giovedì 26 settembre 2024

GIOACCHINO (NINO) BONNETT


Nino Bonnet

Gioacchino (Nino) Bonnet, nato il 26 luglio 1819 da Augustin Stephan e da Barbara Guggi, è stato un famoso patriota italiano
Nino Bonnet

Il padre, originario di Marsiglia, era giunto a Comacchio nel 1811 per occuparsi della direzione delle saline lagunari in occasione del loro ammodernamento in pieno periodo napoleonico. Acquisita una piccola proprietà terriera e nominato consigliere comunale nel 1839, Agostino Stefano si era infine inserito a pieno titolo nell'ambiente del notabilato locale politicizzatosi in senso radicale.

Dato il particolare contesto ambientale e familiare, non fu dunque un caso se  Gioacchino, che in precedenza aveva aderito alla Giovane Italia, fra la fine del 1847 e l'inizio del 1848, si rivelò una delle personalità di punta del locale movimento risorgimentale.
La venuta a Comacchio dei lancieri di Masini per sollecitare gli arruolamenti volontari il 3 novembre 1848 e, concordato direttamente con il Bonnet a Ravenna, dello stesso Garibaldi il giorno 18 successivo, divenne subito un potente fattore di mobilitazione patriottica in città.
La sera stessa, avuta notizia dell'assassinio di Pellegrino Rossi, Masini e suoi lancieri si imbarcarono a Magnavacca. Insieme a loro partivano undici volontari comacchiesi, fra i quali due fratelli dello stesso Bonnet, Raimondo e Gaetano, quest'ultimo destinato a cadere in difesa di Roma l'anno successivo.

Dopo la Caduta della Repubblica Romana, la notte del 3 agosto 1849 le tredici imbarcazioni salpate da Cesenatico che trasportavano Garibaldi e i suoi in viaggio verso Venezia furono intercettate dalle navi austriache e il mattino seguente due bragozzi prendevano terra sulla costa, allora pressochè disabitata, tra Magnavacca e il Volano.

La maggior parte di loro si disperse nell'entroterra per essere poi catturata nei giorni seguenti dagli austriaci: non così Garibaldi, Anita e Giovan Battista Culiolo (Leggero), che furono messi in salvo da Bonnet, accorso sentiti i cannoneggiamente sul mare. Le vicende della "trafila garibaldina" segnalano una forte catena di sostegni e solidarietà popolare senza la quale il salvataggio di Garibaldi sarebbe stato obiettivamente irrealizzabile.
Partecipò a numerose campagne militari e per l'eroismo dimostrato in particolare a Milazzo e al Volturno nel 1860 ebbe la medaglia d'argento al valor militare e la promozione a tenente colonnello di stato maggiore.

Nino Bonnet, che sarà poi eletto sindaco della sua città natale nel 1877, morì a Magnavacca (dal 1919 Porto Garibaldi, in memoria) il 31 dicembre 1890.

La sua partecipazione al salvataggio di Garibaldi viene ricordata nel volume autografo Lo sbarco di Garibaldi a Magnavacca. Episodio storico del 1849.

Quanto sopra tratto da:

https://www.ferraraterraeacqua.it/it/scopri-il-territorio/personaggi-storia-tradizioni/personaggi-illustri/nino-bonnet

Vedi anche:

https://www.chieracostui.com/costui/docs/search/schedaoltre.asp?ID=33670&myword=bonnet 

 

 

giovedì 19 settembre 2024

VECCHIE LIRETTE

 VECCHIE LIRETTE

 
 




lunedì 9 settembre 2024

BASSI UGO

 

                                             (Cento, 12 agosto 1801 – Bologna, 8 agosto 1849)

Patriota e religioso italiano del Risorgimento, si chiamava in realtà Giuseppe, ma adotta il nome di Ugo in onore al poeta Foscolo. Nasce a Cento di Ferrara il 12 agosto 1801 da Luigi Sante impiegato della dogana pontificia e da Felicita Rossetti, di S. Felice sul Panaro, cameriera. Adolescente durante l'età napoleonica, studia nel collegio Barnabita di Bologna ed in questo momento si avvicina verso gli ambienti culturali liberali. Rimane affascinato dal Proclama che Gioacchino Murat lancia da Rimini nel 1815, parlando per la prima volta di una Italia libera e unita. Fugge dal collegio per arruolarsi, ma per la giovane età viene rifiutato. Dopo gli studi a Bologna, Napoli e Roma, nel 1821 pronuncia i voti nella città capitolina. Uomo di grande cultura diviene famoso e ricercato predicatore, ma spesso si scontra con le gerarchie ecclesiastiche a causa delle sue denunce sui mali della società e alle tematiche patriottiche che sempre inserisce nei suoi discorsi.

