Via libera dell'Ue a una terapia genica su anemia falciforme e talassemia.
Redazione ANSA
Il trattamento "ha il potenziale per trasformare la vita dei pazienti affetti da queste due patologie; ora è importante che questa terapia sia messa rapidamente a disposizione dei pazienti eleggibili", ha affermato Franco Locatelli, direttore del Dipartimento di Ematologia e Oncologia Pediatrica dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e sperimentatore principale di due degli studi che hanno portato all'approvazione.
L'anemia falciforme e la beta talassemia sono entrambe malattie ereditaria del sangue che colpiscono i globuli rossi inficiando la loro capacità di trasportare l'ossigeno agli organi e i tessuti del corpo. Entrambe richiedono un trattamento a vita e causano una diminuzione della qualità e dell'aspettativa di vita. Attualmente, una delle possibili potenziali cure è il trapianto di cellule staminali da donatore compatibile, ma questa opzione è disponibile solo per una piccola percentuale di pazienti.
La nuova terapia il cui nome è exagamglogene autotemcel [exa-cel] è la
prima terapia di editing genico basata sul sistema CRISPR/Cas9. Questa
tecnologia consente di modificare geneticamente le cellule staminali e
progenitrici ematopoietiche del paziente portando alla produzione di
alti livelli di emoglobina fetale nei globuli rossi. Nelle
sperimentazioni, il trattamento ha ridotto o eliminato le crisi
vaso-occlusive e ridotto la necessità di trasfusioni.
Il
prodotto potrà essere utilizzato nei pazienti con almeno 12 anni affetti
da beta-talassemia dipendente dalle trasfusioni o da anemia falciforme
severa caratterizzata da crisi vaso-occlusive ricorrenti, per i quali è
appropriato il trapianto di cellule staminali ematopoietiche ma non è
disponibile un donatore consanguineo compatibile. Si stima che siano
circa 8 mila i pazienti in Europa potenzialmente eleggibili al
trattamento.
Editing del genoma, guariti da talessemia e anemia falciforme grazie alle forbici molecolari
Nell'esperimento coinvolto anche il Bambino Gesù. Il prof. Locatelli, che ha coordinato la sperimentazione sulla talassemia: “Una pietra miliare nella storia del trattamento di queste patologie”
Guariti grazie alle “forbici” molecolari in grado di correggere i difetti del DNA. Sono i pazienti con talassemia e anemia falciforme coinvolti in due studi internazionali, pubblicati ora sullo stesso fascicolo della rivista New England Journal of Medicine, che hanno visto l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù tra i centri di ricerca protagonisti della sperimentazione, basata sulla tecnica di editing genetico nota con il nome di CRISPR-Cas9.
Il 91% dei pazienti talassemici – documentano gli
studi – ha raggiunto l’indipendenza dalle trasfusioni periodiche, che
per i soggetti con affetti da questa malattia sono necessarie per
mantenere adeguati i valori di emoglobina nel sangue. Il 97% dei
pazienti con anemia falciforme è divenuto invece libero dalle crisi
vaso-occlusive, che possono provocare complicanze gravi e fortemente
invalidanti. Per il prof. Franco Locatelli, che ha coordinato in
particolare la sperimentazione sulla talassemia, si tratta di «una
pietra miliare nella storia del trattamento di queste patologie»
L’EDITING DEL GENOMA
L’editing
del genoma con il sistema CRISPR-Cas9 è una tecnologia innovativa che
valse il Nobel per la Chimica nel 2020 alle scienziate Emmanuelle
Charpentier e Jennifer A. Doudna. Funziona come un “correttore” del DNA
ad altissima precisione. Il metodo si basa sull’impiego della proteina
Cas9, una sorta di forbice molecolare che viene programmata per tagliare
o modificare specifiche sequenze del DNA di una cellula, potendo così
portare – potenzialmente – alla correzione di varie malattie.
CRISPR-Cas9 è un complesso di molecole biologiche formato da frammenti
di RNA (acido ribonucleico) e da proteine: il segmento di RNA è la
bussola che indica il bersaglio da colpire, la proteina Cas9 esegue il
taglio o la modifica. Le cellule prelevate dalla persona malata vengono
“corrette” in laboratorio con questo approccio, poi vengono infuse
nell’organismo dove si riproducono al posto di quelle difettose.
TALASSEMIA E ANEMIA FALCIFORME
La
talassemia e l’anemia falciforme sono le due malattie ereditarie del
sangue più frequenti al mondo. In Italia si contano 7000 pazienti
talassemici, che dipendono regolarmente da trasfusioni, mentre i
pazienti falcemici si stima che siano circa mille, a fronte di 300.000
nuovi nati nel mondo ogni anno. 100.000 i falcemici che vivono negli
Stati Uniti d’America, ma il 75% dei bambini con questa patologia nasce
nell’Africa Subsahariana. A differenza dei falcemici che nascono nei
paesi economicamente più avanzati, con una prospettiva di vita intorno
ai 50 anni, la loro probabilità di sopravvivenza difficilmente va oltre i
20-25 anni, per le complicanze legate alla loro condizione.
