I misteri della pasta cotta due volte. Prima viene essiccata ad altissime temperature e poi in pentola. Nessuno ne parla, ma la qualità è diversa
Pasta essiccata ad alte temperature (sinistra) e ad altissime temperature a destra (riconoscibile per il tipico colore ambrato) |
Oggi gli spaghetti vengono "cotti" due volte:
prima a 90-115°C nel pastificio durante la fase di essiccamento e poi a
100°C nella pentola di casa. Sì avete capito bene la temperatura
durante il processo di lavorazione della pasta è maggiore rispetto a
quella raggiunta dall'acqua di cottura. Il trattamento ad altissime
temperature cambia il valore nutrizionale e suscita qualche perplessità
tra i nutrizionisti. I sistemi di essiccazione (chiamati HTSt (High
Temperature-Short time), VHTs (Very High Temperature-Short time), o
anche AT e AAT… con o senza iniezione di vapore), permettono di
raggiungere temperature molto elevate e di ridurre i tempi di
lavorazione risparmiando notevolmente sui costi. Nessuno vuole parlare
di questi trattamenti che però sono diffusi in tutto il mondo e anche in
Italia. Non parlano i marchi leader (Barilla, Rummo, La Molisiana…) e
anche le catene di supermercati (Coop, Conad, Esselunga, Lidl…).
Rifiutano il confronto le tre aziende che vendono in Italia gli impianti
(Pavan, Fava e Buhler) e tace anche l'associazione di categoria Aidepi.
Abbiamo inviato 19 richieste per avere informazioni con risultati
disastrosi. Solo Granoro, Agnesi, Divella, Delverde e con un certo
ritardo De Cecco hanno risposto (vedi nota in fondo all'articolo),
dicendo che non usano altissime temperature e indicando quali sono i
loro schemi di lavorazione. Difficile capire perché tanti segreti su un
aspetto che riguarda il piatto nazionale degli italiani, abituati a
mangiarne quasi 30 kg l'anno a persona. Tutto ciò risulta ancora più
strano dato che siamo considerati tra i principali produttori mondiali.
Il progressivo incremento
della temperatura durante l'essiccazione provoca un danno alle proteine
che possono essere distrutte o diventare meno biodisponibili. Il
problema riguarda un po' tutti gli aminoacidi essenziali, in particolare
la lisina che non solo è essenziale ma, per la pasta rappresenta un
fattore limitante (riducendo il valore biologico delle proteine).
L'importanza degli aminoacidi essenziali deriva dal fatto che l'uomo non
è in grado di sintetizzarli in quantità sufficiente, e quindi devono
essere assunti attraverso il cibo.
Il danno termico
nei confronti delle proteine causato dalle elevate temperature può
essere misurato attraverso la quantità di furosina. Secondo quanto
riportato in letteratura i valori oscillano da 100 a 200 mg/100 g di
proteine, quando le temperature di essiccazione sono inferiori agli
85°C. La pasta con valori di furosina inferiori a 200, viene
considerata un prodotto con un buon indice di qualità nutrizionale,
perché la quantità degli aminoacidi essenziali come la lisina resta
elevata. Quando facendo le analisi si riscontra un valore di furosina di
5-600,vuol dire che la temperatura di essiccazione è molto elevata e in
questi casi la biodisponibilità della lisina subisce un forte
ridimensionamento. Considerato che la pasta resta il piatto fondamentale
per milioni di italiani, sarebbe opportuno dare un valore nutrizionale
differenziato ai vari tipi di pasta in funzione del trattamento subito
nella processo industriale.
Per capire meglio bisogna
sapere che l'essiccazione della pasta è una fase importante della
lavorazione ed in continua evoluzione. Purtroppo la legge italiana
prevede solo l'impiego di semola di grano duro per li spaghetti e non
regolamenta questo aspetto che è invece molto importante. Se nel 1880
per asciugare gli spaghetti ci volevano 8-10 giorni in estate e 20-30 in
inverno, nel 1903 con l'avvento dell'essiccazione meccanica i giorni si
riducono a 3-5, e diventano 24-36 ore nel 1950 quando la temperatura di
essiccazione raggiunge circa 60°C. L'intervallo dimezza ancora nel 1970
(12-15 ore) quando si superano i 65°C. Nel 1985-90 il termometro arriva
a 80-85 °C, le ore diventano 4-6. (3) Con i nuovi macchinari che lavorano ad altissime temperature 90-115°C dopo 2-3 ore la pasta corta è pronta.