Nel 1848 senza esitazione si unisce ai volontari che partono per combattere nella Prima Guerra di Indipendenza contro l'Austria per poter offrire il suo appoggio morale, ed a Treviso viene ferito e poi portato a Venezia, dove sosterrà la Repubblica di San Marco. Nel 1849 è a Roma, dove assiste alla nascita della Repubblica Romana e viene nominato cappellano della Legione di Garibaldi. Così Bassi descrive l'incontro con l'Eroe dei Due Mondi: "Garibaldi è l'eroe più degno di poema, che io sperassi in vita mia di vedere. Le nostre anime si sono congiunte come se fossero state sorelle in cielo prima di trovarsi nelle vie della terra". A seguito della caduta della Repubblica Romana fugge verso Venezia con Garibaldi, Anita, Francesco Nullo, Ciceruacchio, Giovanni Livraghi e gli altri volontari che seguirono il Generale alla volta di Venezia. Arrivati dopo varie peripezie a S. Marino, il gruppo si divide e Ugo Bassi e Livraghi rimangono con Garibaldi e Anita ormai morente. Nei pressi di Comacchio, Bassi e Livraghi vengono catturati, arrestati dagli austriaci e trasferiti a Bologna. Il 7 agosto, senza aver subito alcun processo, vengono condannati a morte e il giorno successivo vengono portati in via della Certosa, fucilati e buttati in una unica fossa all'altezza degli archi 66/67 del portico in cui oggi sorge la Torre di Maratona dello Stadio. I bolognesi iniziano dal primo giorno a rendere omaggio ai patrioti, di conseguenza gli austriaci decidono di esumare le salme nella notte fra il 18 e il 19 e di seppellirli in luogo segreto all'interno del cimitero.

Solo nel 1859 i parenti potranno collocare le ossa nella tomba di famiglia collocata nella Sala delle Tombe. Così Enrico Bottrigari nella sua Cronaca di Bologna (Zanichelli, 1960) ricorda come il 5 agosto: "un alto funzionario governativo, insieme ad un parente del defunto, e ad alcuni testimonii recatisi al Cimitero dissotterrarono il Cadavere e lo rinchiusero in una Cassa, dopo di che se ne fece il trasporto nella Chiesa suddetta, e terminato il sacro rito, venne deposto entro il sepolcro della famiglia". Pocchi giorni dopo, il 16 agosto, Giuseppe Garibaldi renderà omaggio al suo compagno pronunciando un discorso davanti alla sua tomba.

Dall'8 agosto 1940, con una cerimonia di propaganda organizzata dal regime fascista, i suoi resti sono traslati dalla semplice sepoltura familiare in un sarcofago poso all'interno del sacrario dei Caduti della Grande Guerra.

Lorena Barchetti, dicembre 2013

 

La foto e le notizie sono tratte da https://www.storiaememoriadibologna.it/archivio/persone/bassi-ugo

 

 

 

 

 

FERRARA - CHIESA DI SAN CARLO

 

FERRARA - Ferrara - CHIESA DI SAN CARLO

 CHIESA DI SAN CARLO


Si tratta dell'unica chiesa completamente barocca della città. Fu progettata da Giovan Battista Aleotti detto l'Argenta, con il concorso del cardinale Carlo Emanuele Pio di Savoia, in sostituzione di un oratorio dedicato ai santi Filippo e Giacomo. La chiesa fu edificata tra il 1612 e il 1623.

In regime napoleonico il 4 agosto 1808 la chiesa venne assegnata all'arcispedale Sant'Anna, che ne è tuttora il proprietario.

La chiesa, di proprietà dell'Azienda USL di Ferrara, è stata danneggiata dal terremoto dell'Emilia del 2012 e non è visitabile. Per ragioni di sicurezza sono state rimosse le statue un tempo collocate sul timpano della facciata. Nell'aprile del 2022 è stato completato l'intervento post terremoto, con opere strutturali e il restauro dell'intero ciclo pittorico del soffitto.

Notizia e foto tratte dahttps://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_San_Carlo_(Ferrara)

 Per approfondire e saperne di più: https://www.filomagazine.it/2021/10/alla-scoperta-di-san-carlo-gioiello-unico-del-barocco-ferrarese/

domenica 8 settembre 2024

MERLIN UMBERTO

 MERLIN UMBERTO



Lapide commemorativa posta sulla facciata della casa in cui soggiornò per lunghi anni Umberto Merlin, sita in Via Silvestri a Rovigo.


Umberto Camillo Rodolfo Merlin nacque a Rovigo, il 17 febbraio 1885, primogenito di Andrea, impiegato, e di Elisa Bisaglia, casalinga.

Coetaneo e compagno di classe di Giacomo Matteotti (frequentano entrambi il Liceo Classico "Celio" di Rovigo), si laurea in legge a Padova nel 1906.

A soli 15 anni diventa presidente dei giovani democratico-cristiani associati nel circolo San Francesco di Rovigo. Il suo progetto politico era quello di creare associazioni omologhe a quelle socialiste e repubblicane e coinvolgere le Casse Rurali quali soggetti attivi nella trasformazione economica delle campagne.

L'attività di Merlin fu notata ed apprezzata da Giuseppe Toniolo che lo avrebbe voluto con sé a Firenze tra i membri laici del primo nucleo della costituenda Unione Popolare.

Alle elezioni politiche del 1913, nelle quali i cattolici non potevano ancora direttamente partecipare, ma con il Patto Gentiloni si impegnavano ad appoggiare gli esponenti liberali, Umberto Merlin svolse la campagna elettorale a favore dell'esponente liberale Ugo Maneo presso il quale in quel periodo svolgeva opera di praticantato presso il suo studio di avvocato. Ugo Maneo risultò vincente al ballottaggio con il socialista Galileo Beghi ma l'anno successivo dovette cedere il seggio di Montecitorio a quest'ultimo in seguito all'accoglimento del ricorso presentato dall'esponente socialista. A causa di questa sconfitta, i rapporti tra liberali e cattolici si deteriorarono e da parte dei cattolici era sempre più sentita l'esigenza di diventare parte politica attiva.