Entrambe
le patologie sono causate dalle mutazioni dei geni coinvolti nella
sintesi delle catene dell'emoglobina, la proteina dei globuli rossi che
trasporta ossigeno nell’organismo. Normalmente, nei soggetti adulti,
ogni molecola di emoglobina è formata da 4 catene proteiche: 2 catene
alfa e 2 catene beta. Nelle forme più gravi di talassemia il problema è
l’assenza o la marcatamente ridotta produzione di catene beta, che rende
inadeguati i livelli di emoglobina nel sangue tanto da dover ricorrere
regolarmente a trasfusioni in media ogni tre settimane e assumere tutti i
giorni un farmaco in grado di eliminare il ferro che altrimenti si
accumulerebbe. Nonostante vi sia stato nel tempo un indiscutibile
miglioramento nelle prospettive di sopravvivenza di questi pazienti, di
fatto essa rimane ancora oggi di 20-25 anni inferiore rispetto a quella
della popolazione sana. Con in più lo sviluppo, spesso, di complicanze
legate al sovraccarico di ferro, che possono essere di tipo
endocrinologico (diabete, ipotiroidismo o ridotta fertilità),
cardiologico o epatologico (fibrosi e addirittura cirrosi).
Nell’anemia
falciforme, invece, non è la quantità ma l’alterazione della struttura
delle catene beta che porta alla formazione di globuli rossi anomali, a
falce, che ostacolano flusso sanguigno e ossigenazione nei capillari
provocando crisi vaso-occlusive che possono determinare eventi
celebro-vascolari acuti, ipertensione polmonare, patologie renali o
quadri di ridotta funzione della milza. Anche in questo campo i
progressi della terapia medica sono stati importanti. Ma pure a fronte
di questi miglioramenti, difficilmente la prospettiva di vita dei
soggetti falcemici supera i 50-55 anni con complicanze, per alcuni di
loro, fortemente invalidanti che si sviluppano anche in età
relativamente giovane.
LE FORBICI MOLECOLARI SUL GENE BCL11A
Le
due sperimentazioni internazionali, promosse da Vertex Pharmaceuticals e
Crispr Therapeutics, si basano sull’osservazione di un gene, che si
chiama BCL11A, che svolge un ruolo fondamentale nella produzione di
emoglobina nel sangue al termine della vita fetale. Quella presente nel
feto, infatti, è un tipo di emoglobina diversa (chiamata appunto
emoglobina fetale), formata non da catene alfa-beta, ma da catene
alfa-gamma. Questa specifica molecola di emoglobina viene
progressivamente sostituita a partire dalla nascita, quando si attiva un
meccanismo, guidato dal gene BCL11A, che blocca la sintesi delle catene
gamma con la produzione, al loro posto, delle catene beta, responsabili
della malattia nei pazienti con talassemia e anemia falciforme.
Il
trattamento sperimentato nei due trial internazionali si basa proprio
sul ripristino della sintesi dell’emoglobina fetale tramite l’editing
del genoma. Le cellule staminali emopoietiche dei pazienti, prelevate
tramite aferesi e selezionate, vengono modificate in appositi laboratori
con il sistema CRISPR-Cas9 programmato per “spegnere” il gene BCL11A e
far ripartire la produzione di emoglobina fetale alfa-gamma, con i
benefici attesi. Dopo questa manipolazione genetica, le cellule
modificate vengono infuse nei pazienti che nel frattempo sono stati
sottoposti a una terapia farmacologica per “distruggere” il midollo, in
modo da fare spazio alle nuove cellule staminali ingegnerizzate che si
moltiplicheranno correggendo la malattia.
Sul NEJM nel 2021 erano
stati pubblicati i casi di un paziente talassemico e di un paziente
falcemico trattati con questo approccio, come dimostrazione “di
principio” dell'efficacia della terapia. Già allora l’Ospedale
Pediatrico Bambino Gesù era coinvolto nella sperimentazione, che è poi
proseguita con lo sviluppo dei due studi multicentrici chiamati
CLIMB-111 e CLIMB-121, entrambi pubblicati oggi, dove sono stati
arruolati numerosi pazienti di età compresa tra i 12 e i 35 anni
trattati con questo approccio. Per il primo studio, dedicato ai pazienti
con talassemia, l’Ospedale pediatrico della Santa Sede è stato il
centro di coordinamento internazionale, con il prof. Franco Locatelli
prima firma, avendo coordinato lo studio e reclutato il maggior numero
di pazienti. Per il secondo studio, dedicato ai pazienti con anemia
falciforme, patologia che impatta soprattutto sui soggetti di colore, il
Bambino Gesù è stato il secondo centro internazionale per arruolamento
di pazienti, nonostante la partecipazione di numerosi centri
statunitensi.