In linea generale
una temperatura di essiccazione inferiore ai 60°C limita il danno
termico, perché non altera la struttura del glutine e mantiene il più
possibile intatte le caratteristiche organolettiche e nutrizionali del
prodotto (1). Le paste migliori artigianali infatti
utilizzano l'essiccazione lenta a basse temperature. Nella produzione su
scala industriale le temperature medie variano da 60 a 80°C. Poi ci
sono molti marchi famosi che operano ad alte e altissime temperature da
90°C in su con punte massime di 115°C. Il problema è che la pasta
essiccata a 60°C è diversa da quella lavorata a 80 oppure a 115°C. Per
capire meglio basta fare un paragone con il latte che può essere:
pastorizzato, pastorizzato di alta qualità, a lunga conservazione o
sterilizzato. La tipologia e anche il prezzo cambiano in relazione alla
qualità iniziale e soprattutto in base alla temperatura raggiunta
durante la lavorazione. Più sale la temperatura, più cambia il sapore e
più si riduce il valore nutrizionale e il prezzo. Allo stesso modo la
pasta essiccata a basse e medie temperature è diversa da quella che
arriva a 115°C. In questo caso il diverso trattamento termico come pure
le differenze nutrizionali non sono evidenziate in etichetta come
avviene per il latte.
Aumentare le temperature di essiccazione
comporta anche una notevole riduzione dei tempi di lavorazione e quindi
una riduzione dei costi. Produrre un lotto di spaghetti dopo 20 ore di
lavorazione o dopo 2.5-3 ore fa la differenza. L'altro elemento decisivo
che incentiva le aziende ad alzare la temperatura, è la possibilità di
conferire alla pasta una migliore tenuta in cottura anche se si
impiegano semole non eccellenti. Una volta, quando la temperatura di
essiccazione arrivava a 60°C, per produrre una buona pasta in grado di
assicurare la tenuta in cottura, serviva una semola con un elevato
contenuto di proteine e un glutine tenace ed elastico. Adesso la
situazione è cambiata. La semola ha un tenore di proteine maggiore
rispetto a 40 anni fa anni (i valori oscillano da 12,0 a 14,5% rispetto
al 10,5% previsto dalla legge), ma è vero che basta dosare in modo
sapiente la temperatura nella fase di essiccazione per garantire sempre
un'ottima tenuta in cottura. Oggi infatti tutte le paste che si comprano
al supermercato,anche quelle che costano 0,75 €/kg, non scuociono.
Alzando la temperatura durante l'essiccazione, il glutine forma un
reticolo ben strutturato in grado di trattenere con facilità all'interno
le molecole di amido gelatinizzato, e in questo modo la pasta tiene
sempre bene la cottura. Certo il colore diventa più intenso e scuro per
via della reazione di Maillard (*) ma si tratta di un aspetto che il
marketing e la pubblicità hanno trasformato da difetto in pregio. Oggi
le paste ambrate piacciono molto al consumatore, anche se il colore è
scuro (vedi foto in alto) è dovuto alle altissime temperature che
provocano l'ossidazione degli acidi grassi insaturi e la degradazione
dei pigmenti carotenoidi. Quando i gradi salgono troppo anche il gusto
viene penalizzato, perché si perdono sostanze aromatiche.
Nel test condotto da Altroconsumo
nel maggio 2016 su 24 tipi di penne rigate, si nota che tutte le marche
superano brillantemente la prova cottura e il 95% anche quella di
assaggio. Questo avviene perché l'essiccazione ad alte e altissime
temperature garantisce il buon risultato sia per la pasta di primo
prezzo sia per quelle vendute al triplo. "Il trucco delle altissime
temperature funziona ma non fa miracoli" – ci spiega un capo pastaio
che lavora da 25 anni nel settore.