Allo scoppio della prima guerra mondiale Merlin entra nel Regio Esercito con il grado di tenente. Nel 1919 è tra i fondatori del Partito Popolare insieme a Luigi Sturzo e ad Alcide De Gasperi di cui diviene membro nella direzione e consigliere nazionale. Secondo Merlin, il Partito Popolare non doveva difendere interessi, ma principi, non la borghesia, ma gli alti valori morali.

Merlin veniva così descritto nel 1919 in un rapporto prefettizio:

... un giovane di molto ingegno, di grande equilibrio morale e di attività tenace. Egli ha saputo iniziare una organizzazione che è bene avviata, ma sulla efficacia di essa non possono ancora avventurarsi giudizi o previsione, perché non si sono ancora avute notevoli manifestazioni collettive del Partito, ed anche perché, se pure i principi e le pratiche religiose sono ancora in vigore nel complesso della Provincia, non è dato di affermare quale influenza ciò possa avere nel campo politico...

In un articolo pubblicato su Il Popolo, settimanale della Diocesi di Adria, il 3 maggio 1919, così Umberto Merlin racconta la nascita del Partito Popolare:

... In una sera del dicembre 1918 eravamo riuniti a Roma in una trentina di amici per gettare le basi del nuovo Partito. Don Luigi Sturzo aveva finito di esporci le linee fondamentali del programma: dopo lunga discussione l'accordo erasi raggiunto. Sturzo, piangendo di commozione, ci disse che il nostro lavoro era finito, ora toccava ad altri. Il giorno dopo una commissione di fiduciari avrebbe illustrato al Santo Padre le nostre proposte: se Egli avesse creduto, i cattolici italiani avrebbero costituito il loro Partito; se fosse stato di diverso avviso, essi avrebbero desistito dal loro tentativo, continuando il lavoro nell'ambito dell'Azione Cattolica.

Viene eletto deputato nel 1919, nel 1921 e nel 1924. Fu tra i favorevoli all'alleanza tra i popolari ed i fascisti e quando si formò il governo Mussolini venne nominato sottosegretario al Ministero delle Terre Liberate dal Nemico, carica che ricoprì fino al 5 febbraio 1923, giorno in cui il suddetto dicastero venne soppresso.

Durante il periodo della dittatura fascista svolge l'attività di avvocato. Subito dopo il 25 aprile 1945 rivestì la carica di sindaco di Rovigo. Nel 1946 viene eletto all'Assemblea Costituente e nel 1948, per le prime quattro Legislature e fino alla morte, al Senato della Repubblica. 

Da: https://it.wikipedia.org/wiki/Umberto_Merlin

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Per approfondire :

https://www.acadriarovigo.it/sito/book/export/html/656

 

.........................In Polesine (come altrove) i socialisti – la cui corrente massimalista, galvanizzata dalla rivoluzione russa del 1917, aveva raggiunto la maggioranza – avviarono azioni ispirate a intenti rivoluzionarii, con scioperi e aggressioni che colpirono anche Merlin, indirettamente (la notte del 1° gennaio 1920 il suo autista fu percosse la lasciato malconcio lungo una strada) o direttamente (il 27 settembre, a Lendinara, durante un comizio socialista il deputato popolare fu colpito con una bastonata così violenta che perse i sensi, e fu salvato da Matteotti che fermò l’aggressore e fece ricoverare Merlin in ospedale): ma si ebbero anche assassinii di persone politicamente vicini agli agrarii. Naturalmente situazioni del genere stimolarono reazioni altrettanto violente: e questo aprì spazio al fascismo che si organizzò per compiere “spedizioni punitive” che furono sostenute dagli agrarii.

Nell’aprile 1921 il primo ministro Giolitti di fronte all’ostilità pregiudiziale delle sinistre decide lo scioglimento anticipato della Camera, indicendo nuove elezioni per la metà di maggio. Le squadre fasciste, che già hanno pressoché annullato l’organizzazione socialista aggredendone i dirigenti, si rivolgono ora contro il mondo cattolico a Polesella, a Bergantino, a Contarina, a Bellombra. La competizione elettorale  si svolge con frequenti intimidazioni, tanto che la Commissione parlamentare e poi la Giunta delle elezioni decidono di annullare l’elezione di un candidato fascista polesano. Qualche giorno dopo Rovigo è invasa da squadre fasciste giunte da diversi luoghi del Veneto e dopo un comizio si disperdono per le vie cittadine alla caccia del clericali prendendo di mira la sede delle associazioni cattoliche e la casa di Umberto Merlin; diverse persone vengono bastonate perché portano il distintivo dell’Azione Cattolica... L’invasione dura tre giorni (gli squadristi pernottano in aule scolastiche, avendo imposto la sospensione dell’attività didattica) senza che ci sia intervento della forza pubblica.

