Nel centenario della "disfatta" di Caporetto, Paolo Malaguti compone un impeccabile romanzo che getta una luce nuova sulle scelte, di memoria e celebrazione, di oblio e censura, fatte dall'Italia "vittoriosa" attorno al mito della grande guerra e al destino dei troppi caduti di quella inutile strage che, a parere di molti, segnò la vera fine della civiltà europea.
"Avanti e morire, avanti e morire.
Non c'era più nemmeno una parvenza di ardore,
negli uomini intorno a lui. Non era difficile
vedere qualcuno andare all'attacco
con una espressione strana in viso,
che faceva venire la pelle d'oca.
Non più paura, non più ardore,
per chi mai ne avesse avuto.
Prima dell'alba, pubblicato da Neri Pozza, è il nuovo libro dello scrittore Paolo Malaguti, finalista in cinquina al premio strega 2017 con La reliqua di Costantinopoli.
Prima dell'alba è
un romanzo storico che si svolge su due tempi: l'ottobre 1917, il
disastro della battaglia di Caporetto e la lunga marcia di ripiegamento
delle truppe italiane, e il febbraio 1931, col misterioso ritrovamento
del cadavere di Andrea Graziani, Luogotenente Generale della Milizia
Volontaria per la Sicurezza Nazionale, lungo i binari della ferrovia in direzione Prato.
Paolo Malaguti, grazie a un
approfondito studio storico del linguaggio di entrambe le epoche, in
particolare del gergo militare del 1917, restituisce uno spaccato
profondamente realistico sia della durissima vita di trincea della
Grande Guerra, sia della doppia verità del regime fascista, quella
propagandata dall'alto e quella taciuta dai più ma ben più aderente al
vero, a partire dai soprannomi di Graziani, definito "papà Graziani"
dalla propaganda che ne impone un'immagine di padre comprensivo,
"severo ma giusto", al nomignolo che invece circolava tra le truppe
italiane fin dalla Grande Guerra: "il boia".
Il romanzo, che può essere definito un "giallo storico",
avvince e appassiona dalle prime pagine fino allo struggente finale, in
cui viene risolto il mistero che lega a filo doppio le due trame e i
due tempi sviluppati nel corso libro, restituendo alla memoria
collettiva la figura terribile di Andrea Graziani e dei
suoi innumerevoli, impuniti e dimenticati crimini, avallati all'epoca
da leggi speciali in tempo di guerra, che consentivano un arbitrio
pressoché illimitato a chi disponeva del potere di decidere, anche per
futili motivi, della vita e della morte dei soldati.
In questa intervista per Rai Letteratura Paolo Malaguti ci ha parlato delle trame del libro; dei due personaggi principali della storia: "il Vecio", soprannome di un fante italiano testimone del disastro di Caporetto e delle crudeltà di Graziani, e l'ispettore Ottaviano Malossi,
ufficiale della Polizia di Stato nella questura centrale di Firenze a
cui viene affidato, suo malgrado, lo spinoso caso del ritrovamento del
corpo di Graziani; e dell'incredibile lavoro di Malaguti sul linguaggio
del libro e dei suoi personaggi, di come è riuscito, utilizzando un
gergo fatto di tecnicismi militari e neologismi da quotidianità di
trincea, a raccontare una storia fluidissima in cui il lettore stesso
trae piacere dalla scoperta di parole nuove, grazie anche all'utile e
affascinante glossario in appendice del libro.
Andrea Graziani nacque nel 1864 a Bardolino. Sottotenente nel 1882, fu in Eritrea nel 1887 e nel 1904 insegnò alla
Scuola di Guerra. Passò successivamente col grado di capitano dal 2°
alpini al corpo di S.M. della divisione di Ancona nel 1895.
Durante il terremoto di Reggio e Messina (1908)
meritò un encomio speciale e la medaglia d'oro di benemerenza per i
soccorsi prestati. Colonnello nel 1915 al 15° bersaglieri comandò le
brigate Jonio e Venezia in Valsugana e la 44ª divisione sul Pasubio
durante la Strafexpedition del maggio-giugno 1916, che gli fece
guadagnare la fama di “eroe del Pasubio”.
Il Dizionario Biografico dei Veronesi dell'Accademia di Agricoltura,
scienze e lettere di Verona, scrive che:
"Sempre e dovunque si è distinto per la brutalità verso i sottoposti. Fucilazioni, decimazioni, punizioni mortali."
In particolare, fu protagonista dell'esecuzione, il 3 novembre 1917 a Noventa Padovana,
dell'artigliere Alessandro Ruffini (29 gennaio 1893-3 novembre 1917),
colpevole di averlo salutato militarmente senza prima essersi levato di
bocca il sigaro che stava fumando. Ruffini fu prima brutalmente
bastonato e successivamente fucilato "per dare un esempio terribile
atto a persuadere tutti i duecentomila sbandati che da quel momento vi
era una forza superiore alla loro anarchia", come affermò lo stesso
Graziani in risposta ad alcune proteste e interrogazioni parlamentari
sollevate a seguito della pubblicazione della notizia della fucilazione
di Ruffini sul quotidiano Avanti! del 28 luglio 1919.
L'11 aprile 1918 il ministero della Guerra lo incaricò di
costituire un corpo di cecoslovacchi (ex prigionieri) combattenti in
Italia; costoro iniziarono la costruzione della strada sul Monte Baldo —«la strada per Praga» la chiamarono— che poi il generale riuscì a far completare dopo la guerra.
Nel dopoguerra, con il fascismo, comandò la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (Mvsn) per le province di Trento, Vicenza, Verona e Belluno. Si appassionò alle opere pubbliche: oltre alla «sua» strada sul Baldo, fu un grande sostenitore della Galleria Adige-Garda tra Mori e Torbole, che sarà terminata però nel 1959, e del Canale Biffis in val d'Adige, iniziato nel 1928 e finito nel 1943. Si schierò con gli agrari nelle grandi opere di bonifica, presiedette il consorzio Utenti acque medio Adige e rimboschì colline e montagne veronesi. Fu sindaco di San Massimo negli anni Venti, comune poi accorpato con Verona nel 1927.
Il 27 febbraio 1931 il generale fu trovato morto sui binari nel tratto Prato-Firenze: la causa della morte non fu mai accertata, anche se le autorità dell'epoca archiviarono il caso come una caduta accidentale dal treno.
Nel dopoguerra, con il fascismo, comandò la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (Mvsn) per le province di Trento, Vicenza, Verona e Belluno. Si appassionò alle opere pubbliche: oltre alla «sua» strada sul Baldo, fu un grande sostenitore della Galleria Adige-Garda tra Mori e Torbole, che sarà terminata però nel 1959, e del Canale Biffis in val d'Adige, iniziato nel 1928 e finito nel 1943. Si schierò con gli agrari nelle grandi opere di bonifica, presiedette il consorzio Utenti acque medio Adige e rimboschì colline e montagne veronesi. Fu sindaco di San Massimo negli anni Venti, comune poi accorpato con Verona nel 1927.
Il 27 febbraio 1931 il generale fu trovato morto sui binari nel tratto Prato-Firenze: la causa della morte non fu mai accertata, anche se le autorità dell'epoca archiviarono il caso come una caduta accidentale dal treno.
2a di copertina |
3a di copertina |
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