O parmigiano, portami via.........
Il presidente del consorzio del Parmigiano Reggiano è anche
presidente di una società che controlla un fondo ungherese intenzionato a
produrre del parmigiano tarocco.
Detta così, sembra una tresca
incredibile persino nella patria degli svergognati professionali: il
Parmigiano Capo che sovvenziona il nemico intenzionato a distruggerlo.
Questo presidente ai quattro formaggi si chiama Giuseppe Allai e davanti
ai sopraccigli inarcati dei nostalgici del made in Italy cade dalle
nuvole come una grattugiata sul sugo. Sostiene di non avere mai saputo
che il fondo ungherese avesse intenzioni in contrasto con la sua
funzione di sommo garante della parmigianeria italica. Poi sfodera
quella che a lui evidentemente sembrerà l’attenuante definitiva: era
solo un’operazione finanziaria. Ma se fosse proprio lì il problema?
Secondo una certa visione crepuscolare del capitalismo i soldi non
servono a nient’altro che a fare soldi. L’idea che servano a fare cose -
e che queste cose abbiano una funzione economica e sociale che non le
rende tutte fungibili fra loro - viene considerata un vezzo retrò.
Può darsi che abbiano ragione i parmigiani supremi. Anzi, da come va
il mondo, ce l’hanno di sicuro. Per cui non resta che sedersi sul bordo
della grattugia e aspettare. Che, a furia di spostare soldi da un piatto
all’altro, senza alcun aggancio né rispetto per le persone e le cose,
tutti si comprino e si vendano a vicenda, finché l’intero sistema si
scioglierà come formaggio in una minestra fin troppo riscaldata.
Buongiorno di Massimo Gramellini - La Stampa, 18/2/2014
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