I RISULTATI DEGLI STUDI CLIMB-111 E CLIMB-121
Lo
studio CLIMB-111 ha coinvolto a livello internazionale 52 pazienti con
talassemia di cui 14 arruolati dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di
Roma. 35 pazienti avevano un follow up di 16 mesi, considerato
sufficiente per valutare l’efficacia dell’approccio al momento della
presentazione dei risultati. 32 su 35 avevano ottenuto la completa
indipendenza trasfusionale, pari a una percentuale di poco superiore al
91%. Se si estendono i tempi del follow up, tutti e 52 i pazienti
coinvolti nello studio hanno ottenuto l’indipendenza trasfusionale,
definita come un valore di emoglobina maggiore o uguale a 9 grammi per
decilitro di sangue per almeno un anno di tempo. Il valore medio di
emoglobina
registrato nei pazienti è stato infatti pari a 13,1 grammi per
decilitro (11.9 grammi di emoglobina fetale). Sono valori persino
superiori di quelli osservati nei genitori, che sono portatori del
carattere di questa patologia autosomica recessiva (un figlio su quattro
eredita la malattia). Valori che persistono nel tempo, perché i livelli
di emoglobina registrati non diminuiscono nei pazienti con più lungo
follow up (4 anni fa la prima infusione) e anche la presenza delle
cellule editate, sia nel sangue periferico che nel midollo, non cambia
nel tempo e si mantiene stabile. Il profilo di sicurezza, infine, è del
tutto congruente con quello di un trapianto autologo e decisamente
migliore rispetto a quello che si associa al trapianto allogenico, che
infatti anche prima della messa a punto di questa nuova terapia veniva
limitato ai soggetti sino ai 12-14 anni, perché sopra questa fascia di
età i rischi del trapianto diventavano troppo elevati.
Nello studio
CLIMB-121 sulle anemie a cellule falciformi sono stati inclusi 44
pazienti (7 arruolati dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù) anch’essi
tra i 18 e i 35 anni, con età media di 21 anni. In questo caso,
l’obiettivo atteso non era l’indipendenza dalle trasfusioni, ma
l’assenza di episodi vaso-occlusivi per almeno 12 mesi consecutivi. 30
di questi pazienti avevano un follow up sufficiente per essere valutati.
29 di loro, pari al 97%, sono diventati liberi da crisi vaso-occlusive.
Anche in questo caso i livelli di emoglobina di questi pazienti sono
decisamente buoni, con una percentuale di emoglobina fetale superiore al
40%. Ed anche in questo caso il beneficio risulta sostenuto nel tempo.
DUE NUOVE SPERIMENTAZIONI SUI MINORI DI 12 ANNI
Alla
luce di questi dati l’editing genetico con CRISPR-Cas9 per il
trattamento di talassemia e anemia falciforme si presenta oggi come
un’opzione terapeutica che funziona e che può essere offerta
teoricamente ad ogni paziente, perché non è condizionata dalla necessità
di avere un donatore compatibile (ogni paziente serve da donatore di sé
stesso). La terapia è stata approvata dalla Food and Drug
Administration e dall’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) per i pazienti
di età superiore ai 12 anni. Per i pazienti di età inferiore ai 12 anni
sono in corso due nuove sperimentazioni all’Ospedale Pediatrico Bambino
Gesù, che ha già trattato due bambini talassemici e due bambini
falcemici con risultati incoraggianti, a conferma dell’efficacia della
terapia indipendentemente dall’età del soggetto.
“UNA PIETRA MILIARE”
Per
il prof. Franco Locatelli, responsabile dell’area clinica e di ricerca
di Oncoematologia, Terapia Cellulare, Terapie Geniche e Trapianto
Emopoietico del Bambino Gesù di Roma: «La pubblicazione congiunta dei
due studi su una rivista come il New England Journal of Medicine
rappresenta una sorta di pietra miliare per quello che è il cambiamento
di scenario terapeutico e il potenziale definitivamente curativo di
queste due patologie così diffuse nel mondo. Un risultato che dimostra
una volta di più la capacità e la determinazione dell'Ospedale
Pediatrico Bambino Gesù nell'investire in terapie innovative in grado di
cambiare la storia naturale di malattie così complesse. Questi studi
testimoniano come l'Ospedale presti attenzione a tutto quello che può
cambiare la probabilità di sopravvivenza e la qualità di vita dei malati
affetti da malattie genetiche».
Nel servizio di Filippo Pala, montaggio di Mariangela Fedele, l'intervista a Franco Locatelli - Responsabile Oncoematologia e Terapia Cellulare Ospedale Bambino Gesù
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