lunedì 10 agosto 2020

DE BONO EMILIO


Cassano d'Adda - 19 marzo 1866

Verona - 11 gennaio 1944

Nacque a Cassano d'Adda, in provincia di Milano, il 19 marzo 1866 da Giovanni ed Emilia Bazzi. La sua famiglia, di origine lombarda, aveva "penato sotto il giogo austriaco" e tutti avevano combattuto nelle guerre d'Indipendenza (E. De Bono, Laguerra..., p. 302).

Fece parte del gruppo che chiese a Mussolini la riunione del Gran Consiglio e nella seduta del 25 luglio 1943 fu il primo a parlare dopo il duce. Il suo discorso era centrato principalmente sulla condizione delle forze armate e sulla difesa dell'operato dell'Alto Comando, e non avanzò alcuna richiesta diretta alla destituzione di Mussolini.

Il suo discorso risentiva dei clima fortemente teso che caratterizzò quella seduta ed egli stesso apparve "confuso" e privo di concentrazione (C. Scorza, La notte..., p. 38). Prese la parola una seconda volta e dette poi il primo voto favorevole all'o.d.g. Grandi, segnando in tal modo il suo destino.

Fino all'arresto, che avvenne il 4 ott. 1943,  godé di larga autonomia e libertà e visitò persino il ministero della Guerra. Fino al gennaio del 1944 rimase a Cassano d'Adda; fu poi trasferito a Verona, ma rimase separato dagli altri prigionieri. La sua difesa si svolse in due tempi: nell'interrogatorio preliminare, avvenuto in dicembre, affermò che non sì era mai occupato di politica e rifiutò decisamente la qualifica di traditore, una seconda volta il vecchio generale, che vestiva l'uniforme e le decorazioni, si presentò davanti al tribunale straordinario speciale con gli altri "colpevoli" di aver firmato l'ordine del giorno Grandi. De Bono ricordò, in quest'occasione, i servizi che aveva prestato al fascismo e giurò fedeltà a Mussolini. Il processo si chiuse con la sentenza di morte per tutti i principali imputati.

Nei mesi che precedettero il suo arresto  aveva pensato di fuggire all'estero, di abbandonare la sua casa e la sua patria; come militare riteneva di dover rimanere a salvaguardare il suo onore, non riuscì mai a capire la situazione politica e in fondo pensava che Mussolini non avrebbe permesso che gli facessero alcun male.

Nella sua ultima lettera alla famiglia riaffermò l'onestà della sua vita e del suo nome; la mattina dell'esecuzione, l'11 gennaio 1944 a Verona, acconsentì, dopo una certa insistenza, a farsi bendare e morì gridando "Viva l'Italia".

 Link:

http://www.treccani.it/enciclopedia/emilio-de-bono_%28Dizionario-Biografico%29/ 

 

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