Chi ha vinto tra Grillo e Renzi, protagonisti in diretta tv di un
breve saggio sull’incomunicabilità umana? Se la posta in palio
dell’incontro tra il nemico del Sistema e la sua ultima faccia
presentabile fosse stata la conversione di Grillo ai riti della
democrazia, Renzi avrebbe perso su tutta la linea, ricevendo la prima
dimostrazione plastica che i problemi non si risolvono solo perché al
governo è arrivato lui. Ma se in gioco c’erano i voti dei grillini
moderati, «the winner is» Matteo, che quegli elettori tenta di sedurre
da tempo, a colpi di tagli alle province e alle autoblù. Si tratta di
persone che detestano i privilegi dei politici, ma hanno ancora una
insopprimibile predilezione per il rispetto delle forme. E quel Grillo
che, come certi arnesi da talk show, interrompe l’interlocutore e si
rifiuta di ascoltarlo, appare loro più un eversore che un liberatore.
Grillo ha sfondato tra i giovani, integralisti per natura, e tra i
disperati, integralisti per necessità. I duri e puri saranno andati in
sollucchero nel vederlo maltrattare colui che ai loro occhi rappresenta
il volto giovane dell’Ancien Régime. C’è però un’altra Italia, che ha
votato Cinquestelle per riformare il sistema, anche profondamente, ma
non per rovesciarlo. Grillo, a cui non fa difetto la coerenza, ieri ha
detto che questi oppositori all’acqua di rose hanno sbagliato a votare
per lui. Se il leader del Pd avesse rovesciato il tavolo, come suggerito
da Giuliano Ferrara, avrebbe conquistato il voto fondamentale di
Giuliano Ferrara. Standosene invece buonino e calmino – come dice Renzi,
che non è né l’uno né l’altro – ha discrete speranze di prendersi tutti
gli altri.
Buongiorno di Massimo Gramellini - La Stampa, 20/2/2014
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