliacristiana.it/articolo/la-storia-vera-di-fernanda-wittgens-l-arte-l-impegno-la-fede.aspx

 

La storia vera di Fernanda Wittgens, l'arte, l'impegno, la fede

29/06/2024  Ecco chi era la donna cui l'arte di Milano deve alcune delle sue opere più importanti, salvate grazie al suo impegno dalle bombe e dalla razzia nazista. Scopriamo il suo lato umano, politico, cristiano

Quando Fernanda Wittgens fu assunta alla Pinacoteca di Brera era il 1928, aveva una laurea in Lettere con lode presa nel 1926 all’Accademia scientifico letteraria, aveva insegnato nei Licei Manzoni e Parini e poi storia dell’arte al Malagugini, una scuola privata. Non erano tantissime le donne laureate all’epoca neppure nel gran Milan, la qualifica con cui fu assunta in Pinacoteca la dice lunga su tante cose: «Operaia avventizia». Un due di coppe con la briscola a bastoni, però in gamba. Caparbia e visionaria, andò lontano.

Era nata a Milano il 3 aprile del 1903 e Milano le deve moltissimo e anche i tanti visitatori che dopo l’Expo hanno riscoperto Milano come città non solo della moda ma anche dell’arte e del turismo hanno un enorme debito con questa donna poco ricordata.

Tante delle opere d’arte che ancora oggi si ammirano in città non ci sarebbero forse senza di lei, che senza badare alle qualifiche, al suo essere donna in un mondo di uomini e a tutti i paletti che la vita le ha messo davanti ha lottato, anche fisicamente organizzando e collaborandovi molti trasporti per salvare le opere di Brera, del Poldi Pezzoli e della Quadreria dell’Ospedale maggiore dalla razzia dei nazisti e, poi, dalle bombe: molto del patrimonio di Brera si salvò dal bombardamento del 1943 perché era riuscita a portarlo via per tempo. Anche il Cenacolo vinciano come lo conosciamo ora e il suo restauro sono un merito suo, dopo che nel 1950 era diventata, prima donna nel ruolo, soprintendente alle Gallerie della Lombardia. E così è merito suo la Pietà Rondanini che convinse il Comune di Milano ad acquistare, sottraendola ad altre città pretendenti.

Ma era solo una ragazza, nata in una famiglia della borghesia milanese con sette figli, cui il padre Adolfo, di origine svizzera, professore di liceo al Parini, aveva trasmesso la passione per l’arte, quando la sua avventura ebbe inizio. Fu il successo di una mostra di arte italiana a Londra a rivelare definitivamente il suo talento al direttore Ettore Modigliani, che le diede fiducia e nel 1931 la volle come vice. Quando Modigliani subì l’allontanamento forzato da Brera nel 1935, quindi il confino L’Aquila, in seguito a dissidi con un gerarca fascista, infine l’espulsione dalle cariche dello Stato per via delle leggi razziali del 1938, Fernanda Wittgens fece pubblicare con la propria firma, visto che la legge non permetteva che un ebreo firmasse una pubblicazione, il libro che Modigliani aveva scritto in esilio, Mentore. E prese di fatto il posto del suo maestro: era 1941 e infuriava la guerra.

L’impegno per l’arte, specie lombarda di cui era fine e arguta conoscitrice, e per gli esseri umani fu tutt’uno: sempre di salvare si trattava. Per l’aiuto dato alla fuga in Svizzera del professore ebreo Paolo D'Ancona, della sua famiglia e di altri ebrei che nemmeno conosceva, Fernanda Wittgens fu arrestata: alla madre scriveva lettere dalla cella ostentando serenità, ma anche rivendicando i propri ideali e il dovere di spendersi per gli altri: «E appunto perché non ho tradito la vera legge che è quella morale o sono provvisoriamente colpita. La legge dello stato si deve seguire fino a quando coincide con la legge morale, ma quando per seguirla bisogna diventare anticristiani si deve sapere disubbidire a qualunque costo». E ancora: «Quando crolla una civiltà e l’uomo diventa belva, chi ha il compito di difendere gli ideali della civiltà, di continuare ad affermare che gli uomini sono fratelli, anche se per questo dovrà... pagare ? Almeno i cosiddetti intellettuali, cioè coloro che hanno sempre dichiarato di servire le idee e non i bassi interessi, e come tali hanno insegnato ai giovani, hanno scritto, si sono elevati dalle file comuni degli uomini. Sarebbe troppo comodo essere intellettuali nei tempi pacifici e diventare codardi, o anche semplicemente neutri quando c’è pericolo».

