FERRARA - Ferrara - CHIESA DEL GESU'
Via Borgo dei Leoni, 56 - Ferrara
Edificata nel 1570.
Fondata nel 1599.
Consacrata nel 1599 da Mons. Fontana.
Eretta nel 1932.
STORIA
Nel sec. X la chiesa di S. Michele era priorato dell'Aula Regia di Comacchio, con cura di anime, poi dal sec. XI passò a S. Genesio di Brescello. Dal sec. XIV divenne di giuspatronato del casato Canani ed in seguito di quello Berni. Nel 1933 l'Arcivescovo mons. Ruggero Bovelli provvedeva a trasportare il priorato di S. Michele nella chiesa del Gesù, definendo la circoscrizione parrocchiale, approvata dal Ministero degli Interni con D.L. 23 maggio 1935. Il primo parroco fu mons. Carlo Ghinelli, che rinunciò a tale incarico nel marzo 1947. Il medesimo arcivescovo Bovelli affidò la parrocchia "ad nutum S. Sedis" ai padri della Compagnia di Gesù, conferendo il titolo di parroco a p. Silvio Piccardi. Nel 1979 i padri gesuiti lasciarono il governo della parrocchia e lo riconsegnarono alla diocesi. Con decreto dell'arcivescovo mons. Luigi Maverna del 26 settembre 1986, riconosciuto dal Ministero dell'Interno, alla parrocchia di S. Michele nel Gesù fu data la nuova denominazione di "Parrocchia del Gesù" con sede in Ferrara, via Previati n. 21. La chiesa del Gesù fu fatta erigere nel 1570 dai duchi estensi col concorso di privati cittadini per i gesuiti (giunti a Ferrara nel 1551 su invito del duca Ercole II d'Este per istituirvi un collegio destinato all'educazione dei giovani) e venne consacrata dall'arcivescovo Giovanni Fontana nel 1599. In questa chiesa fu sepolta Barbara d'Austria, penultima duchessa di Ferrara morta nel 1572. Vi è conservato pure un quattrocentesco pregevole Compianto sul Corpo di Cristo, costituito da statue policrome, e conosciuto come Pianzun dla Rosa, perché originariamente si trovava nella chiesa di S. Maria della Rosa, distrutta durante l'ultima guerra. Anche questa chiesa fu gravemente danneggiata dai bombardamenti del 1944 e subì ingenti restauri. La Compagnia del Gesù fu soppressa nel 1773 e la chiesa e l'annesso collegio passarono ai padri somaschi. Al tempo dell'occupazione francese il collegio fu sede di tribunale, ospedale e carcere ed i gesuiti,ripristinati, chiesti di nuovo e un' altra volta espulsi, ritornarono nel 1847 e vi continuano a dimorare sino al 1979.
Cronotassi
Serafinelli S.J. Pietro (1970-1979), Pes S.J. Ernesto (1963-1970), Velletrani S.J. Pietro (1953-1963), Piccardi S.J. Ottorino (1947-1953), Ghinelli Carlo (1935-1947), Roveroni Giuseppe (-1907).
https://arcidiocesiferraracomacchio.org/pag_pg.php?idanag=115
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Ferrara, cosa nasconde la Chiesa del Gesù
Tra le opere d'arte all'interno della chiesa edificata dai Gesuiti si trova un Compianto piuttosto particolare: scopriamo il perchè
Il mito di Ferrara tra
storia, arte, architettura, biciclette e il Rinascimento italiano: non è
un caso che l’Unesco l’abbia scelta per il grande patrimonio artistico
ed architettonico e che anche Gabriele D’Annunzio l’abbia celebrata nelle sue Laudi. A voler guardare un po’ oltre ai tradizionali circuiti turistici che rivelano le maggiori attrazioni cittadine, si può intraprendere un tour di Ferrara andando alla scoperta di alcune particolarità e curiosità. Come quella celata nella Chiesa del Gesù.
Edificata per i Gesuiti nel 1570 su progetto dell’architetto Alberto
Schiatti, la chiesa presenta una facciata semplice ed austera, in
laterizio, divisa in due parti con tre portali decorati in marmo.