Nel giro di meno di due anni il fascismo era divenuto un movimento consistente, raggiungendo più di 300.000 aderenti organizzati e armati: ciò che permise a Mussolini di pensare e realizzare la “marcia su Roma” (28 ottobre 1922), ottenendo dal re Vittorio Emanuele III l’incarico di formare il governo. Con straordinaria spregiudicatezza il nuovo primo ministro gioca con lusinghe e minacce, suscitando in gran parte dei politici (ivi compreso un uomo esperto come Giolitti) l’impressione di poter arrivare a porre sotto controllo le “esuberanze” squadriste che, intanto, tengono a bada i socialisti: per cui non solo i liberali ma anche i cattolici ritengono opportuno partecipare al governo (Merlin è sottosegretario alle terre liberate); ma nel 1924, il 26 aprile, le elezioni sono nuovamente condotte con palesi brogli e violenze: alla fine di maggio in Parlamento Matteotti denuncia vigorosamente le irregolarità, consapevole che questo potrà costargli la vita. Qualche giorno dopo, infatti, ne viene denunciata la scomparsa e presto si capisce che è stato assassinato, suscitando forte commozione nel Paese: non abbastanza forte, tuttavia, da far crollare il governo fascista. I parlamentari non fascisti si ritirano dal governo (anche Merlin, dunque) e dalla  stessa presenza in aula, dando vita al cosiddetto “Aventino”, ma non sanno trovare quel minimo di unità che sarebbe necessaria per mettere veramente in crisi Mussolini: il quale sa superare le obiettive difficoltà e, anche facendo leva su un recente, fallito attentato di cui era stato oggetto, fa approvare, il 9 novembre 1926, la decadenza dal mandato parlamentare di 120 deputati dell’opposizione (fra cui Merlin) per poi procedere alla completa “fascistizzazione” dello Stato, sopprimendo tutti i partiti di opposizione (25 novembre 1926).

Merlin deve tornare alla vita “civile”, alla sua professione di avvocato; non per questo rinuncia all’impegno nel mondo cattolico riprendendo i contatti con l’associazionismo a cui, entrando in politica, aveva dovuto rinunciare per non coinvolgere la Chiesa in attività ad essa estranee. Un paio di volte, durante il regime fascista, è fermato perché tenta di mantenere i contatti con gli amici del disciolto PPI, e una volta, sul finire degli anni Venti, il suo studio è assediato dagli squadristi.

Dopo il 25 luglio 1943 attorno alla sua persona si coagularono le forze antifasciste e cattoliche polesane, tanto che fu eletto primo sindaco di Rovigo dopo il 25 aprile 1945: in quella veste fu lui a tessere l’elogio funebre del maestro ed amico Ugo Maneo, morto quasi novantenne a metà luglio di quell’anno.

Terminata la guerra anche Merlin riprendeva l’impegno politico per il quale si sentiva chiamato a dare testimonianza. Il 24-27 aprile 1946 si tenne a Roma, nell’aula magna dell’Università, il primo congresso nazionale della Democrazia Cristiana. In quell’occasione vennero eletti i 60 consiglieri nazionali del partito, e Merlin fu tra gli eletti. Nel 1949, quando il Congresso DC (era il quarto) fu tenuto a Venezia, fu eletto presidente del Congresso.

Nel 1946 era stato eletto, nel collegio di Verona, deputato alla Costituente: fece parte della prima sottocommissione, incaricata di trattare “Diritti e doveri dei cittadini” fornendo contributi rilevanti nella proposta e nella formulazione di alcun articoli della Carta costituzionale: in particolare l’art. 30 sui diritti e sui doveri dei genitori, l’art. 40 sul diritto allo sciopero regolato dalle leggi, e l’art. 49 sulla difesa della Patria portano il segno della proposta firmata da Umberto Merlin. Nel 1948 divenne senatore di diritto per essere stato deputato in quattro legislature (XXV, XXVI, XXVII e Assemblea Costituente). Successivamente fu di nuovo eletto al Senato nel collegio di Piove di Sacco, e ricevette incarichi di governo: fu per De Gasperi ministro delle Poste e telecomunicazioni nel IV Governo (31 maggio 1947 – 23 maggio 1948) e nell’VIII (16 luglio – 16 agosto 1953); nel successivo Governo Pella (17 agosto 1953 – 17 gennaio 1954) e nel I Governo Fanfani (18 gennaio – 9 febbraio 1954) fu ministro dei Lavori pubblici.

Nel novembre 1951 le rotte dell’argine sinistro del Po prima presso Canaro e sùbito dopo presso Occhiobello provocarono la disastrosa inondazione del Polesine. Anche in questa occasione Merlin volle mettersi a disposizione della propria terra, ma – come risulta dalla testimonianza di Giuseppe Brusasca – il primo ministro Alcide De Gasperi ritenne non opportuno accogliere quella disponibilità: “per forza di cose, con i problemi che si sarebbero dovuti affrontare, sarebbe stato necessario assumere decisioni dure, anche impopolari. De Gasperi riteneva che non fosse giusto far pagare a Merlin un prezzo così alto. La scelta dunque cadde su di me...”. Merlin era fra coloro che ritenevano necessario tagliare la Fossa di Polesella per consentire all’acqua di defluire al mare: provvedimento che venne attuato il 23 novembre, con un ritardo che aggravò il danno prodotto dall’evento. Purtroppo negli anni successivi altre rotte del Po si verificarono nella zona del Delta, e anche in queste occasioni Merlin si batté perché si provvedesse ad una sistemazione organica della parte terminale del fiume.

