Adria (Rovigo) - 18 ottobre 1879
Verona - 11 gennaio 1944
Nacque ad Adria (Rovigo), da Rinaldo e da Angelina Raule, il 18 ottobre1879. La famiglia, di media borghesia agraria, aveva conosciuto dissesti economici, tanto che dovette abbandonare gli studi alla seconda ginnasiale. Iniziò presto a occuparsi di politica su posizioni socialiste.
Già nel 1898 era controllato dalle autorità per la sua attività sindacale nelle zone più povere del Polesine; collaboratore di giornali della sinistra socialista e sindacalista, era attivo in polemica con le frange riformiste del sindacato oscillando tra posizioni sindacaliste e anarchiche.
Ormai schierato sulle posizioni della sinistra socialista, proseguì nell’attività sindacale e dal 1914 fu membro della presidenza della Camera del lavoro di Milano; attivo durante la settimana rossa del giugno 1913, allo scoppio della prima guerra mondiale seguì la scelta interventista di Mussolini, si dimise polemicamente dal PSI e, nel dicembre, fu tra i fondatori del Fascio rivoluzionario interventista.
Dal gennaio del 1915 nel comitato centrale dei fasci d’azione rivoluzionaria, all’entrata dell’Italia nel conflitto si presentò volontario, ma fu riformato per un grave difetto alla vista, probabilmente dovuto al diabete; fu poi attivo a Milano con le forze interventiste e protagonista di incidenti con i neutralisti. Tra i fondatori dei Fasci italiani di combattimento, già nella riunione di piazza S. Sepolcro, il 23 marzo 1919, fu inserito nella giunta esecutiva e il 1° aprile entrò a far parte della commissione esecutiva.
Fino alla firma dell’ordine del giorno Grandi, il 25 luglio 1943, si mantenne fedele a Mussolini, come attestano numerose testimonianze di protagonisti.
Grandi stesso, prima della riunione, non solo non considerava Marinelli a favore del suo ordine del giorno, ma lo includeva tra i decisamente contrari; oltre a sottolineare che questi era giunto alla seduta del Gran Consiglio «assolutamente ignaro», egli aggiunge di aver accolto «non senza stupore» la sua firma nella tarda nottata del 25 luglio (25 luglio quarant’anni dopo, p. 212). Anche Bottai nel suo diario definisce «inaspettata» l’adesione di Marinelli all’ordine del giorno e il 14 gennaio 1944, dopo l’esecuzione seguita alla condanna a morte dei firmatari, ha queste parole pesanti nei suoi confronti: «fosco d’occhio e d’anima. Che egli abbia voluto “tradire” Mussolini non è immaginabile. Se non altro la sua cattiva coscienza di gerarca prepotente gliel’avrebbe impedito, ché solo un Mussolini poteva essere il suo degno protettore. Marinelli, piovuto per caso nella compagnia dei 19, dimostra da un punto di vista negativo l’inesistenza del tradimento, poiché egli era di quelli che non tradiscono se non le persone dabbene» (p. 486).
Arrestato a Roma, entrò nel carcere veronese degli Scalzi il 4 novembre 1943. Durante il processo, nel quale fu difeso dall’avvocato C. Bonari di Verona, interrogato dal giudice istruttore V. Cersosimo spiegò che aveva aderito all’ordine del giorno Grandi in quanto certo che tutto fosse stato concordato con Mussolini, come era sempre avvenuto in altre votazioni al Gran Consiglio.
Cianetti, suo compagno di prigionia per tre mesi, fornì particolari drammatici sulla situazione di Marinelli., che appariva abbattuto e quasi incapace di comprendere quanto stava avvenendo intorno a lui: alla lettura della sentenza, Marinelli non la capì e fu Ciano a dovergliela scandire. Estremamente prostrato, al momento dell’uscita dalla cella, prima dell’esecuzione, dovette essere sorretto da due agenti.
Il M. morì a Verona l’11 genn. 1944, fucilato alla schiena nel poligono di tiro della fortezza di S. Procolo.
Link:
http://www.treccani.it/enciclopedia/giovanni-marinelli_(Dizionario-Biografico)/
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