LA ROTTA DI FICAROLO
Dalla rotta ai giorni nostri.
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Il Delta tra il 476 e il 1152 |
L’età medievale
Nella prima parte del Medioevo, e cioè prima della Rotta di Ficarolo del 1152, che cambiò completamente il corso del fiume Po spostando il Delta verso nord, i due rami maggiori erano il Po di Volano, del quale tuttora esiste una rimanenza sotto forma di canale navigabile, ed il Po di Primaro, che si era formato nel solco dell’antico Amnis Padusae e che di fatto costituiva ormai l’argine nord della stessa Padusa. In grande decadenza fu il Padoavetere, cioè l’antico Po di Spina, che divenne un semplice canale delimitante a nord le Valli di Comacchio e collegando la stessa Comacchio al mare, in una zona collocabile intorno all’odierna Porto Garibaldi.
Il crollo dell’Impero Romano e le guerre dell’Alto Medioevo avevano assestato un duro colpo al sistema degli insediamenti del Delta, che però riuscì a sopravvivere grazie all’economia lagunare:
pesca, caccia, saline, commercio.
Ci sono tre elementi rilevanti:
1) La fondazione di Ferrara da parte dei Bizantini, come postazione militare strategica alla biforcazione del Volano e del Primaro;
2) La costruzione dell’Abbazia di Pomposa presso la foce del Po di Volano;
3) La nascita di Venezia, che diventerà il concorrente principale della rete commerciale del Delta, rispetto al quale avrà anche mire espansionistiche.
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Anno 1152: la Rotta di Ficarolo |
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Il Delta del Po dopola rotta di Ficarolo |
La Rotta di Ficarolo fu l’evento più traumatico e determinante nella storia del Delta padano. L’argine del fiume in piena cedette in un punto, vicino al paese di Ficarolo, dove c’era una curva.
Da quel momento il corso principale del Po proseguì dritto, più a nord di Ferrara, la quale decadde subito dalla prosperità commerciale che aveva in precedenza, tanto che alcuni pensano che sia stata la stessa Venezia a “favorire” il cedimento degli argini nel 1152.
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Il Po Grande o
Po di Venezia diventa il ramo principale.
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La nuova struttura del Delta, già in età tardo medievale aveva tagliato fuori Ravenna, provocandone una crisi, dovuta anche a ragioni politiche collegate con la sconfitta del partito ghibellino in Italia e con la conquista della Romagna da parte dello Stato Pontificio.
Ferrara, dominata dalla famiglia d’Este, cercava invano di competere con Venezia nel controllo delle rotte commerciali dell’Alto Adriatico.
Il fatto che il ramo principale del fiume fosse chiamato Po di Venezia è significativo.
Il paradosso, però, fu che il Po di Venezia si stava avvicinando troppo alla Laguna veneta, dove già l’Adige e il Brenta trasportavano detriti che minacciavano di interrare l’alveo.
Da quel momento la preoccupazione principale di Venezia, a livello di gestione territoriale, fu quella di irreggimentare i vari fiumi in modo da farli sfociare prima della Laguna, e il più lontano possibile da essa.
In questo senso va interpretato il possente lavoro idraulico del “Taglio di Po”, o
Taglio di Porto Viro, che dirottò verso sud il ramo principale del delta.
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Il Delta dopo il Taglio di Po del 1604 |
Già dal Basso Medioevo era incominciata una grande opera di bonifica della Padusa e dei Septem Maria, promossa da autorità sia politiche, come i duchi di Ferrara e Modena, sia ecclesiastiche, nelle proprietà di vescovadi o conventi, così come nelle terre contigue al Delta e appartenenti allo Stato Pontificio.
La maggiore opera idraulica in questo contesto si ebbe a partire dal 1740 per iniziativa di papa Benedetto XIV, che diede avvio ai lavori per la creazione del cosiddetto Cavo Benedettino, destinato a creare un alveo stabile al fiume Reno e ad immetterlo nell’ormai secco alveo di quello che era stato il Po di Primaro.
Rimanevano però alcuni problemi
1) L’angolo troppo brusco che il Cavo Benedettino imponeva al Reno, creava, in quel punto, delle frequenti esondazioni.
2) L’inalveamento del Reno nel Po di Primaro non riusciva, di per sé a drenare le acque delle paludi rimanenti di quella che era stata la Padusa
3) Rimaneva da gestire l’alveo di quella che era stata la parte anteriore del Po di Primaro
4) Occorreva convogliare direttamente verso il mare le acque del fiume Lamone, che altrimenti si impaludavano e non po tevano essere riassorbite dal Reno
Fu Napoleone, nel 1807, a risolvere il primo dei problemi evidenziati, facendo costruite il cosiddetto Cavo Napoleonico, ossia un canale di collegamento tra il Reno e il Po, nella zona tra Cento e Bondeno, poco dopo la foce del Panaro, avente come principale funzione quella di Scolmatore delle piene del Reno, o viceversa di quelle del Po.
Quest’opera si rivelò estremamente efficace, soprattutto quando, a metà del ‘900, l’acqua in eccesso venne convogliata nel Canale Emiliano Romagnolo, il CER, che era stato creato al fine di irrigare i campi della zona inferiore dell’Emilia-Romagna, di solito più soggetti a periodi di secca.
Si può considerare il CER come un ramo artificiale del Delta, che grazie all’opera di idrovore riesce a trasportare acqua in salita verso le zone della Romagna, rilasciando poi queste acque nei fiumi, nei torrenti, nei canali e nei fossi, in modo che le pompe di irrigazione potessero attingere più facilmente.
Il CER parte da Bondeno e arriva fino al fiume Uso, che è dopo il Rubicone.
La sua costruzione riuscì ad unire due scopi importantissimi e complementari: da un lato fare da scolmatore dell’acqua in eccesso del Reno o del Po, e dall’altro quello di irrigare la Bassa Emili a o la Romagna durante i periodi di siccità. Il CER taglia trasversalmente i vari fiumi, sottopassandoli attraverso un complesso sistema di sifoni.
IV.1
Agli altri problemi si pose rimedio attraverso la creazione di tre importantissimi canali di scolo:
1) Il Canale Collettore di Burana, che drenò le acque delle paludi emiliane
convogliandole nei Po di Volano.
2) Il Canale di Bonifica in Destra di Reno, che bonificò tutte le paludi a sud del Reno, tranne le Valli di Argenta. Le acque di questo Canale furono convogliate direttamente in mare, presso la località di Casal Borsetti
3) Il Canale di Foce del Fiume Lamone, che fece sfociare il fiume presso Marina Romea.
L’ultima opera di bonifica fu il prosciugamento della Valle del Mezzano, cioè la zona lagunare a nord ovest dell’Argine Agosta delle Valli di Comacchio. Questa operazione si è rivelata di pesante impatto ambientale, e controproducente in quanto una ittiocoltura ed una creazione di un’oasi faunistica avrebbe reso di più anche in termini economici.
Le nuove istanze della tutela dell’ambiente e dell’esigenza di uno sviluppo sostenibile hanno condotto alla creazione di due Parchi Regionali del Delta del Po.
Il Parco Regionale del Delta del Po del Veneto riguarda proprio la zona dell’attuale Delta, mentre quello dell’Emilia-Romagna va a proteggere le zone del cosiddetto Delta Fossile, cioè le zone interessate sono quelle che un tempo sono state lambite dai rami più meridionali del Delta.
In questo modo quindi si è recuperato anche il territorio ravennate, con le sue Pinete, le sue Piallasse, la Valle Standiana e le Saline di Cervia.
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