Continuò a dominare incontrastato la scena politica in Polesine attraverso la presenza nel Consiglio comunale del capoluogo e nel Consiglio provinciale. L’ultimo atto politico all’interno del suo partito fu compiuto da Merlin in occasione del Congresso Nazionale di Firenze, nel 1959: fu infatti l’unico esponente storico a dare il proprio appoggio alla mozione presentata da Amintore Fanfani.

Morì a Padova, dove da tempo aveva ufficialmente trasferito la residenza, il 22 maggio 1964.

A cura del Prof. Leobaldo Traniello

 

 

 

 

FERRARA - Ferrara - Chiesa del Gesù

 

 FERRARA - Ferrara - CHIESA DEL GESU'

Via Borgo dei Leoni, 56 - Ferrara


 








 



 

Edificata nel 1570.
Fondata nel 1599.
Consacrata nel 1599 da Mons. Fontana.
Eretta nel 1932.

STORIA

Nel sec. X la chiesa di S. Michele era priorato dell'Aula Regia di Comacchio, con cura di anime, poi dal sec. XI passò a S. Genesio di Brescello. Dal sec. XIV divenne di giuspatronato del casato Canani ed in seguito di quello Berni. Nel 1933 l'Arcivescovo mons. Ruggero Bovelli provvedeva a trasportare il priorato di S. Michele nella chiesa del Gesù, definendo la circoscrizione parrocchiale, approvata dal Ministero degli Interni con D.L. 23 maggio 1935. Il primo parroco fu mons. Carlo Ghinelli, che rinunciò a tale incarico nel marzo 1947. Il medesimo arcivescovo Bovelli affidò la parrocchia "ad nutum S. Sedis" ai padri della Compagnia di Gesù, conferendo il titolo di parroco a p. Silvio Piccardi. Nel 1979 i padri gesuiti lasciarono il governo della parrocchia e lo riconsegnarono alla diocesi. Con decreto dell'arcivescovo mons. Luigi Maverna del 26 settembre 1986, riconosciuto dal Ministero dell'Interno, alla parrocchia di S. Michele nel Gesù fu data la nuova denominazione di "Parrocchia del Gesù" con sede in Ferrara, via Previati n. 21. La chiesa del Gesù fu fatta erigere nel 1570 dai duchi estensi col concorso di privati cittadini per i gesuiti (giunti a Ferrara nel 1551 su invito del duca Ercole II d'Este per istituirvi un collegio destinato all'educazione dei giovani) e venne consacrata dall'arcivescovo Giovanni Fontana nel 1599. In questa chiesa fu sepolta Barbara d'Austria, penultima duchessa di Ferrara morta nel 1572. Vi è conservato pure un quattrocentesco pregevole Compianto sul Corpo di Cristo, costituito da statue policrome, e conosciuto come Pianzun dla Rosa, perché originariamente si trovava nella chiesa di S. Maria della Rosa, distrutta durante l'ultima guerra. Anche questa chiesa fu gravemente danneggiata dai bombardamenti del 1944 e subì ingenti restauri. La Compagnia del Gesù fu soppressa nel 1773 e la chiesa e l'annesso collegio passarono ai padri somaschi. Al tempo dell'occupazione francese il collegio fu sede di tribunale, ospedale e carcere ed i gesuiti,ripristinati, chiesti di nuovo e un' altra volta espulsi, ritornarono nel 1847 e vi continuano a dimorare sino al 1979.

Cronotassi

Serafinelli S.J. Pietro (1970-1979), Pes S.J. Ernesto (1963-1970), Velletrani S.J. Pietro (1953-1963), Piccardi S.J. Ottorino (1947-1953), Ghinelli Carlo (1935-1947), Roveroni Giuseppe (-1907).

https://arcidiocesiferraracomacchio.org/pag_pg.php?idanag=115 

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Ferrara monumenti da visitare: chiesa del Gesù

Ferrara, cosa nasconde la Chiesa del Gesù

Tra le opere d'arte all'interno della chiesa edificata dai Gesuiti si trova un Compianto piuttosto particolare: scopriamo il perchè

Gruppo scultoreo della Chiesa del Gesù di Ferrara
Ferrara, Chiesa del Gesù: statue del Compianto sul Cristo Morto

Il mito di Ferrara tra storia, arte, architettura, biciclette e il Rinascimento italiano: non è un caso che  l’Unesco l’abbia scelta per il grande patrimonio artistico ed architettonico e che anche Gabriele D’Annunzio l’abbia celebrata nelle sue Laudi. A voler guardare un po’ oltre ai tradizionali circuiti turistici che rivelano le maggiori attrazioni cittadine, si può intraprendere un tour di Ferrara andando alla scoperta di alcune particolarità e curiosità. Come quella celata nella Chiesa del Gesù. Edificata per i Gesuiti nel 1570 su progetto dell’architetto Alberto Schiatti, la chiesa presenta una facciata semplice ed austera, in laterizio, divisa in due parti con tre portali decorati in marmo.

