Un interrogativo ormai dilaga: riuscirà l'iPad a dare respiro ai giornali in
crisi? Ma soprattutto: nell'edicola virtuale di Steve Jobs qual è l'idea di
libertà?
Pochi giorni fa Apple ha escluso dall'iPad l'applicazione presentata dal
repubblicano Ari David candidato al Congresso contro il democratico in carica,
Henry Waxman. La motivazione? L'applicazione (cioè il software che gli utenti
possono scaricare dalla rete) ha l'obiettivo di attaccare Waxman e lo fa in
modo troppo rude. Per esempio lo accusa di volere "strangolare le aziende
familiari con insane regole in stile sovietico". Parole troppo dure,
incendiarie, diffamatorie. Di fronte a un crescente malumore della base
(oltreché di Ari David) dopo qualche giorno la Apple ci ripensa e torna sui
suoi passi.
Ma pur ammettendo di avere esagerato il rappresentante di Apple dice: "Non
approviamo le applicazioni dove si attaccano gli individui". Non è la prima
volta che Apple applica criteri censori. Lo ha fatto altre volte nei mesi
scorsi sia sul versante dei contenuti (ha rifiutato un cartoon su Tiger Wood)
sia su quello del software (ha messo al bando dall'iPad un programma
stradiffuso come Flash, di Adobe). La strategia di Steve Jobs sembra dunque
quella di creare uno spazio protetto a cui sono ammessi solo i software
compatibili con il modello di business della casa e le applicazioni che
rispettano certi standard: al bando non solo il porno, ma anche i toni troppo
accesi, gli attacchi personali, gli estremismi di ogni sorta. L'iPad non è
dunque un semplice strumento per l'accesso alla rete, ma si configura come un
mondo a parte a cui si accede solo se si rispettano le sensibilità decise a
Cupertino. È legittimo (forse) ma è anche auspicabile?
Per inciso ricordo che pochi giorni fa Apple ha superatio Microsoft ed è approviamo le applicazioni dove si attaccano gli individui". Non è la prima
volta che Apple applica criteri censori. Lo ha fatto altre volte nei mesi
scorsi sia sul versante dei contenuti (ha rifiutato un cartoon su Tiger Wood)
sia su quello del software (ha messo al bando dall'iPad un programma
stradiffuso come Flash, di Adobe). La strategia di Steve Jobs sembra dunque
quella di creare uno spazio protetto a cui sono ammessi solo i software
compatibili con il modello di business della casa e le applicazioni che
rispettano certi standard: al bando non solo il porno, ma anche i toni troppo
accesi, gli attacchi personali, gli estremismi di ogni sorta. L'iPad non è
dunque un semplice strumento per l'accesso alla rete, ma si configura come un
mondo a parte a cui si accede solo se si rispettano le sensibilità decise a
Cupertino. È legittimo (forse) ma è anche auspicabile?
diventata la società high tech con la maggiore capitalizzazione al mondo. E che
vanta già un sostanziale monopolio sulle vendite di musica online. Supponiamo
che questa egemonia si allarghi alla distribuzione dei giornali. Tutti
d'accordo che sia Steve Jobs (e non la legge) a decidere quali testate possano
apparire sulla sua edicola?
Enrico Pedemonte
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/tutti-in-fila-per-lipad/2127569/15
.
.
Nessun commento:
Posta un commento