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L’interno ha subito numerose trasformazioni e distruzioni, per questo è privo di pitture alle pareti: si presenta a navata unica e conserva pregevoli opere d’arte, tra cui l’Annunciazione di Giuseppe Mazzuoli conosciuto
come il Bastarolo, che si trova nella prima cappella a destra e che è
anche l’autore del Dio Padre benedicente nella prima cappella a
sinistra; le due pale del bolognese Giuseppe Maria Crespi che
raffigurano la Comunione di San Stanislao Kostka alla presenza di San
Luigi Gonzaga e il Miracolo di San Francesco Saverio, rispettivamente
nella seconda e nella terza cappella a destra. Particolarmente
interessante, alla sinistra dell’ingresso, è il gruppo scultoreo quattrocentesco in terracotta policroma del Compianto sul Cristo Morto di Guido Mazzoni, a cui è legata una particolarità.
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La
tradizione, infatti, vuole che i personaggi in lacrime attorno al corpo
di Gesù rappresentino i membri della corte e, in particolare, le due statue all'estrema destra raffigurerebbero Ercole I e sua moglie Eleonora d'Aragona.
Sette statue in varie posture circondano il corpo del Cristo morto, di
cui si riconoscono, da sinistra: Nicodemo, con in mano un vasetto che
rappresenta i profumi che, secondo i Vangeli, egli portò per ungere il
corpo; la Maddalena, Salomè, Maria di Cleofa e Giuseppe Arimatea, con in
mano tre chiodi a memoria del fatto che fu lui ad ottenere da Ponzio
Pilato il permesso di togliere dalla croce Gesù e seppellirlo.Tutte le
figure sono rese con intenso realismo e le loro espressioni vanno dalla
disperazione della Madonna e della Maddalena, al dolore trattenuto di
Giovanni e Salomè, alle espressioni serie ma distaccate degli altri
personaggi. Sembra, quindi, che Maria di Cleofa e Giuseppe di Arimatea
avrebbero avuto come modelli la duchessa Eleonora e il duca Ercole I, il
che conferisce all’opera un’aurea ancora più particolare.
https://www.turismo.it/segreti-italia/articolo/art/ferrara-cosa-nasconde-la-chiesa-del-ges-id-11830/
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Da Innsbruck alla Corte Estense Barbara d’Austria sposa politica
La duchessa chiamata regina legata
alla vita spirituale più delle sorelle monache. Morì a 33 anni, è sepolta
alla chiesa del Gesù: la tomba ai più è quasi invisibile.
Ferdinando I d’Asburgo, figlio di Filippo il Bello e di Giovanna la
Pazza, era fratello dell’imperatore Carlo V, e divenne a sua volta
imperatore d’Austria e re di Boemia e d’Ungheria. Dalla moglie Anna
Jagellone ebbe quindici figli, tra i quali dieci furono femmine. Alcune
di esse si maritarono con nobili italiani: nel 1565 a Ferrara giunse
sposa al duca Alfonso II la giovane Barbara d’Austria, nata a Vienna nel
1539.
INDOLE TENERA
Bionda, ma non bella, aveva
ereditato il “mento asburgico”, una malformazione genetica che i medici
chiamano progenismo. Il duca, vedovo, non era in grado di rendere madre
la sposa, come tutti ben sapevano, ma le nozze Este-Asburgo erano più
che altro una mossa politica, e se poi avesse anche prodotto un erede –
ipotesi piuttosto remota – tanto meglio. A Ferrara Barbara non veniva
chiamata duchessa o arciduchessa, ma regina. Era quasi più religiosa
delle sue tre sorelle monache, la vita spirituale per lei vinceva su
ogni altro aspetto. Si intese quindi alla perfezione, malgrado i diversi
orientamenti reciproci sul piano della fede, con la pugnace suocera
Renata di Francia, con la quale scambiava molte lettere, e che per il
suo credo calvinista aveva sacrificato la tranquillità personale, ed era
stata esiliata nel suo paese natale dal figlio, che non voleva avere
altri guai con il papa, oltre a quelli che sua madre aveva creato in
passato. Il duca di Ferrara, uomo galante, atletico e sobrio, fu molto
amato da Barbara. Di questo lato tenero della indole di lei, al pari
generoso con i derelitti, sono testimoni anche gli accenni in diverse
opere che le dedicò Torquato Tasso. Barbara era di salute malferma.