Leggi anche: FERRARA: NUOVO PERCORSO AL CASTELLO ESTENSE

L’interno ha subito numerose trasformazioni e distruzioni, per questo è privo di pitture alle pareti: si presenta a navata unica e conserva pregevoli opere d’arte, tra cui l’Annunciazione di Giuseppe Mazzuoli conosciuto come il Bastarolo, che si trova nella prima cappella a destra e che è anche l’autore del Dio Padre benedicente nella prima cappella a sinistra; le due pale del bolognese Giuseppe Maria Crespi che raffigurano la Comunione di San Stanislao Kostka alla presenza di San Luigi Gonzaga e il Miracolo di San Francesco Saverio, rispettivamente nella seconda e nella terza cappella a destra. Particolarmente interessante, alla sinistra dell’ingresso, è il gruppo scultoreo quattrocentesco in terracotta policroma del Compianto sul Cristo Morto di Guido Mazzoni, a cui è legata una particolarità.

Leggi anche: BOLOGNA IL CRISTO MORTO CHE HA STREGATO IL VATE

La tradizione, infatti, vuole che i personaggi in lacrime attorno al corpo di Gesù rappresentino i membri della corte e, in particolare, le due statue all'estrema destra raffigurerebbero Ercole I e sua moglie Eleonora d'Aragona. Sette statue in varie posture circondano il corpo del Cristo morto, di cui si riconoscono, da sinistra: Nicodemo, con in mano un vasetto che rappresenta i profumi che, secondo i Vangeli, egli portò per ungere il corpo; la Maddalena, Salomè, Maria di Cleofa e Giuseppe Arimatea, con in mano tre chiodi a memoria del fatto che fu lui ad ottenere da Ponzio Pilato il permesso di togliere dalla croce Gesù e seppellirlo.Tutte le figure sono rese con intenso realismo e le loro espressioni vanno dalla disperazione della Madonna e della Maddalena, al dolore trattenuto di Giovanni e Salomè, alle espressioni serie ma distaccate degli altri personaggi. Sembra, quindi, che Maria di Cleofa e Giuseppe di Arimatea avrebbero avuto come modelli la duchessa Eleonora e il duca Ercole I, il che conferisce all’opera un’aurea ancora più particolare. 

https://www.turismo.it/segreti-italia/articolo/art/ferrara-cosa-nasconde-la-chiesa-del-ges-id-11830/

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SEPOLCRI 

Da Innsbruck alla Corte Estense Barbara d’Austria sposa politica

Micaela Torboli
Da Innsbruck alla Corte Estense Barbara d’Austria sposa politica

La duchessa chiamata regina legata alla vita spirituale più delle sorelle monache. Morì a 33 anni, è sepolta alla chiesa del Gesù: la tomba ai più è quasi invisibile.

Ferdinando I d’Asburgo, figlio di Filippo il Bello e di Giovanna la Pazza, era fratello dell’imperatore Carlo V, e divenne a sua volta imperatore d’Austria e re di Boemia e d’Ungheria. Dalla moglie Anna Jagellone ebbe quindici figli, tra i quali dieci furono femmine. Alcune di esse si maritarono con nobili italiani: nel 1565 a Ferrara giunse sposa al duca Alfonso II la giovane Barbara d’Austria, nata a Vienna nel 1539.

INDOLE TENERA

Bionda, ma non bella, aveva ereditato il “mento asburgico”, una malformazione genetica che i medici chiamano progenismo. Il duca, vedovo, non era in grado di rendere madre la sposa, come tutti ben sapevano, ma le nozze Este-Asburgo erano più che altro una mossa politica, e se poi avesse anche prodotto un erede – ipotesi piuttosto remota – tanto meglio. A Ferrara Barbara non veniva chiamata duchessa o arciduchessa, ma regina. Era quasi più religiosa delle sue tre sorelle monache, la vita spirituale per lei vinceva su ogni altro aspetto. Si intese quindi alla perfezione, malgrado i diversi orientamenti reciproci sul piano della fede, con la pugnace suocera Renata di Francia, con la quale scambiava molte lettere, e che per il suo credo calvinista aveva sacrificato la tranquillità personale, ed era stata esiliata nel suo paese natale dal figlio, che non voleva avere altri guai con il papa, oltre a quelli che sua madre aveva creato in passato. Il duca di Ferrara, uomo galante, atletico e sobrio, fu molto amato da Barbara. Di questo lato tenero della indole di lei, al pari generoso con i derelitti, sono testimoni anche gli accenni in diverse opere che le dedicò Torquato Tasso. Barbara era di salute malferma.

