Dei 19 gerarchi che avevano votato sì il 25 luglio n'erano stati arrestati sei: Galeazzo Ciano; il generale De Bono; Giovanni Marinelli; Tullio Ceronetti, già sottosegretario al ministero delle corporazioni dal 1939 al 1943 e ministro delle stesse negli ultimi tre mesi; Carlo Pareschi, già ministro dell'Agricoltura dal 1941 1943; Luciano Gottardi, già della Confederazione dei lavoratori dell'industria.
Il Tribunale speciale si riunì a Verona il giorno 8 gennaio 1944 e il processo si concluse dopo due giorni con la condanna morte dei gerarchi detenuti, eccettuato Ceronetti che ebbe trent'anni di reclusione, e dei 13 contumaci.
L'accusa era "di avere inteso a provocare, tradendo l'idea, mediante la prevista e voluta eliminazione del duce del fascismo e capo del governo della suprema direzione della cosa pubblica, la flessione della resistenza del paese e delle sue forze armate, e così pure di aver inteso ad attentare alla indipendenza dello Stato".
Gli imputati si difesero dicendo che la legge su Gran Consiglio attribuiva ai membri di questo il compito di dare il proprio giudizio sulle più alte e gravi questioni del regime, e che perciò essi avevano adempiuto il loro dovere ed esercitato il loro diritto. Essi non avevano voluto tradire nè l'idea nè il "duce" nè la patria; l'intenzione espressa dal voto era stata di apportare rimedi alla dolorosissima situazione del paese nell'ambito delle istituzioni del regime. Non potevano essere imputate a tale atto le sventure militari e politiche della patria.
Il tribunale motivò le condanne con questi argomenti: il voto del Gran Consiglio tendeva ad estromettere il fascismo, attraverso l'estromissione del suo capo, dalla vita nazionale che dalla condotta della guerra; quel voto era stato una deliberazione, e non un parere come voleva la legge; l'interrogatorio e le testimonianze avevano dimostrato che negli animi degli imputati prevaleva, durante l'adunanza del gran Consiglio, il desiderio di pace e di resa, a cui il voto, attraverso la estromissione del "duce", doveva portare. L'idea fascista - sicurezza e grandezza della patria, giustizia sociale, indipendenza totale - aveva richiesto, per essere realizzata, la guerra "contro ai superbi egoismi dei detentori del predominio marittimo": i gerarchi l'avevano tradita, perché volevano la resa, e quindi la perdita dell'indipendenza, "presupposto essenziale alla finalità dell'idea fascista, tradottasi ad opera del suo creatore e massimo apostolo, nel regime dello Stato fascista".
La fucilazione di De Bono, Ciano, Marinelli, Pareschi e Gottardi ebbe luogo la mattina del giorno 11 gennaio 1944.
Cfr.: Luigi Salvatorelli e Giovanni Mira
Storia d'Italia nel periodo fascista
-vol. 2° - pagg. 554 e segg.
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