DOPO IL SISMA
Cresciuta nell’aria
pura e frizzante di Innsbruck, il pessimo clima di Ferrara le sarebbe
stato fatale, specie dopo il terremoto del 1570, che costrinse la corte a
vivere a lungo all’addiaccio, in pieno inverno e oltre. Fu il colpo di
grazia. Barbara morì il 19 settembre 1572. Gli Estensi, indifferenti
alle tombe monumentali predilette da altre casate, a parte pochi casi
scelsero sepolture semplicissime. Per Barbara si fece un’eccezione: ebbe
un sepolcro regale, almeno nelle intenzioni. Era vicina ai Gesuiti, il
cui Ordine permise che venisse inumata nella loro chiesa di Ferrara,
«nel nichio della Capella maggiore» (M. A. Guarini, 1621), insomma
dietro l’altare centrale. La tomba è attribuita all’oscuro Francesco
Casella da Carona, che fece un pessimo lavoro. L’insieme, «ornato di
variati marmi, e statue, con la effigie di lei al naturale» (ancora
Guarini) è disomogeneo e tremendamente enfatico. Si trova nella chiesa
del Gesù (via Borgoleoni, 56) e la collocazione fa sì che resti
seminascosta, quindi ben pochi si accorgono della sua esistenza. Povera
Barbara.
La duchessa chiamata regina legata alla vita spirituale più delle sorelle monache. Morì a 33 anni, è sepolta alla chiesa del Gesù: la tomba ai più è quasi invisibile.
Ferdinando I d’Asburgo, figlio di Filippo il Bello e di Giovanna la
Pazza, era fratello dell’imperatore Carlo V, e divenne a sua volta
imperatore d’Austria e re di Boemia e d’Ungheria. Dalla moglie Anna
Jagellone ebbe quindici figli, tra i quali dieci furono femmine. Alcune
di esse si maritarono con nobili italiani: nel 1565 a Ferrara giunse
sposa al duca Alfonso II la giovane Barbara d’Austria, nata a Vienna nel
1539.
INDOLE TENERA
Bionda, ma non bella, aveva
ereditato il “mento asburgico”, una malformazione genetica che i medici
chiamano progenismo. Il duca, vedovo, non era in grado di rendere madre
la sposa, come tutti ben sapevano, ma le nozze Este-Asburgo erano più
che altro una mossa politica, e se poi avesse anche prodotto un erede –
ipotesi piuttosto remota – tanto meglio. A Ferrara Barbara non veniva
chiamata duchessa o arciduchessa, ma regina. Era quasi più religiosa
delle sue tre sorelle monache, la vita spirituale per lei vinceva su
ogni altro aspetto. Si intese quindi alla perfezione, malgrado i diversi
orientamenti reciproci sul piano della fede, con la pugnace suocera
Renata di Francia, con la quale scambiava molte lettere, e che per il
suo credo calvinista aveva sacrificato la tranquillità personale, ed era
stata esiliata nel suo paese natale dal figlio, che non voleva avere
altri guai con il papa, oltre a quelli che sua madre aveva creato in
passato. Il duca di Ferrara, uomo galante, atletico e sobrio, fu molto
amato da Barbara. Di questo lato tenero della indole di lei, al pari
generoso con i derelitti, sono testimoni anche gli accenni in diverse
opere che le dedicò Torquato Tasso. Barbara era di salute malferma.
DOPO IL SISMACresciuta nell’aria pura e frizzante di Innsbruck, il pessimo clima di Ferrara le sarebbe stato fatale, specie dopo il terremoto del 1570, che costrinse la corte a vivere a lungo all’addiaccio, in pieno inverno e oltre. Fu il colpo di grazia. Barbara morì il 19 settembre 1572. Gli Estensi, indifferenti alle tombe monumentali predilette da altre casate, a parte pochi casi scelsero sepolture semplicissime. Per Barbara si fece un’eccezione: ebbe un sepolcro regale, almeno nelle intenzioni. Era vicina ai Gesuiti, il cui Ordine permise che venisse inumata nella loro chiesa di Ferrara, «nel nichio della Capella maggiore» (M. A. Guarini, 1621), insomma dietro l’altare centrale. La tomba è attribuita all’oscuro Francesco Casella da Carona, che fece un pessimo lavoro. L’insieme, «ornato di variati marmi, e statue, con la effigie di lei al naturale» (ancora Guarini) è disomogeneo e tremendamente enfatico. Si trova nella chiesa del Gesù (via Borgoleoni, 56) e la collocazione fa sì che resti seminascosta, quindi ben pochi si accorgono della sua esistenza. Povera Barbara.
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