DOPO IL SISMA

Cresciuta nell’aria pura e frizzante di Innsbruck, il pessimo clima di Ferrara le sarebbe stato fatale, specie dopo il terremoto del 1570, che costrinse la corte a vivere a lungo all’addiaccio, in pieno inverno e oltre. Fu il colpo di grazia. Barbara morì il 19 settembre 1572. Gli Estensi, indifferenti alle tombe monumentali predilette da altre casate, a parte pochi casi scelsero sepolture semplicissime. Per Barbara si fece un’eccezione: ebbe un sepolcro regale, almeno nelle intenzioni. Era vicina ai Gesuiti, il cui Ordine permise che venisse inumata nella loro chiesa di Ferrara, «nel nichio della Capella maggiore» (M. A. Guarini, 1621), insomma dietro l’altare centrale. La tomba è attribuita all’oscuro Francesco Casella da Carona, che fece un pessimo lavoro. L’insieme, «ornato di variati marmi, e statue, con la effigie di lei al naturale» (ancora Guarini) è disomogeneo e tremendamente enfatico. Si trova nella chiesa del Gesù (via Borgoleoni, 56) e la collocazione fa sì che resti seminascosta, quindi ben pochi si accorgono della sua esistenza. Povera Barbara.
 

FERRARA - Ferrara - CHIESA DELLE SACRE STIMMATE

 

 FERRARA - Ferrara - CHIESA DELLE SACRE STIMMATE

Via Palestro 82 - Ferrara

 












 Da: La Nuova Ferrara (vedi link sottostante)
 
Le chiese di Ferrara

La Confraternita delle stimmate. Dall’inquieto mistico antisemita ai frati pietosi col volto coperto

La Confraternita delle stimmate. Dall’inquieto mistico antisemita ai frati pietosi col volto coperto

Resta ignoto l’autore del progetto dell’edificio. Al suo interno il Guercino dipinse una pala d’altare







La chiesa ferrarese dedicata alle Sacre Stimmate di san Francesco d’Assisi angola una posizione strategica tra la piazza Nova (poi Ariostea) e la Strada di san Guglielmo (oggi via Palestro). L’autore del progetto sfugge ancor oggi, ma non era certo un genio. Fu pensata per soddisfare le esigenze pie della Confraternita omonima, che voleva ampliare la propria influenza in città fin dai primi del Seicento. La Confraternita si era formata a Roma alla fine del XVI secolo. Si rinsaldò allora il culto delle stimmate (o stigmate), i “marchi” che il santo di Assisi portava sul suo corpo come riflesso della venerazione per Gesù torturato e crocefisso.

MIRACOLI

Le Stimmate vennero adorate per se stesse: dal Medioevo nell’ambito dell’Ordine francescano, dal tempo della Controriforma si attuò un solenne allargamento a tutti i fedeli, con una festa dedicata dal 1586, il 17 settembre. La spinta più forte per questi riconoscimenti venne appunto dai francescani osservanti. Le confraternite scaturite dal culto imbastirono una rete di sodalizi ispirati al miracolo. Un ottimo lavoro dedicato a queste realtà è quello di Alessandro Serra in «Rivista di storia e letteratura religiosa» 18, (2012).


ANTISEMITISMO

Il più impegnato su quel fronte fu fra Bartolomeo Cambi da Salutio (la cui famiglia era originaria di Salutio di Arezzo, le sue date sono 1558-1617), autore di testi di intensa spiritualità. Cambi era un inquieto e mistico francescano, che chiedeva una riforma interna dell’Ordine. Le sue prediche catturavano le folle: minacciava punizioni celesti per i peccatori, profezie tremende e castighi durissimi si prospettavano anche solo per quisquilie come le pettinature frivole, dette “ciuffi”. Suscitava tensioni tali che gli fu proibita la predicazione a Firenze. Lì non avevano dimenticato Savonarola. Dal 1602 Cambi si spostò in continuazione, mettendo in allarme governi e clero locale che temevano le conseguenze dei suoi sermoni. A Modena fu bloccato, per poi tornarvi. Il bersaglio preferito del frate erano gli Ebrei. Spandeva un antisemitismo viscerale.


Cesare d’Este, duca di Modena e già signore di Ferrara, fu colpito dai suoi strali perché non era abbastanza severo con gli Ebrei. Giunto a Mantova, Cambi riprese duramente in pubblico il duca Vincenzo Gonzaga, ancora per via della sua tolleranza verso gli Ebrei. Durante le prediche mantovane vi furono tumulti, violenze e scene di isteria collettiva. Gonzaga fece scortare Cambi fuori dai suoi Stati. Poi, adirato, il sovrano espresse il suo disappunto a papa Clemente VIII, che si affrettò a scusarsi per quanto accaduto. Cambi puntò anche su Ferrara, dove ebbe attenzione dalle famiglie ancora in vista dopo la recente Devoluzione che aveva allontanato gli Estensi dalla capitale del ducato. Però qui le autorità, preavvisate degli eccessi del frate, limitarono ogni suo passo, anche se gli fu permesso di perorare la causa della nuova Confraternita, purché non attaccasse gli Ebrei.


SILENZIO E UMILTA'

Dopo molte traversie e sedi precarie, morto ormai fra Bartolomeo, nel 1621 un nuovo oratorio dedicato alle Stimmate prese forma a Ferrara. Dal 1604 un oratorio simile si era organizzato anche a Comacchio e lo storico Ferro (1701) lo definisce «segreto». Forse le pratiche di estremi esercizi spirituali in stile Cambi venivano condotte senza clamore, per non suscitare allarme. Scalabrini descrisse nel 1773 i confratelli di Ferrara: «Vestono un sacco di lana bigia col volto coperto, cinti di fune, con Croce rossa al braccio, corona in mano piedi ignudi con solette legate di cuoio all’Appostolica». Dovevano essere pietosi, visitare i malati, seppellire i morti, osservare silenzio ed umiltà. Alla chiesa vennero annesse sale per le riunioni confraternali e locali per scopi caritatevoli ed educativi. Non per nulla all’interno esisteva un quadro dedicato a san Giuseppe Calasanzio (1557- 1648), fondatore degli Scolopi, educatori delle Scuole Pie.