Chi
usa semole con un'alta percentuale di proteine e un buon grado di
tenacità ed elasticità ed essicca a temperature inferiore a 80°C oppure a
60°C, ottiene un prodotto superiore, ma lo vende anche a prezzo
elevato. Gli altri usano semole di qualità corrente e, attraverso le
altissime temperature, raggiungono ugualmente un buon risultato a costi
decisamente inferiori. Secondo le ricerche condotte in Italia su questo
argomento (1), (2), le differenze tra
i pastifici artigianali (dove il processo prevede essiccazione lenta e
basse temperature), e industriali (essiccazione veloce e altissime
temperature) non sono più così nette. Si ha ragione di ritenere che
diverse paste in vendita sul mercato riportino in modo arbitrario
scritte come "pasta artigianale" o "lavorazione lenta", "lavorazione
artigianale", "essiccata lentamente a basse temperature"…
A questo punto
viene spontaneo chiedersi qual è il vero significato di molte diciture
presenti sulle confezioni e anche nei messaggi pubblicitari. Molti
degli slogan che hanno molta presa sul consumatore, sono privi di
significato non essendo riferiti a precisi parametri. I pastifici che
vantano produzione lente ed essiccazioni lunghe, dovrebbero indicare in
modo chiaro sull'etichetta quali sono i tempi di lavorazione e le
temperature in relazione ai valori di furosina che abbiamo indicato in
tabella. Altrimenti si tratta di parole prive di significato utili a
prendere in giro il consumatore. Una volta riconosciuti i parametri di
furosina che indiciamo in tabella, sarebbe il caso di riportare anche il
valore nutrizionale effettivo in relazione alla quantità di aminoacidi
essenziali biodisponibili. Gli acquirenti hanno il diritto di sapere se
gli spaghetti sono stati "precotti".
Sempre in tema di trasparenza
ci sono altri elementi che vorremmo trovare sulle etichette della
pasta. La prima è l'origine del grano. Si tratta di una notizia che gli
italiani vogliono conoscere, ma che le aziende si ostinano a non
indicare adducendo scuse improbabili (in Italia il 30 – 40% del grano
utilizzato nei pastifici è importato dall'estero ma nessuno lo dichiara
in etichetta, anche se la materia prima straniera è in genere di ottima
qualità). Prova di questa ipocrisia è che quando gli spaghetti o i
maccheroni sono ottenuti con semola 100% italiana le aziende lo
evidenziano in etichetta. Per esempio Barilla indica l'origine sulla
confezione solo per la pasta Voiello (marchio di sua proprietà) perché
la semola è 100% italiana, ma dimentica qualsiasi riferimento
all'origine per la pasta con il suo marchio. Un altro elemento utile da
riportare sull'etichetta è il tempo di cottura, che potrebbe essere
differenziato tra la pasta al dente e quella cotta fino a quando
scompare la cosiddetta "animella".
Le richieste che rivolgiamo ai produttori sono tre:
indicare il tipo di lavorazione, le temperature di essiccazione
utilizzando come riferimento il metodo della furosina, e l'origine del
grano duro. I più volenterosi potrebbero cimentarsi anche con il valore
nutrizionale. Si tratta di un passo avanti doveroso nei confronti del
nostro piatto nazionale. Aspettiamo delle risposte da: Barilla, De
Cecco, Delverde, Garofalo… e anche dalle catene di supermercati che
propongono la pasta con il loro marchio, ricordando a tutti che ignorare
il problema non è una soluzione.
(2) "Indagine sul danno termico della pasta secca e sue relazioni con le caratteristiche della materia prima e delle condizioni di processo". Pagani, Marti, Bottega, Patacca. Tecnica Molitoria – aprile 2013
(3) "La furosina: un indicatore di processo per la pasta" Acquistucci, Pagani, Marconi, Panfili. Accademia dei Georgofili Firenze 28 novembre 2013
(*) La reazione di Maillard come pure il valore di furosina dipendono oltre che dalla temperatura, dall'umidità del tunnel di essiccazioen e dal tempo di permanenza
Temperature e tempi di essiccazione comunicati a Il Fatto Alimentare da quattro produttori, gli altri preferiscono il silenzio
- Granoro – Pasta lunga temperatura essiccazione: da 48°C a 75°C; tempo 7,5 ore
– Pasta corta temperatura essiccazione: da 70°C a 75°C; tempo 6 ore;
– Pasta Artigianale "Le Specialità di Attilio": da 40°C a 50 C° (con umidificazione) tempo da 8 a 12 ore.
- Agnesi – temperatura essiccazione: 72-75°C; tempo 4,5-5 ore per pasta corta 7 ore pasta lunga
- Divella – temperatura essiccazione: 78-85°C; tempo 8 ore per pasta corta 20 ore pasta lunga
- Delverde – temperatura media di essiccazione: 40-55°C (inferiore a 70°C per alcuni formati); tempo 8 ore per pasta corta 20 ore pasta lunga (30 ore per alcune linee)
- Del Cecco – temperatura media di essiccazione: 60-65°C ; tempo 8 -10 ore per pasta corta, 18-36 ore pasta lunga.
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Roberto La Pira
giornalista, tecnologo alimentare
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Posted By marco to ECOLOGIC at 10/23/2016 09:30:00 AM
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