Queste righe sono citate nell’appassionato omaggio che le dedicò al Piccolo Teatro l’11 gennaio del 1958, a sei mesi dalla morte, il critico letterario Francesco Flora che la ricordava così: «In tanta energia, in tanta capacità di attuare quel che le stava nell’animo come un gioioso dovere, Fernanda era pur sempre una creatura femminile. E bastava infatti vederla nei contatti col prossimo, tra i potenti e gli umili, capace di trovare il tono giusto, con quella virtù sempre un poco materna che è il fondo della femminilità. Era pur sempre la donna che nell’imminenza della morte, dicendo addio alla vita e alle persone più care poté scrivere: «la mia vera natura [... ] è quella di una donna a cui il destino ha dato compiti da uomo, ma che li ha sempre assolti senza tradire l’affettività femminile».

Fernanda Wittgens, scomparsa a 54 anni nel 1957, riposa tra gli illustri del civico mausoleo Palanti al Monumentale di Milano, la sua città le ha intitolato una via accanto alla Basilica di San Lorenzo e il suo nome dal 2014 figura tra i Giusti tra le nazioni, il riconoscimento dato ai gentili che si sono prodigati nel salvare ebrei durante il nazifascismo, un albero piantato a suo nome e un cippo la ricordano nel Giardino dei Giusti a Milano.

Alla sua storia sono dedicati un romanzo di Giovanna GinexRosangela Percoco, intitolato l’Allodola (Salani), deve il titolo al soprannome che le dava Modigliani - perché come l’allodola la riteneva discreta, la si notava solo quando spiccava il volo e una precendente biografia sempre id Ginex, Sono Fernanda Wittengs. Una vita per Brera (Skirà). Dalle lettere e dagli scritti di Fernanda Wittgens nel 2018 il Piccolo teatro ha ricavato una lettura scenica con Sonia Bergamasco per la regia di Marco Rampoldi, intitolata il Miracolo della cena.

 

Per approfondire: https://it.wikipedia.org/wiki/Fernanda_Wittgens

Nel 1956 rifiuta, con una lettera, la proposta di Ferruccio Parri di presentarsi alle elezioni amministrative con la lista del Fronte Laico. Significativo il passo: «Ora io non mi sento, come artista, di entrare nel binario dei partiti perché la mia libertà è condizione assoluta per la vita stessa del mio essere».

TRILUSSA - CARLO ALBERTO CAMILLO SALUSTRI

 Trilussa, pseudonimo anagrammatico di Carlo Alberto Camillo Salustri, è stato un poeta, scrittore e giornalista italiano, particolarmente noto per le sue composizioni in dialetto romanesco. Per approfondire = Wikipedia

Nascita: 26 ottobre 1871, ROMA
Morte: 21 dicembre 1950, ROMA
Carica precedente: Senatore della Repubblica italiana (1950–1950)
Luogo di sepoltura: Cimitero Monumentale del Verano, Roma
Istruzione: Collegio S. Giuseppe - Istituto de Merode
Genitori: Vincenzo Salustri, Carlotta Poldi
 
SA LUS TRI = TRI  LUS  SA

TRILUSSA - NINNA NANNA DELLA GUERRA

Ninna nanna della guerra

 

«Ninna nanna, nanna ninna,
er pupetto vò la zinna:
dormi, dormi, cocco bello,
sennò chiamo Farfarello
Farfarello e Gujermone
che se mette a pecorone,
Gujermone e Ceccopeppe
che se regge co le zeppe,
co le zeppe d'un impero
mezzo giallo e mezzo nero.

Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili
de li popoli civili

Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s'ammazza
a vantaggio de la razza
o a vantaggio d'una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.

Chè quer covo d'assassini
che c'insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le Borse.

Fa la ninna, cocco bello,
finchè dura sto macello:
fa la ninna, chè domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.

So cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:
torneranno più cordiali
li rapporti personali.

E riuniti fra de loro
senza l'ombra d'un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe quer popolo cojone
risparmiato dar cannone!»

Scritta all'inizio della prima guerra mondiale, la composizione di Trilussa si differenzia dal consueto stile ironico e bonario del poeta romano ed è una vera e propria invettiva. La ninna-nanna ebbe successo immediato e diventò una canzone popolare soprattutto a Torino. Il testo della poesia era stato pubblicato dai giornali socialisti piemontesi durante la guerra; il 9 gennaio 1921 fu ripreso da "L'Ordine Nuovo" di Antonio Gramsci, con una nota di Palmiro Togliatti che ne confermava l'ampia diffusione almeno a partire dal 1917.

CHIESA DI SAN GIORGIO - FERRARA

 

FERRARA - SAN GIORGIO

San Giorgio














Superato il Po di Volano, in fondo ad un vasto piazzale si erge l'imponente struttura della chiesa di San Giorgio, sede episcopale dal secolo VIII. In seguito al decadimento di Voghenza, la sede episcopale venne trasferita in San Giorgio e vi rimase dal secolo VIII al 1135, anno in cui fu consacrata la nuova cattedrale situata nel centro cittadino. San Giorgio rimase parrocchia con giurisdizione su un ampio territorio. L'ex palazzo vescovile fu donato ai Canonici Regolari di Sant'Agostino a cui succedettero i Canonici Lateranensi. Agli inizi del secolo XV il marchese Niccolò d'Este, che si trovava in buoni rapporti col pontefice Giovanni XXIII (a sua volta particolarmente legato alla Congregazione dei benedettini Olivetani ), si adoperò per fare insediare questi monaci  in San Giorgio. Nel 1414 entrarono i monaci benedettini di Monte uliveto e si adoperarono per fare riedificare la chiesa e gli edifici annessi ormai fatiscenti (la chiesa fu poi affiancata dall'agile campanile, opera di Biagio Rossetti ). L'interno, di proporzioni rinascimentali, presenta ricche decorazioni affrescate del periodo barocco, dai colori chiari e luminosi. In fondo alla navata sinistra si trova la cappella di San Maurelio, con la tomba del vescovo martire eletto compatrono  di Ferrara assieme a San Giorgio. Presso l'ingresso al campanile è la semplice tomba di Cosmè Tura, pittore caposcuola dell'Officina Ferrarese. Nel presbiterio è collocato il quattrocentesco monumento sepolcrale di Lorenzo Roverella, vescovo di Ferrara e nunzio apostolico in Ungheria. Dopo un periodo di prosperità, per il monastero iniziò del secolo XVIII una fase di decadenza. Nel 1708 il convento fu occupato da 2000 soldati austriaci impegnati a combattere contro i francesi nella guerra di successione spagnola e nel corso del secolo fu più volte ridotto ad ospedale o ad acquartieramento di truppe di diverse nazionalità. La soppressione napoleonica (1796) cacciò i padri da San Giorgio ed il monastero venne in gran parte demolito per opera dei rivoluzionari francesi (si è salvato uno solo dei chiostri). Nel 1798 il monastero ricevette il decreto di sgombero e la parrocchia fu affidata a due monaci, costretti però a divenire sacerdoti secolari. Il monastero fu privato di preziosi codici, ora conservati alla Biblioteca Ariostea, e di corali miniati del secolo X, ora custoditi Palazzo Schifanoia. Nonostante le grandi difficoltà, la parrocchia di San Giorgio riuscì a continuare la sua attività ed il monastero ricevette lasciti di confratelli ad aiuto economico. Quando il parroco morì nel 1847, si interrompe la presenza olivetana iniziata nel 1415. La parrocchia è stata affidata a sacerdoti diocesani persone 1940 i monaci hanno fatto ritorno in San Giorgio e tuttora reggono la parrocchia.



 Le notizie sopra riportate sono state tratte da:
https://play.google.com/books/reader?id=UT1KDgAAQBAJ&hl=it&printsec=frontcover&pg=GBS.PA378#v=onepage&q=chiesa%20alberone%20fe&f=false

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