TELE E TAVOLE

Il santo spagnolo aveva rapporti epistolari con il capitano Francesco Maria Mastellari di Pieve di Cento (ma impegnato in cariche ferraresi), come dimostra il suo epistolario, pubblicato qualche anno fa da P. Leodegario Picanyol. Il capitano era amico e committente del Guercino: e per la chiesa delle Stimmate venne dipinta una ammirevole pala dell’artista centese, San Francesco stimmatizzato (1632), offerta materialmente dal conte Cesare Estense Mosti, tuttavia forse Mastellari entrò in qualche modo nella cosa. Anche Carlo Bononi ha lasciato tele e tavole alle Stimmate, in specie risalta il drammatico Compianto detto talora Pietà (1624), in cui Maria pare abbia le fattezze della nipote del pittore, sempre cupa e melanconica a parere di chi la conobbe. Alle Stimmate, capsula del tempo, furono sepolti personaggi della nobiltà, ma anche tre artisti della Ferrara barocca, purtroppo negletti ma molto interessanti, cioè Alfonso Rivarola detto Chenda, Francesco Costanzo Catanio e Giacomo Parolini. —

Micaela Torboli
 
https://www.lanuovaferrara.it/tempo-libero/2020/01/28/news/la-confraternita-delle-stimmate-dall-inquieto-mistico-antisemita-ai-frati-pietosi-col-volto-coperto-1.38396090 

FERRARA - Chiesuol del Fosso - Assunzione di Maria Santissima


FERRARA - Chiesuol del Fosso





STORIA

Da documenti della famiglia dei marchesi Revedin si rileva che la località era denominata Tenuta Sammartina in localita S. Martino della Pontanara di proprietà della casa d'Este fino alla fine del sec. XVIII. Molti furono i passaggi di cessione avvenuti fino all'atto di acquisto dei primi anni del sec. XIX da parte dei fratelli Antonio e Francesco Revedin. È da notare che in tutti gli atti di passaggio è sempre fatta menzione all'oratorio della Sammartina, ampliato nel 1860 dal marchese Giovanni Revedin. La località fu in seguito denominata Chiesuol del Fosso e fu eretta parrocchia sotto il titolo di S. Maria dei Revedin.

Da: https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_dell%27Assunzione_di_Maria_Santissima_(Ferrara,_Chiesuol_del_Fosso)

La prima citazione documentale relativa alla chiesa dell'Assunzione di Maria Santissima, a Chiesuol del Fosso, risale al 1506, e viene ricordata anche da Marcantonio Guarini nel suo Compendio historico dell'origini, accrescimento e prerogative delle chiese e luoghi pii della città, e diocesi di Ferrara edito nel 1621. La piccola chiesa venne descritta in località Sammartina, perché tale era la denominazione locale al tempo, e fu eretta prioritariamente per officiarvi le funzioni religiose agli operai qui trasferiti per la costruzione di rinforzi all'argine del fiume Reno. In seguito fu utilizzata dai fedeli della comunità.

Entrò nel patriminio della famiglia Revedin nel 1808 e, nel 1860, venne ampliata e fu edificata la torre campanaria.

Ebbe dignità parrocchiale dal 1923 e come tale, ai fini civili, venne riconosciuta anche da Vittorio Emanuele III nel 1925.

Nel primo dopoguerra fu oggetto di due diversi interventi restaurativi, nel 1923 e nel 1933. Nel primo caso fu interessato il campanile mentre nel secondo fu la volta del soffitto della navata, della copertura dell'edificio e della parte superiore della facciata.

Gli ultimi restauri conservativi si sono avuti tra il 1990 e il 2000. In quest'occasione sono stati riviste le parti murarie e, di nuovo, la facciata. i muri della chiesa e la facciata.

lunedì 2 settembre 2024

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 https://youtu.be/HEWlxlx_vOg 




FERRARA - PROVERBI IN DIALETTO FERRARESE (4)

FERRARA - PROVERBI IN DIALETTO FERRARESE  E MODI DI DIRE (4) 

Proverbi d' Istà

ZUGN

Porta la spiga in t' al mulin
par la farina, al fior e al semulin.

 LUI 

Ah, ch' bel mes
pr' al mié paes:
par chi è sgnor e par chi è senza quatrin;
as va ai bagn, in muntagna e......si zardin.

 AGOST

Ah, San Lurenz
da la gran caldura;
chi an gh' à baioch, vada s' la mura.

MOD AD DIR

Spianar un vestì
(Rinnovare un vestito)

Urecia stanca, parola franca; urecia drita, parola mal dita.
(E' superstizione popolare che, se fischia l'orecchio sinistro, alcuno dice bene di noi; se fischia l'orecchio destro, alcuno dice male)

Proverbi:

Quand a manca al gatt, i puntagh i bala.
(Quando mancano i padroni, i servi fanno il loro comodo)